Iniziative

 

 

Mama Chat lancia la campagna #UnaSuTre contro la violenza sulle donne

Mama Chat - UnaSuTre

Margherita Fioruzzi, fondatrice di Mama Chat, commenta a Radio Popolare il lancio della campagna social #UnaSuTre in occasione della Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne e spiega il lavoro che viene fatto ormai da anni dall’associazione per dare supporto e aiuto alle donne vittima di violenza.

L’intervista di Barbara Sorrentini a Fino Alle Otto.

Oggi, in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, voi di Mama Chat lanciate un’ulteriore iniziativa di aiuto e di supporto attraverso una campagna social, #UnaSuTre. Di che cosa si tratta?

Abbiamo scelto di scendere in campo oggi non con un semplice hashtag, ma con un appello proprio verso le donne e gli uomini di questo Paese. Una su tre non è un semplice dato o una statistica, ma uno spaccato importante e triste del nostro Paese: ogni giorno in Italia ci sono 250 donne che subiscono violenze, fisiche o psicologiche, da parte dei loro partner, ex o membri della loro famiglia. Mama Chat offre da tre anni ascolto anonimo e gratuito, tramite la chat del nostro sito web, a donne che sono vittime di violenza o che hanno difficoltà psicologiche. In tre anni abbiamo aiutato e ascoltato più di 7.000 persone. Non è sufficiente scendere in campo con un hashtag, ma il nostro obiettivo di oggi è quello di parlarne, perché non si può più far finta di niente e soprattutto perché la violenza non è sempre visibile. Non sono solo pugni, schiaffi, non sono solo litigate: spesso c’è una forma di violenza psicologica e ci sono dei segnali a cui stare molto attenti. Noi invitiamo tutti i ragazzi e le ragazze che pensano di essere in una relazione tossica a parlarne, a non chiudersi e a non pensare di essere soli, perché Mama Chat esiste. Ci sono anche tante altre associazioni sul territorio, ci sono persone di fianco a te che ti possono aiutare.

Ci sono casi o storie emblematici che vuoi riportarci?

La cosa particolare dei rapporti di violenza è che si assomigliano tutti moltissimo, soprattutto nel loro diventare un rapporto di violenza. Sono segnali di gelosia, che all’inizio sembrano normali, ma poi diventano eccessivi: il non poter più uscire con le proprie amiche, il ricevere degli insulti tutti i giorni o comunque sentirsi controllate. Quando la persona che sta con te decide come ti devi vestire, quando devi uscire, con chi parlare, questi non sono segnali d’amore: è un rapporto che non ti lascia più libera, e quando tu perdi la tua libertà significa che c’è un dominio. Moltissime donne di tutte le età che ci scrivono e raccontano che il rapporto violento (che eventualmente, ma non sempre, sfocia in violenze anche fisiche) è iniziato così, con un rapporto idilliaco all’inizio che poi purtroppo è sfociato nell’eccessivo dominio.

Sul vostro sito, Mama Chat, c’è anche un supporto psicologico. Vi si rivolgono molte?

Sì, moltissime, soprattutto nell’ultimo periodo con il COVID. Con il fatto del non poter più uscire di casa e chiedere aiuto, lo sportello online ha avuto un boom di richieste. Le nostre non sono semplici volontarie, sono tutte psicologhe professioniste e informate. Ci occupiamo di tantissimi temi, dai disturbi alimentari agli attacchi di ansia: è un supporto psicologico a 360 gradi. Noi non offriamo solo ascolto, ma ti indirizziamo anche al centro o allo sportello che ti può prendere in carico nella tua città. Questo è molto importante perché facciamo tanta rete sul territorio e perché siamo consapevoli che solo scrivere in chat aiuta, ma non è sufficiente.

Avete avuto dei riscontri su come sono andate a finire certe situazioni di donne che si sono rivolte a Mama Chat?

Essendo la chat anonima, non scriviamo alla persona per chiedere come si è trovata e com’è andata. La cosa positiva è che spesso tornano per ringraziarci o per raccontarci di com’è stata l’esperienza nel centro.

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    Domani a Torino ci sarà una nuova mobilitazione contro lo sgombero del centro sociale Askatasuna. Il giurista Livio Pepino, uno dei garanti del processo di regolarizzazione tra il Comune e Askatasuna, intervistato da Mattia Guastafierro, sostiene che lo sgombero fa parte di un progetto più ampio di repressione da parte del Governo Meloni. Di fronte ai conflitti sociali, dice Pepino, si possono intraprendere due opzioni: “Una è quella del dialogo, la ricerca del confronto, anche difficile e delicato, che a volte si spezza, però che va avanti, che cerca di fare dei passi in avanti. L’altra è quello della contrapposizione muscolare del muro contro muro, della repressione cieca”. Ascolta l’intervista.

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