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Napoli: la città ubbidiente di De Magistris

comune di napoli

Quando dopo mezz’ora di discussione, a Luigi De Magistris chiedo di Napoli città ribelle, chè è, tra l’altro, il titolo di un suo libro, risponde a sorpresa: “Sì, ho coniato io questa definizione, ma oggi, beh oggi direi piuttosto Napoli città ubbidiente“.

Con Amalia siamo in città da un paio di giorni, per cercare nei limiti del possibile di capire, o almeno guardare, come si svolgono le dinamiche di strada, specie nella parte più popolare: i quartieri spagnoli. Uscendo da casa scendiamo in via della Pignasecca, col suo mercato dove trovi di tutto, aggirandoci nell’intrico dei vicoli. Dove la criminalità camorristica è ben visibile, ma anche molti turisti si muovono, tutti stranieri.

Il rinascimento culturale di Napoli, anch’esso ben visibile, porta infatti in città molti turisti soprattutto non italici coi relativi soldi al seguito, e là dove arriva il denaro la camorra si dispiega. Turisti che conoscono Gomorra, e non hanno paura, anzi la camorra se la vanno a cercare, nei luoghi di Gomorra, e/o dell’Amica Geniale, la quadrilogia di Elena Ferrante. Camorra che produce anche innovazione tecnologica: un microcellulare, leggerissimo, piatto, lungo pochi centimetri, intestato a ignare utenze straniere, con pochissimo metallo, perciò invisibile ai metal detector, che si può nascondere nelle suole di un paio di scarpe da tennis. Lo si trova completo di scheda per 150 euro al mercatino della Duchesca, e si dice sia stato inventato a Poggioreale da qualche detenuto di genio per le comunicazioni dei boss con l’esterno.

Quando arriviamo davanti Palazzo San Giacomo, sede del comune, il frontone già racconta di una situazione eccezionale. Campeggia infatti la scritta: “No al Debito Ingiusto. Napoli Libera“, con sotto l’arcobaleno della pace. A latere le bandiere del Comune e dell’Europa. Mi viene da pensare, chissà che effetto farebbe su Montecitorio, e se mai qualcuno potrà scriverlo. Intanto entriamo, dopo avere superato il filtro dei vigili urbani, rilassati ma attenti, e siccome siamo un filo in anticipo ci riceve e ci guida Mimmo Annunziata, capo dell’ufficio stampa.

comune di napoli

Le stanze del palazzo sono austere, il mobilio essenziale, niente a che vedere con Palazzo Marino a Milano, o con Palazzo d’Accursio a Bologna, dall’arredo spesso lussuoso se non troppo sfarzoso. D’altra parte Mimmo raccontandoci aneddoti col classico calore e entusiasmo napoletano, a un certo punto sbotta: “Perché qua non si mangia mai“, riferendosi a una bicchierata per festeggiare un evento finito bene, ma senza cena. Poi diventa più formale, “Volevo dire che siamo una amministrazione molto frugale, anche nel cibo“.

In quanto a entusiasmo, a colpo d’occhio qua intorno non manca, sono tutti contenti di lavorare col sindaco che nel frattempo arriva e cominciamo. Dai migranti e dai porti. Da dov’altro se no. Dalla presa di posizione di De Magistris per l’apertura del porto di Napoli, mentre Salvini e Toninelli ne decidevano la chiusura.

“La dichiarazione sull’apertura dei porti è stato un segnale umanitario e politico che non è rimasto privo di conseguenze. Perchè i porti chiusi non esistono. Anche in queste ore stiamo lavorando insieme a sindaci di altri porti per rendere sempre più operativa la nostra proposta, per mettere alle strette i governi. E’ anche una azione istituzionale, come abbiamo fatto creando il porto denuclearizzato, che quando la portaerei americana è venuta qua, è stato un po’ uno scandalo. Magari la prossima volta ci pensano due volte. Queste azioni possono portare concretamente all’apertura del porto per cui Guardia Costiera, Marina Militare che hanno il dovere di salvare vite umane, non è che possono scegliere, si devono muovere in questo senso. Col che ci sono poi le stupidaggini secondo cui vorremmo fare diventare Napoli un campo profughi, che nessuno vuole”.

Dai porti all’accoglienza il passo è breve. Napoli è nota per non aver mai visto episodi di violenza contro gli immigrati. Invece pochi giorni fa un giovane maliano, Konaté Bouyagui, è stato sparato da un’auto in corsa, seppure con un fucile a aria compressa. Konaté lavora come chef in un bar ristorante multietnico, che vinse tra l’altro un premio come migliore start up. Questo episodio di violenza è stato letto da alcuni come l’espressione di “una deriva neonazista” – è l’avvocato Hillary Sedu, di origine nigeriana, a parlare, il quale assiste una giovane del Camerun aggredito e picchiato con una mazza da baseball – che avanza in Campania.

Per quel poco che abbiamo potuto vedere Amalia e io, neri, bianchi, immigrati e autoctoni, continuano a convivere in città senza intolleranze eclatanti e violente. E se fossero questi episodi invece i precursori, gli inizi, di una sorta di strategia della tensione come fu negli anni settanta – certo per ora a bassa intensità? Perchè è evidente che Napoli, libertaria se non anarchica, e il suo sindaco, sono una spina nel fianco del governo, e di Salvini in particolare.

luigi de magistris

Il sindaco ribatte orgoglioso:

“Napoli non è razzista. Non lo è mai stata. Non lo sarà mai. Napoli ha anche un sindaco che si rifa ai valori dell’antifascismo, le quattro giornate, i diritti civili, le libertà, un sindaco che su questi valori schiera la città. A Napoli Salvini il 4 marzo ha preso meno del 3%, nella terza città d’Italia per numero di abitanti, una capitale del Maditerraneo. E sono per la maggior parte voti dell’estrema destra fascista che Salvini ha imbarcato”.

Traspare nel tono tutta la soddisfazione di De Magistris mentre pronuncia queste parole, e in effetti il grande trionfatore delle elezioni, il capo di fatto del governo, qua è rimasto dietro Potere al Popolo e in città non riesce a entrare. Dev’essere l’unico posto dove neppure ne senti parlare per strada, al bar, in trattoria, da nessuna parte. Rincara la dose il sindaco.

“Altro che uomo forte. Come ha detto Erri De Luca, l’uomo, la donna forte sono quelli che si mettono contro i poteri forti, non quelli come Salvini, deboli coi forti, e forti coi deboli. E mi piacerebbe che qualche giornalista o magistrato andasse a scrutare e portare alla luce i legami che Salvini ha intessuto, e con quali ambienti”.

Qua emerge a tutto tondo l’uomo che da magistrato ha indagato su mafie, logge massoniche e politica corrotta nelle terre di frontiera calabresi e campane. La sua conoscenza degli incunaboli e delle fogne che si interrano e scorrono sotto certi apparenti terreni di rigogliose fortune politiche si è forgiata in quella dura lotta. “Perché la vera questione nazionale è la questione morale, la corruzione che mina la convivenza, non la questione meridionale“: é un concetto su cui De Magistris batte e ribatte, torna più volte, e non a caso quando si discute della sinistra che fu egli è drastico. Dopo il 1984 e Berlinguer sinistra non ce ne è stata più.

Come riprendendo il filo di un ragionamento interiore il sindaco torna al punto di una possibile strategia della tensione a bassa intensità:

“Quindi sì, non si può escludere che così come noi siamo il laboratorio di un’esperienza democratica dal basso per l’attuazione dei valori costituzionali e dei diritti civili, di una resistenza che arriva a liberare i luoghi abbandonati per farli rivivere – loro dicono occupare – venga avanti dall’altra il laboratorio di un sistema centrale, del centralismo autoritario che cerca di scardinare, faranno di tutto per permearla, per usare i punti di difficoltà, creare tensione. Bisognerà stare molto attenti, un grande lavoro come questa amministrazione sa fare in connessione col suo popolo. Sì faranno di tutto”.

In questo snodo è inevitabile parlare della camorra che si esibisce in pompa magna nel controllo del territorio almeno in certi quartieri, e del suo ruolo nella battaglia politica. Sono anche qui certificati antichi rapporti tra la stessa e i servizi. Qualcuno dice di un clima pesante, qualcun altro addirittura di “svolta inedita e terribile”, e non c’è dubbio che basti passeggiare in certe vie per rendersi conto di una presenza corposa. De Magistris nega questo clima, i segnali che pur ci sono, gli sembrano meno inquietanti, anzi forse addirittura manifestazioni di debolezza (“Quando devi esibirti troppo per dire che esisti, magari non sei così sicuro di esistere“). Qui fa una affermazione al tempo stesso decisiva e impegnativa in un contesto come quello napoletano:

“Noi abbiamo definitivamente interrotto il rapporto tra camorra e politica. Il che ha tolto l’ossigeno alla camorra quella imprenditrice, quella degli affari e degli appalti. Sicuramente su certi territori c’è una presenza muscolare evidente, ma non un clima cupo. Io non lo avverto. C’è invece una esplosione culturale molto forte, talenti giovanili che si riappropriano di spazi. C’è preoccupazione semmai che ci possa essere un tentativo muscolare da parte di gruppi anche molto giovani per occupare il territorio, e/o di fenomeni estorsivi verso queste nuove esperienze. Napoli è una città piena di giovani, e ci sono cinquantamila bambini che ogni giorno vanno a scuola. Noi abbiamo lanciato la sfida più potente alla camorra: abbiamo reciso i legami con la politica e stiamo dimostrando nei territori che esiste una alternativa di lavoro, di azione, economica. Quindi la mia idea è di riempire sempre più la città, gli spazi, di persone, con attività, iniziative, economia dal basso. Oggi noi abbiamo il problema della movida notturna, ma io ricordo che otto anni fa il centro era vuoto. Non c’era nessuno. La gente stava tappata in casa per la paura”.

comune di napoli

In questa conversazione zigzagante, mentre Mimmo Annunziata mi fa gli occhiacci perchè stiamo largamente sforando il tempo concordato, trenta minuti, è arrivato il momento della politica. Ineludibile se vogliamo tentare di capire dove sta la magia di De Magistris, capace di tenere alla larga Salvini e di essere ascoltato da migliaia di giovani, di fare il sindaco senza un soldo mai svendendo neppure un grammo di patrimonio pubblico e mai mettendo sul mercato delle privatizzazioni un bene comune, di avere reso Napoli una città rifugio per i diseredati di mezza Africa e un laboratorio di incubazione per start up innovative su ogni fronte, di mantenere l’acqua pubblica nonostante le burocrazie oppressive e i trucchi sporchi dl potere centrale, di essere rivoluzionario mentre lo votano in modo trasversale cittadine/i appartenenti all’intero spettro delle classi sociali, e potrei continuare.

Perché il carisma indubbio dell’uomo, e la sua simpatia naturale non bastano a spiegare. Neppure basta la citazione di Pasolini sull’autonomia e l’indipendenza che il sindaco propone a chiosa finale. Quindi avventuriamoci in questo enigma, sperando se non di scioglierlo, almeno di enuclearne alcune nervature essenziali.
La prima tappa mi pare questa. De Magistris ha colto la ribellione endemica della città che però si disperdeva in mille rivoli, in una sorta di anarchismo individuale producendo al più un rumore di fondo caotico, e l’ha trasformata in complessità e coscienza collettiva. Ovvero ne ha tratto gli elementi positivi, mettendoli in sinergia. Che a dirlo oggi par facile, ma farlo allora è stata una impresa. Per questo adesso parla di Napoli “città ubbidiente”. Ubbidiente a cosa e a chi? “Ubbidiente ai valori e principi costituzionali, a quel giuramento di fedeltà alla Costituzione che io ho fatto tre volte, una da magistrato e due da sindaco“, la città essendo il corpo vivo che promuove, pratica e incarna i principi costituzionali. Ovviamente “in un paese come il nostro dove spesso è tutto a rovescio, chi obbedisce alla Costituzione può essere chiamato ribelle, mentre chi la viola può venire considerato normale”.

Ma se una rondine non fa primavera, può bastare una città ribelle (o ubbidiente che dir si voglia), per quanto importante come Napoli? Certamente no. Allora si può pensare a una lega delle città ribelli europee?

“Sì, e noi già ci stiamo lavorando. In particolare con Barcellona abbiamo degli ottimi rapporti, poi con altre città in Grecia, in Francia, eccetera.
Con Palermo? Orlando ha preso subito una posizione giusta sulla questione dei porti ma la politica è un’altra cosa, perchè ribelle bisogna esserlo fino in fondo. Non so quanto lui sia autonomo. Comunque una lega delle città ribelli sarebbe la base di una Costituzione Europea. Io sono stato per due anni parlamentare europeo, e non credo in un riformismo centralizzato. Per l’Europa bisogna cercare una terza via, perchè c’è l’Europa delle oligarchie e della finanza che ha figliato quella dei fascismi e dei naziolismi che sta avanzando ora.Noi dobbiamo lavorare a un’Europa dell’uguaglianza, della giustizia sociale, dei diritti civili, della solidarietà e si può partire dalle città. Per questo bisogna costruire una rete, ci vorranno almeno ancora un paio d’anni”.

E Beppe Sala, non può essere un interlocutore? Se un modello è Napoli, libertaria e ribelle, l’altro diciamo progressista è quello proposto da Milano. “L’esperienza di Beppe Sala è più tradizionale della nostra costruita dal basso, più movimentista, molto radicale. Però Napoli e Milano sicuramente anche se diverse, possono aprire in Italia un ragionamento“.

E stiamo arrivando al nocciolo perchè tutto quel che il sindaco di Napoli sta raccontando abbisogna di un’organizzazione “non un partito, preferisco chiamarlo movimento, però un’organizzazione ci vuole. Noi la stiamo mettendo in piedi” – si riferisce a DemA, la sua organizzazione. “Come ci insegna Che Guevara, noi qua siamo partigiani, non violenti per carità che già mi accusano di essere sovversivo, e gli altri hanno un esercito regolare e ci assediano. Noi qua a Napoli siamo accerchiati, ma dobbiamo contrattaccare, perchè così quanto possiamo resistere?”.

Qui De magsitris disegna una “politica dal volto umano” con relazioni empatiche tra gli individui – connessioni sentimentali – che s’immerge tra la gente, che vede sempre prima la persona. Non un nuovo tipo di militanza, piuttosto una nuova antropologia politica. Per quanto paradossale possa sembrare, è su questo terreno che De Magistris aggrega e produce organizzazione, su cui sta lavorando in una prospettiva nazionale:

“Prima facendo che parlando. Oggi ci vogliono i fatti, la realizzazione di progetti concreti. Io credo che la nostra amministrazione sia quella più a sinistra, eppure io uso pochissimo la parola sinistra, e alcuni che lavorano con noi hanno fatto cose di sinistra, senza chiamarle di sinistra. Una politica di ponti e non di muri, ponti che si diramano sul territorio. Noi siamo intatti sul piano morale, e ci nutriamo di democrazia partecipativa. Le persone lo sanno, c’hanno visto all’opera e per questo ci danno fiducia. Sanno che su una cosa non tradiremo mai: la questione morale”.

Siamo al cuore, il sindaco sente che è il momento di pronunciare quello che non è un appello ma una sorta di imperativo categorico a compimento del percorso politico che è venuto delineando in questa ora di botta e risposta. “Due sono i punti. La Rivoluzione, la rottura dell’attuale assetto. E l’affidabilità di governo”. De Magistris sa che possono anche essere sconfitti, lui e suoi compagni, sa che “siamo una roccaforte assediata”. D’altra parte gli è già capitato in magistratura quando il suo impegno è stato in qualche modo troppo rigoroso, cosicchè il sistema lo ha espulso “e non mi hanno più permesso di fare il PM”, intuendosi una grande amarezza dietro queste parole, un’amarezza che il successo in politica non ha lenito. Col che il nostro è tutto fiero quando racconta di qualcuno che gli ha detto “tu sei il sindaco dei popoli”.

Siamo alle ultime battute che battezzano Napoli città europea dal cuore africano, e disvelano i rapporti che il Comune di Napoli ha con l’altra sponda del Mediterraneo, e quando Fatou è stata eletta nel coordinamento di DemA la notizia si è sparsa anche in Africa con sua grande gioia.
Rimane la citazione di Pasolini cui De Magistris tiene molto, sull’autonomia e l’indipendenza, qualità preziose ma che possono in qualche modo abbatterti: “Da magistrato l’autonomia e l’indipendenza me l’hanno fatta pagare. In politica invece mi sono buttato tra la gente, quando ero un sindaco di strada e contro ogni previsione sono stato rieletto, perchè il potere forte cui mi sono affidato è stato il popolo“.

Lo striscione al Comune di Napoli

* in collaborazione con Amalia Tiano

  • Autore articolo
    Bruno Giorgini
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