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Mimmo Lucano dopo la condanna: “Più di quello che darebbero a un assassino”

Mimmo Lucano Ansa

L’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano è stato condannato oggi in primo grado a 13 anni e due mesi di reclusione nel processo “Xenia” che lo ha visto imputato per presunti illeciti nella gestione dei migranti a Riace. La pubblica accusa aveva chiesto per Mimmo Lucano una condanna a 7 anni e 11 mesi e ha la sentenza ha sorpreso tutti: 13 anni e due mesi, quasi il doppio di quanto chiesto dall’accusa.

Mimmo Lucano era imputato per associazione per delinquere, abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Mattia Guastafierro ha intervistato oggi Mimmo Lucano, poche ore dopo la lettura della sentenza di condanna da parte del presidente del Tribunale di Locri dopo quattro giorni di camera di consiglio.

È una sentenza sproporzionata e incredibile. Com’è possibile?

Questa sentenza non contrasta solo con la mia lealtà e con la mia innocenza, ma anche con i dati delle istruttorie. È abnorme. È come se non avessero tenuto conto del dibattito processuale, soprattutto riguardo al reato di associazione mafiosa. Hanno legato tutto per raggiungere i 13 anni e 2 mesi di reclusione. Più di quello che darebbero a un assassino.

Come se lo spiega?

Non me lo spiego, non riesco.

Si sente accerchiato? Pensa ci sia una volontà politica dietro questa condanna?

Non lo so. Non voglio dire queste cose, non voglio cercare giustificazioni. Non voglio usare la parola rassegnazione, ma ovviamente devo rivedere tutte le cose sotto un’altra luce.

Come si sente in questo momento?

Potete immaginare da soli la risposta. Non c’è bisogno che ve lo dica.

C’è anche tanta solidarietà…

Sì. Probabilmente perché se lasciamo perdere tutto ciò che è successo e partiamo da questa sentenza la sproporzione tra reato e sentenza è evidente. Sul piano morale e politico per me è un grande contraccolpo, ma nella vita ci sono cose più gravi.

Lotterà ancora?

Si, ma non so come. Ovviamente i miei ideali non sono cambiati.

Lei oggi viene condannato per aver fatto del bene…

Mi sono trovato nelle condizioni di fare il sindaco in un periodo in cui in Italia c’erano continui sbarchi. Io ho scelto di stare dalla parte di queste persone. Sono stato anche in grado di dare gratificazione ai miei ideali politici. Sono della sinistra più estrema da questo punto di vista.

Cosa le ha detto la sua città in queste ultime ore?

Sono appena arrivato da Locri, dal processo. Sono seduto in piazza a Riace. Forse domani ci sarà una manifestazione.

Com’è possibile che il giudice le abbia dato il doppio degli anni chiesti dall’accusa?

Non posso rispondere per lui. Ho già detto che mi sembra strano. Mi sembra quasi di dover ringraziare la procura per aver chiesto solo 7 anni e 11 mesi.

C’è ancora speranza in lei?

La mia visione della vita è cambiata. Ormai è tutto finito.

La sproporzione di questa pena rispetto a quelle inflitte per reati di ‘Ndrangheta in Calabria fa sembrare tutto ancora più incredibile…

Nella Locride in particolare. Gli avvocati non si rassegnano perché, anche su un piano tecnico giuridico, ci sono cose che non sono facilmente spiegabili.

Per me è inconcepibile anche da un punto di vista umano, politico e di giustizia.
Il Pm ha capito che non avevo interessi di tipo economico. Non ho ammazzato nessuno.
Non sono della mafia anzi, provengo da ambienti di forte impegno sociale e di antimafia.
Ho costruito la mia coscienza politica proprio sull’antimafia. Per me l’impegno politico sociale nasce e muore così.

Cosa si sente di dire ai sindaci che vedono ancora un riferimento nel suo modello di accoglienza?

Non voglio dire parole che sembrerebbero di circostanza. Se non le penso e non ci credo non posso dirle. Questa situazione ha fatto nascere dei dubbi in me. È atroce. Non sono più una persona libera dentro. Di me hanno detto che sono un fuorilegge. Vorrei andare via, non so dove.

Gran parte della società non pensa questo di lei…

Ma lo penso io. Non posso sopportare che si possa mettere in dubbio quel che ho cercato di fare. Che cosa mi rimane nella vita se non questo orgoglio?

Oggi quindi non rifarebbe le scelte che ha fatto all’epoca?

Rifarei tutto. Senza incertezze.

C’è qualcosa che vorrebbe dire?

Voglio ringraziare tutte le persone che mi sono vicine. Anche solo con il pensiero. È molto gratificante.

Speriamo tutti che lei non si arrenda…

Questo dipende da come si evolverà la situazione.

Si aspetta qualcosa da parte dello Stato o del governo?

Non mi aspetto niente.

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    Redazione
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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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