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Lianghui, ritualità cinesi

La rete internet è lenta e anche la VPN – il virtual private network fondamentale per aggirare il grande firewall che blocca i siti scomodi – va a singhiozzo o cade. Anche questo fa parte del rituale del Lianghui, la doppia sessione parallela dei parlamenti cinesi che si tiene ogni anno in questi giorni.

Sono il Congresso Nazionale del Popolo e la Conferenza Politica Consultiva. Il primo organismo, che ha 3mila delegati in rappresentanza di tutte le province (406 rappresentano le minoranze etniche), analizza i risultati ottenuti dal governo durante l’anno precedente, discute le nuove politiche decise dai vertici e prende atto degli obiettivi economici per l’anno a venire, anche questi indicati dalla leadership. Il secondo parlamentino, a numero variabile e composto da figure eccellenti di tutta la Cina, ha invece il compito di dare consigli su come attuare al meglio le nuove misure.

Di fatto, durante il Lianghui, viene messo nero su bianco quanto è stato già deciso nei mesi scorsi, come per esempio il fatto che nei prossimi cinque anni la Cina crescerà solo del 6,5 per cento. In questi giorni, si discutono soprattutto tre documenti: il rapporto di natura quasi totalmente economica del premier Li Keqiang; la relazione della Commissione Nazionale per le riforme, che dice sostanzialmente cosa si è fatto e cosa si farà; e infine il budget del ministero delle Finanze. Negli anni, nessuna misura o nuova legge è stata respinta, ma talvolta – e in misura sempre maggiore nel corso degli anni – ci sono stati degli astenuti e dei voti contrari, che manifestano così il proprio dissenso. Segno di una società sempre più complessa, dove gli interessi di tutti non necessariamente coincidono. Il caso più clamoroso si ebbe nel 1992, quando “solo” due terzi della legislatura votò per il progetto della diga delle Tre Gole.

A proposito di contrarietà va detto che la crescita ridotta ha avuto un impatto sul budget della difesa e, a questo punto, l’Esercito Popolare di Liberazione deve farsene una ragione. Così, il Congresso ha annunciato sabato che il bilancio delle forze armate crescerà quest’anno solo del 7,6 per cento contro il 10,1 dell’anno scorso. È l’incremento minore dal 2010. Se, per alcuni osservatori, la riduzione della spesa militare rivelerebbe la sicurezza con cui il presidente Xi Jinping può ormai controllare l’esercito – il politico che mette il tappo al militare – non sono mancati i commenti negativi tra i membri dell’EPL che fanno parte dei due parlamenti cinesi. Per loro, è vero che il budget deve adeguarsi alla crescita del Paese, ma è pure vero che deve essere in grado di garantire la “sicurezza” della Cina. Tanto più che il congresso ha confermato che tale sicurezza ormai deve anche essere esportata all’estero – secondo quanto stabilito da una legge varata nei mesi scorsi – per proteggere gli interessi delle imprese e dei cittadini cinesi che sempre più sono presenti nel resto del pianeta. Insomma, si teme che la coperta sia troppo corta per il nuovo ruolo da “superpotenza” che la Cina vuole recitare nel mondo.

Nel rituale del “doppio parlamento”, alcuni si sono poi divertiti a contare le parole più utilizzate dal premier Li Keqiang durante il suo discorso introduttivo alla seduta del Congresso Nazionale del Popolo, pronunciato sabato scorso. È un semplice gioco, ma forse dà idea di come variano le priorità della leadership cinese. Ebbene, quest’anno è boom per le parole “sviluppo” (+25 menzioni), “crescita” (+19), “urbano” o “urbanizzazione” (+17) e “ambiente” (+11), mentre crollano nella classifica le parole “dovere” e “lavoro” (-16 entrambi). Quasi stabili alcuni termini chiave che indicano gli obiettivi più concreti della Cina: “cintura” – in riferimento alla “cintura della via della seta” – è stata menzionata da Li tre volte più dell’anno scorso, mentre “zombie” – cioè le imprese improduttive da eliminare – solo una volta in più. Colpisce anche il calo relativo della parola “corruzione” citata quattro volte in meno. Intanto, però, la Commissione Centrale di Ispezione e Disciplina – l’agenzia anticorruzione di Pechino – ha comunicato domenica i “risultati” ottenuti nel 2015: sarebbero stati puniti 282mila funzionari per reati legati al malaffare.

Ultima nota di colore: tra i delegati ai due parlamenti cinesi è ripresa la moda che risaliva ai tempi di Mao di presentarsi al congresso con spillette raffiguranti il presidente Xi Jinping o lo stesso Mao Zedong. La cosa ha colpito i frequentatori dei social network che hanno criticato questo nuovo trend, denunciando il rischio di una rinascita del culto della personalità. Sono questi i piccoli segni che danno conto dei mutamenti sottili nella società cinese. O forse, sono solo un’occasione per la chiacchiera. Un altra componente fondamentale nel rituale del Lianghui.

Tratto da China Files

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    Gabriele Battaglia
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