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Parla il sindaco: “Abbassare i toni”

A chi parla davanti al registratore acceso interessa poco la dinamica di quanto successo, se Francesco Sicignano ha sparato in cucina o dalla finestra, se il ventiduenne ucciso era dentro o fuori casa, se stava scappando o cercando di entrare, se era armato o disarmato: “Se entri in casa mia per rubare, io ti sparo”.

Vaprio d’Adda è un Comune di 8 mila abitanti dell’hinterland est di Milano, stretto tra l’autostrada A4 e il fiume Adda. File di capannoni si alternano ai pochi campi rimasti, i condomini e le villette e case indipendenti. Come quella di tre piani in cui vive Francesco Sicignano, il pensionato 65enne che ha ucciso con un colpo di pistola un ladro di 22 anni. Un paese scosso Vaprio, dalla tragedia successa e dall’attenzione mediatica che l’ha seguita. Furgoncini, luci e telecamere hanno lasciato il paese solo dopo i Tg della sera, domani molti di loro saranno ancora lì.

Siamo a Vaprio, ma potremmo essere nel Comune a fianco, o in quello dopo ancora se solo i fatti fossero successi lì. Le parole che escono dalla bocca delle persone che abbiamo incontrato per strada sono parte di quel pezzetto di Italia che pensa sia drammatico ma inevitabile farsi giustizia da sè. In un pomeriggio passato a camminare tra centro storicoA e periferia di Vaprio sono la maggioranza. Chi fa capire di pensarla diversamente non vuole parlare, quasi non volesse, per pudore o paura, farsi sentire dagli altri. Tutti però concordano su una cosa: ci sono troppo furti. E per molti “l’esasperazione può portare anche a farsi giustizia da soli”. “Carabinieri e polizia non ci sono – dicono – e le denunce restano inchiostro sulla carta”. Un negoziante dice di non aver comprato la pistola solo per evitare di usarla, “perché se ti entrano in casa o in negozio e hai una pistola nel cassetto la usi”. E quindi, ha fatto bene il signor Sicignano sparare? “Si, ha fatto bene. Ora la sua vita è rovinata, ma capisco perché l’ha fatto e lo farei anch’io”.

 

vox vaprio 1

 

Il sindaco di Vaprio Andrea Beretta guida un’amministrazione di centro sinistra da maggio 2014. Ha scelto di parlare ai nostri microfoni dopo aver rifiutato altre interviste in Tv, “quello che è successo è una disgrazia – racconta – c’è un concittadino in una situazione umana e giudiziaria complicata, un ragazzo morto e il dolore di entrambe le famiglie”. Ma c’è un problema sicurezza, un allarme per i furti in casa di cui tutti parlano? “I furti hanno un andamento altalenante – spiega il sindaco -. Ho incontri frequenti con i carabinieri e loro dicono che non c’è una situazione da allarme rosso. Capisco però che la percezione tra gli abitanti possa essere diversa”. Cosa fare, dunque. “Le forze dell’ordine vanno messe nella condizione di lavorare meglio e sulla prevenzione – prosegue – ma in questi tempi hanno carenza di uomini e fondi. Hanno un territorio vasto da controllare, non è semplice controllarlo e fanno del loro meglio. Ma devono essere messi nella condizione di poter fare di più”.

Delle manifestazioni della Lega e di Fratelli d’Italia il sindaco non vuole parlare: “Vorreia si abbassassero i toni”, ripete pacatamente. Un appello sincero, consapevole che dovrà confrontarsi anche con quella parte di cittadini che si sentono abbandonati dalla istituzioni e che pensano che “sparare si può”. Abbassare i toni, non spettacolarizzare un dramma, intanto fuori dalla casa dove è avvenuto l’omicidio campeggia ancora lo striscione lasciato dopo la fiaccolata di martedì sera: “La difesa è sempre legittima” è scritto sopra. Firmato, Fratelli d’Italia.

  • Autore articolo
    Roberto Maggioni
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    Referendum 8 e 9 giugno, lavoro e cittadinanza. Una quarantina di personalità della ricerca e dell’università hanno lanciato un appello al voto per i cinque referendum. I quesiti chiedono di: «Vivere da cittadini», riducendo da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale in Italia richiesto per ottenere la cittadinanza italiana ai maggiorenni stranieri; «Vivere vite meno precarie», riducendo la possibilità di usare contratti di lavoro a tempo determinato; «Lavorare senza licenziamenti illegittimi», riducendo le possibilità di licenziamenti senza giusta causa; «Lavorare senza discriminazioni», riducendo le possibilità di licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese; «Lavorare senza infortuni», riducendo i rischi di incidenti e morti sul lavoro. Ospiti di Pubblica, per parlare di partecipazione, due firmatari/e: Filippo Barbera, sociologo dell’università di Torino e Donatella Della Porta, scienziata politica alla Scuola Normale Superiore di Firenze. Diverse le domande. E’ arrivato il momento di abbassare la soglia del 50% di partecipazione per rendere valido il referendum? Perchè fallisce la partecipazione? Quanto c’entra la complessità del quesito, la credibilità dei proponenti? «Non possiamo arrenderci all’assenteismo, ad una democrazia a bassa intensità», ha detto il presidente Mattarella per il 25 aprile. Il capo dello stato ha lasciato, però, inesplorate le ragioni profonde dell’astensione, ragioni che risiedono anche nell’impoverimento sociale, oltre che economico, del lavoro. Ha scritto la studiosa, dirigente dell’Istat, Linda Laura Sabbadini: «Il lavoro non è solo un mezzo per guadagnarsi da vivere: è la base della coesione sociale di un paese».

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