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Piccolo è accogliente: il caso Sant’Alessio

Nel comune di Sant’Alessio in Aspromonte,  a pochi chilometri da Reggio Calabria, i 400 cittadini accolgono trenta richiedenti asilo. Questo non è l’unico motivo che ha convinto l’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) ad inserire Sant’Alessio tra i dieci comuni con il miglior progetto SPRAR di accoglienza: il sindaco di Sant’Alessio, Stefano Ioli Calabrò, grazie anche ad un’equipe di giovani che segue il progetto dall’esordio, nel 2014, sta valorizzando al massimo i vantaggi dell’accoglienza, dimostrando, ancora una volta, che la solidarietà ripaga.

“Nel primo comune in cui abbiamo iniziato un progetto SPRAR, qui vicino, siamo stati accolti a braccia aperte dal sindaco – racconta Luigi De Filippis , medico e responsabile dell’equipe SPRAR a Sant’Alessio-. La scuola stava per chiudere, e si sa che, nel momento in cui si ritrova senza scuola, un paese finisce per avere un’involuzione spesso irreversibile. Portando famiglie di migranti, con figli quindi in età scolare che si sono iscritti in quella scuola, abbiamo permesso di tenere la struttura aperta”. Un chiaro vantaggio per tutta la comunità.

Non è finita qui, perchè nei piccoli comuni come questo l’accoglienza fa davvero bene: “Dalle botteghe di paese, ai piccoli esercizi commerciali, allo sfruttamento delle case sfitte: il territorio ha una ricaduta immediata e questo per me è l’elemento davvero vincente della microaccoglienza in piccoli centri”, continua De Filippis. A tutto questo si somma anche la creazione di posti di lavoro sul territorio, perché le figure necessarie alla gestione del progetto vengono cercate tra le competenze sul territorio, possibilmente all’interno degli stessi comuni di ospitalità. Tutti questi elementi permettono di creare un indotto positivo per il territorio, una vera a propria arma contro lo sfruttamento della manodopera migrante: “Si sente spesso dire che i migranti ricevono 35 euro al giorno, è una cosa che ormai fa sorridere. La verità è che comunque i soldi destinati al mantenere questi richiedenti asilo rientrano nel territorio, e si creano le condizioni per la crescita di un’economia sana, che sfugge alle logiche del mercato nero”.

Attualmente Sant’Alessio ospita 5 nuclei familiari ed un appartamento con sei richiedenti asilo single. Tra loro c’è Sunny, nigeriano. “Mi piacerebbe trovare lavoro a Reggio Calabria, che è la città più vicina – racconta -. Sai, da quando sono arrivato in barcone dall’Africa, sono stato quasi sempre in Calabria: a Reggio, a Crotone, e ora qui. Mi avevano trasferito per un periodo anche a Caserta, e poi a Napoli, ma non mi sono trovato bene: è questa è la terra che mi ha salvato dal mare e che mi ha accolto, voglio restare qui. Mi piace la gente qui: sono tutti accoglienti, davvero non sono razzisti, sono sempre gentili con noi”. Anche Salifu, ghanese, è a Sant’Alessio da pochi mesi: “Sono arrivato in Italia un anno fa, dalla Libia. Sono arrivato in Sicilia, sono stato anche a Siracusa, prima di essere trasferito al CARA di Mineo, dove eravamo davvero in troppi. Da dicembre sono qui a Sant’Alessio, in casa siamo solo in sei, si sta molto meglio”.

Mohamed viene invece dal Gambia, ha viaggiato con Salifu dalla Libia, con lui è stato al CARA di Mineo, e infine a Sant’Alessio: “Sto bene con la gente di Sant’Alessio, non ho ancora degli amici veri qui, ma passeggiando per le strade la gente mi ferma e mi chiede come va, e io mi sforzo di capire quello che mi dicono in italiano e di rispondere, perché loro non parlano in inglese. È anche per questo motivo che mi piacerebbe fermarmi a Sant’Alessio, ma tutto dipenderà dal lavoro che riuscirò a trovare dopo il tirocinio, e se riuscirò a trovare casa qui”.

Ascolta la puntata di Welcome dedicata a Sant’Alessio

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    Sara Milanese
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    Il grande flop delle case della salute. Solo il 5% è pienamente funzionante. La denuncia del Pd lombardo

    Dovevano essere i presidi con cui ricostruire la sanità sul territorio in Lombardia, ma finora le case di comunità sono state un flop. 216 sono quelle previste entro la scadenza dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza che arriverà a giugno 2026. Al momento 140 hanno aperto, ma solo otto in tutta la regione (sei in provincia di Bergamo e due nel varesotto) hanno tutti i requisiti obbligatori previsti dalla legge. In totale sono meno del 6 percento. La denuncia è del gruppo consiliare del Partito democratico lombardo che ha fatto un accesso agli atti alla direzione generale Welfare per ognuna delle case di comunità attive in Lombardia. L’assessorato ha replicato che i numeri diffusi “sono usati in modo difforme dalla realtà. Le rilevazioni mostrano percentuali elevate di attuazione per la maggior parte dei servizi obbligatori”. Per il capogruppo del Pd al Pirellone, Pierfrancesco Majorino, “Regione Lombardia è in colpevole ritardo”.

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