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Nuove e vecchie serie: Ragazze vincenti su Prime Video e I May Destroy You su Sky

ragazze vincenti

Dopo oltre due anni d’attesa, il 20 settembre arriva finalmente anche in Italia, su Sky Atlantic, una delle serie tv più acclamate degli ultimi anni, e di cui ci è già capitato di parlare in questa rubrica: s’intitola I May Destroy You, è una produzione della BBC in collaborazione con HBO, e ha come autrice e protagonista Michaela Coel, attrice e sceneggiatrice londinese di cui per qualche tempo è stata disponibile su Netflix la prima serie, Chewing Gum. In I May Destroy You, Michaela Coel rielabora un trauma personalissimo – lo stupro a opera di uno sconosciuto, che le ha drogato il drink in un locale pubblico – rendendolo oggetto di riflessione universale, utilizzandolo come un prisma per scomporre la cultura della sopraffazione cui siamo incatenati. Ma, ed è altrettanto sorprendente, I May Destroy You non è solo una serie drammatica, anzi: la sua forza sta proprio nello scardinare il cliché da show impegnato, zigzagando tra i generi, sfociando spesso nel surreale o nel grottesco, passando anche per la commedia. Qualcosa di mai visto prima, che riesce nell’impresa di affrontare il problema in modo sistemico (sviluppando anche altri personaggi, oltre alla protagonista Arabella) e di non ridurre i protagonisti ai loro traumi. Per saperne di più sulla vicenda di Coel, Mondadori ha pubblicato quest’anno il suo libro Misfits – Un manifesto personale, in cui approfondisce il suo percorso in un’industria, quella audiovisiva, che – nonostante proclami eclatanti da un lato e ridicole proteste contro il presunto “politicamente corretto” dall’altro – continua a essere un territorio ostile per le donne, specialmente quelle non bianche e working class. Completamente diverso è il tono di un’altra serie che vi segnaliamo, questa invece uscita da poco più di un mese su Prime Video: è l’adattamento seriale di Ragazze vincenti, o A League of Their Own, se preferite il titolo originale (che gioca con un modo di dire che, a grandi linee, potremmo tradurre come “tutto un altro campionato” – e che ricorda A Room of One’s Own, cioè Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf). Ricorderete probabilmente il film, Ragazze vincenti, diretto da Penny Marshall e interpretato da Geena Davis, Tom Hanks e Lori Petty, con Madonna e Rosie O’Donnell in ruoli secondari: datato 1992, ha compiuto quest’estate 30 anni. Ambientato negli anni ’40, racconta la storia vera della All-American Girls Professional Baseball League, il campionato di baseball femminile organizzato per continuare a garantire al pubblico americano il suo spettacolo sportivo preferito nonostante tutti i ragazzi e gli uomini abili fossero al fronte durante la Seconda guerra mondiale. Era la prima volta che le donne avevano accesso al mondo del professionismo: il film, divertente ed emozionante come solo i film sul baseball sanno essere, è diventato negli anni un cult, ma la serie tv non sceglie di giocare, come tanti reboot recenti, solo sulla nostalgia. Co-creata da Abbi Jacobson (attrice e comedian già celebre in Usa per l’esilarante sitcom Broad City) Ragazze vincenti: La serie, ritrova l’ambientazione anni ’40 e la squadra delle Rockford Peaches, e la protagonista Carson (interpretata dalla stessa Jacobson) è – come la Dottie di Geena Davis nel film – una donna sposata, con il marito arruolato. Ma i personaggi e le trame, fatta salva qualche similitudine, sono diversi nella serie, che ha l’occasione, finalmente, di raccontare storie e vicende che nel film del 1992 erano state taciute per non “turbare” il pubblico: come mostra anche il bellissimo documentario “Un amore segreto” (lo trovate su Netflix), che racconta la vita di una delle giocatrici cui Ragazze vincenti è ispirato, molte atlete della lega erano lesbiche, bisessuali, queer, in svariati modi non si conformavano all’idea di femminilità imperante negli anni ’40, divisa tra la pin-up prorompente o la casta mogliettina. La serie si preoccupa di reintegrare ed esplorare quest’aspetto, e parallelamente segue la vicenda di Max, un’aspirante giocatrice afroamericana, lanciatrice fortissima cui non viene nemmeno concesso un provino perché – le fanno capire i selezionatori – “all-american” per loro significa “dalla pelle bianca”. Con una gustosa ricostruzione d’epoca e costumi, e un registro leggero, divertente, ma anche emozionante, Ragazze vincenti: La serie ha qualcosa di La fantastica signora Maisel, ma per molti altri aspetti fa, appunto, “campionato a sé”, grazie a personaggi cui ci si affeziona immediatamente, una scrittura brillante, un infallibile arco sportivo e vette commoventi. Una serie per cui viene davvero voglia di fare il tifo.

  • Autore articolo
    Alice Cucchetti
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    Tommy WA: la nuova promessa del folk africano si racconta a Radio Pop

    L'abbiamo scoperto con l'EP "Somewhere only we go" e oggi a Volume abbiamo avuto modo di conoscere meglio la storia di questo cantautore nigeriano, che si è poi formato musicalmente in Ghana: "Nel corso degli anni le nostre musiche si sono fuse: l'highlife ghanese, il palm-wine, il folk di Kumasi, il suono contemporaneo della chitarra. Ho potuto unire questi due mondi, mescolandoli con le radio occidentali che ascoltavo da ragazzo". Il risultato è un folk pop pieno di anima e di profondità: "Il mio obiettivo non è solo una carriera internazionale, ma costruire qualcosa in Africa. Voglio creare una struttura che funzioni per artisti come me, gente con una chitarra o un tamburo, artisti contemporanei che non hanno modo di raggiungere il loro pubblico". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Tommy WA.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale

    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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