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Meloni torna all’attacco dei magistrati e alza i toni dello scontro

Giorgia Meloni Magistrati ANSA

Se è vero che l’avvocata che si è scelta, Giulia Bongiorno, le ha consigliato di abbassare i toni, Giorgia Meloni non sembra aver accettato il suggerimento. Oggi è arrivato un nuovo attacco ai magistrati contro i quali non nasconde che ci sia un’intenzione punitiva.

“Se io sbaglio gli italiani mi mandano a casa, se sbagliano loro non succede niente – dice – vogliono governare e allora si candidassero”. Una serie di accuse, alcune riprese esattamente dal vocabolario utilizzato da Berlusconi, “vogliono fare politica” diceva il Cavaliere che ingaggiò una guerra ventennale contro i giudici, Meloni si scaglia contro di loro oggi attraverso una trasmissione televisiva. Ancora una volta sceglie di parlare direttamente ai suoi elettori, agli spettatori, agli utenti dei social, cavalcando una campagna che pensa potrà farle guadagnar voti nascondendo gli altri problemi, a cominciare dall’economia ferma, come oggi hanno dimostrato i dati Istat e bistrattando il Parlamento, che ha dovuto accontentarsi di una dichiarazione di Tajani in una conferenza stampa e forse di una sua audizione la prossima settimana.

In Parlamento sarebbe costretta ad entrare nel merito della vicenda Almasri, sui social no. Per la Presidente del Consiglio la notizia di iscrizione è un atto voluto, non dovuto come ha detto il Procuratore Lo Voi, lamenta le prime pagine sui giornali stranieri e questo dice “mi manda ai matti”, in sostanza le dispiace essere messa in cattiva luce, per questo sostiene che quello che sta accadendo è un “danno alla nazione”. Uno sfogo teso a screditare un potere dello Stato, per indebolirlo, per creare un clima adatto ad un grande consenso verso le riforme della Giustizia, a cominciare dalla separazione delle carriere. E su questo tema Giorgia Meloni ha impostato la sua battaglia, per nascondere tutto il resto, tutti gli altri problemi sociali ed economici.

  • Autore articolo
    Anna Bredice
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    Si chiama “Board of Peace” e Donald Trump, il presidente degli Stati Uniti, l’ha pensato come il grande consiglio che guiderà – sulla carta - la ricostruzione di Gaza. Il disegno immaginato da Trump non prevede l'intervento degli organismi internazionali che hanno retto la sovranità del diritto per decenni. Nel futuro di Gaza – almeno per ora – non sono previste presenze come le Nazioni Unite, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, l'Organizzazione Mondiale del Commercio. Il "Board of Peace" richiama molto l’idea di un consiglio di amministrazione (un “board”, appunto), che dovrà gestire un affare economico e finanziario colossale, un consiglio che avrà Trump come presidente. Il piano Trump in 20 punti, al paragrafo 9 recita: "Questo organismo (Board of Peace, ndr) definirà il quadro di riferimento e gestirà i finanziamenti per la ricostruzione di Gaza". Gestirà i soldi, proprio come un CdA che si rispetti. E le logiche finiranno per essere quelle del business e non della convivenza internazionale; dell’interesse privato e non dell’interesse pubblico; dell’autoritarismo che oscura la democrazia. Raffaele Liguori ha intervistato Fabio Armao, docente di relazioni internazionali all’università di Torino. È autore, insieme a Davide Pellegrino, di “Distopia americana. L’impatto della presidenza Trump sul sistema politico americano” (Mimesis, in uscita).

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