Con la legge approvata dal parlamento martedì scorso, le autorità ungheresi intendono blindare ulteriormente i confini del Paese e renderlo sempre meno ospitale agli occhi dei migranti.
Il testo dispone che i richiedenti asilo e i migranti fermati in qualsiasi punto del territorio nazionale vengano sottoposti a un regime di detenzione preventiva in campi predisposti ai confini con la Serbia e la Croazia. Vi troveranno posto dei container che potranno ospitare dalle 200 alle 300 persone per il periodo della procedura necessaria a esaminare le richieste di asilo.
Il sistema della custodia preventiva era stato soppresso in Ungheria, nel 2013, dietro pressioni dell’Unione europea e dell’Onu, ma le sue autorità hanno deciso di ripristinarlo pur riconoscendo che questa prassi va contro le norme internazionali precedentemente accettate anche da Budapest. “Lo sappiamo ma andremo avanti lo stesso su questa strada”, ha detto di recente il primo ministro Viktor Orbán. Secondo il premier i flussi migratori hanno posto sotto assedio il Paese. Questi ultimi a suo avviso si sono solo temporaneamente affievoliti.
È ormai nota da tempo la posizione del governo ungherese nei confronti di questo fenomeno che Orbán e i suoi collaboratori e sostenitori considerano negativo sotto tutti i punti di vista. Lo vedono come una minaccia per la cultura europea e la sua identità cristiana. “Questi migranti sono persone che vogliono vivere da noi senza accettare i nostri usi ma solo gli standard di vita europei”, ha detto ancora il premier e aggiunto che i clandestini vanno arrestati e sottoposti a trattamenti rigorosi, quelli previsti dalla legge.
Pochissime persone ottengono il diritto di asilo in Ungheria: nel 2016 solo 425 persone l’hanno avuto su un totale di 30.000 richiedenti. Sono 170.000 coloro i quali hanno attraversato il confine ungherese solo per recarsi in Austria o in Germania.
Diverse organizzazioni attive in questo campo hanno criticato duramente l’adozione di questa legge. Per Amnesty International il sistema della detenzione preventiva dei profughi e migranti è semplicemente inaccettabile. A suo avviso il ricorso alla custodia preventiva non significa dar luogo a una politica in ambito migranti, ma piuttosto decidere di non averne una. Alle critiche di Amnesty e di altre organizzazioni simili, il ministro dell’Interno Sándor Pintér ha risposto che spesso i richiedenti asilo non rispettano le regole, non attendono la fine della procedura e si muovono a loro piacimento entro i confini di Schengen per raggiungere i paesi dell’Europa nord-occidentale. Ciò costituisce, secondo Pintér, un rischio per la sicurezza di tutti. Per Amnesty, invece, è l’Ungheria a violare norme internazionali adottando una prassi che definisce disumana.
Massimo Congiu è direttore dell’Osservatorio Sociale Mitteleuropeo, un’agenzia che si propone di monitorare il mondo del lavoro e degli affari sociali in Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca.