Iniziative

 

 

L’Europa dalla Guerra Fredda alla Brexit

Prosegue il ciclo di incontri “Dalla Guerra Fredda alla Globalizzazione: 40 anni di politica estera raccontati da Icei e Radio Popolare”. Lunedì 4 settembre alle 21, nell’auditorium di via Ollearo 5, il quinto appuntamento dedicato al nostro continente: “L’Europa, dalla Guerra Fredda alla Brexit”. Intervengono i relatori Cristina Carpinelli e Alessandro Principe, conduce Michele Migone.

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Alla fine degli anni ’70 l’Europa è divisa in due dalla Cortina di Ferro. Entrambe le sue metà hanno sovranità limitata: sono gli equilibri partoriti dalla tragedia della Seconda Guerra Mondiale. Eppure l’Europa c’è, come progetto concreto e come soggetto politico. Grazie alle idee e all’impegno di grandi statisti come Schuman e Adenauer, e poi Mitterrand e Kohl, sono stati fatti passi da gigante verso la costruzione dell’unico spazio, dell’unica organizzazione sovranazionale al mondo che non ha solo fini economici ma anche politici e di civiltà.

Il progetto che ha portato all’attuale Unione Europea è cresciuto mettendo a confronto e in condivisione principi, visioni, diritti. E ha dato vita a un Parlamento comune, il nucleo di ogni buona democrazia. Ma le falle presenti nella costruzione europea hanno comportato negli anni una perdita di consenso: tanto che, quando si è arrivati vicini all’adozione di una Costituzione comune che avrebbe dovuto definire l’ossatura della nuova confederazione continentale, due referendum nei Paesi Bassi e in Francia hanno acceso la miccia che oggi rischia di far saltare in aria una costruzione cui si è lavorato pazientemente per decenni.

Dopo la sbornia dell’unificazione della Germania del 1989, e del ritorno nella famiglia europea dei Paesi che erano stati satelliti dell’URSS, la gestione della nascita della moneta comune, le imposizioni su bilanci e scelte nazionali, l’eccessiva burocratizzazione, la prevalenza degli interessi dei Paesi del Nord rispetto a quelli mediterranei hanno smontato molti entusiasmi. Paradossalmente, dopo l’eroica resistenza della Grecia al fallimento (malgrado il trattamento ricevuto), il colpo più duro al progetto europeo è stato inferto dal Paese che nell’UE non aveva mai creduto, che era entrato nell’Unione solo dopo avere capito che non poteva restare da solo, e che da allora aveva sempre remato contro qualsiasi ipotesi di accelerazione verso l’unificazione.

Il Regno Unito con la Brexit ha scelto di uscire dall’UE, senza peraltro valutare appieno i rischi per la propria economia: questa decisione ha dato una scossa agli altri Paesi comunitari e ha chiarito molte idee. Per esempio, ha fatto capire che l’Europa che verrà difficilmente potrà continuare a funzionare con il meccanismo dell’unanimità. E che sarà per forza “a due velocità”, tra gli Stati dell’area euro che sono “condannati” a procedere a tappe forzate verso una maggiore integrazione, e tutti gli altri, che possono rimanere agganciati all’Unione anche solo per i vantaggi che la sua area economica offre. I Paesi dell’Est probabilmente preferiranno questa seconda ipotesi, in quanto non disponibili a negoziare una sovranità duramente riconquistata dopo decenni e perché governati a maggioranza da partiti nazionalisti.

È dunque l’Europa occidentale, dov’è nato e si è sviluppato il progetto europeo, a doversi caricare della responsabilità maggiore. E questo perché l’UE, così come viene percepita nel mondo, non è solo un’area economica, ma anche un faro di democrazia in un mondo sempre più in preda al caos. Le stesse frontiere europee ormai dividono democrazia da autoritarismi, dittature, barbarie. Il paragone con l’Impero Romano è pero fuori luogo, perché nel nostro caso ciò che accade oltre il limes è in buona parte responsabilità nostra. Un’Europa che non fa politica estera, che non si occupa di Mediterraneo, che partecipa al rovesciamento violento di governi in Medio Oriente senza preoccuparsi di cosa succederà dopo è un’Europa complice del caos. L’emergenza dei richiedenti asilo diventa così una ritorsione della Storia, con radici ai tempi del colonialismo e di tutte le sue successive reincarnazioni.

Riprendere l’aspirazione di Altiero Spinelli, quella degli Stati Uniti d’Europa, terra nella quale non ci siano più né fame né dittature, né povertà né guerre, è un programma rivoluzionario ancor oggi. L’Europa, però, non può attendere ancora per molto.

  • Autore articolo
    Alfredo Somoza
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    È morta Patrizia Arnaboldi. Femminista, militante comunista, è stata tra le fondatrici di Radio Popolare

    È morta Patrizia Arnaboldi. Aveva 78 anni. Storica militante comunista, protagonista del femminismo a Milano e del movimento studentesco, negli anni Ottanta è stata deputata per Democrazia Proletaria. Legata a Rifondazione Comunista, negli ultimi anni ha partecipato a molte battaglie a difesa della città. Una delle ultime, quella legata agli alberi di piazzale Baiamonti. Patrizia Arnaboldi, 50 anni fa, è stata anche una delle firmatarie, davanti al notaio, dell’atto di nascita di Radio Popolare. Ecco il ricordo di Matteo Prencipe, segretario lombardo di Rifondazione Comunista, e di Basilio Rizzo, storico consigliere comunale milanese.

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    Fa troppo caldo: scioperano i lavoratori della Emmegi, che costruisce condizionatori a Cassano d’Adda

    Troppo caldo, lavoratori in sciopero. 36 gradi nel capannone dove si producono componenti per i condizionatori. Il paradosso è che, in quella ditta, si producono scambiatori di calore, componente fondamentale per gli impianti di climatizzazione. Che però, nei capannoni della Emmegi di Cassano d’Adda, non ci sono. La conseguenza, temperature roventi, che superano i 36 gradi, e condizioni di lavoro inaccettabili. Per questo lavoratori e lavoratrici stanno scioperando, per ottenere almeno un po’ di refrigerio, che però al momento viene negato dalla proprietà, che anzi ha incaricato un consulente per farsi dire che “la temperatura è acettabile”. Maurizio Iafreni è Rsu Fiom alla Emmegi e responsabile della sicurezza: (foto Fiom Cgil)

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    Summertime di giovedì 03/07/2025

    Gaza, ipotesi di tregua tra le bombe d’Israele, con Paola Caridi, giornalista, saggista, esperta di Palestina. La trattativa sui dazi e la debolezza dell’Europa, con Giuliano Noci, prorettore del Politecnico di Milano, editorialista del Sole 24 Ore. Il caso del libro di storia che non piace a Fratelli d’Italia, con uno degli autori del libro, lo storico Carlo Greppi. Milano sempre più cara, chiudono anche i negozi per gli affitti troppo alti: il microfono aperto. Mao Valpiana del Movimento Noviolento ricorda Alex Langer a 30 anni dal suicidio. La quarta puntata di “Racconto Lucano” con Sara Milanese.

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