“Sono veramente orgoglioso di aver partecipato a questo film, è un’emozione incredibile, una rivalsa dopo tutto quello che è successo. Almeno il mondo vedrà”. Sono le prime parole di Khaled Khatib, il giovane fotografo siriano ventunenne direttore della fotografia del film “The White Helmets” che ha vinto l’ Oscar come miglior documentario. Khaled non ha potuto godere a pieno della gioia: il bando di Trump gli ha impedito di accedere al suolo americano e di partecipare alla cerimonia. L’ha vista in tv, in collegamento telefonico con il regista Orlando Von Einsiedel e il produttore Joanna Natasegara, che erano molto dispiaciuti della sua assenza. “Siamo tutti col cuore spezzato che il nostro amico e collega, Khaled Khatib, non è stato in grado di unirsi a noi in Los Angeles agli Oscar – ha scritto il regista su Facebook – Quel che è successo a Khaled è una delle ingiustizie e delle umiliazioni quotidiane affrontate dai siriani che viaggiano per portare le voci dei loro concittadini nel mondo o per trovare pace e rifugio in paesi stranieri e invece trovano muri eretti ovunque”.
Con la statuetta tra le mani, visibilmente commossi, Orlando Von Einsiedel e Joanna Natasegara hanno salutato tutti i caschi bianchi siriani, veri protagonisti del film e hanno ringraziato Khaled e tutti gli altri giovanissimi siriani che hanno lavorato nel team.
Ora da Aleppo a Los Angeles, dalla Turchia a New York, tutti potranno vedere quelle immagini terribili. Non solo un film, non immaginazione, nessun set né effetti speciali. Non c’erano truccatori per rappresentare polvere e sangue. Tutto quello che si vede è l’orrore quotidiano della guerra in Siria.