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“Letter to you”, il tanto atteso ritorno del Boss

Letter to you - Bruce Springsteen

Dodici canzoni, sessanta minuti del più classico rock and roll, prevedibile – se si vuole – ma certamente potente. Springsteen rimette insieme, in uno studio, i vecchi amici e compagni di strada della E Street Band, e il risultato viene da sé. “Letter to you” é un album con un filo conduttore, il tempo che scorre, introdotto subito dal primo brano “One minute you’re here” e svolto fino al pezzo di chiusura “I’ll see you in my dreams“, in cui Springsteen si rivolge agli amici lasciati per strada, come il sassofonista Clarence Clemons e l’organista Danny Federici.

C’è tanta malinconia in “Letter to you“, ma anche tanta gioia di tornare a fare musica insieme, sognando il ritorno sul palco. Springsteen ha detto che il suo brano preferito di questo disco é “The house of a thousand guitars“, la casa delle mille chitarre, perché parla del suo rapporto col pubblico.

E di chitarre ce ne sono moltissime in questo album, in cui Bruce ha inserito tre vecchie canzoni degli anni ’70, reincise. Tre bellissimi pezzi: “Janey needs a shooter“, “Song for orphans” e “If I was the priest“. Quest’ultima, pensate, era tra quelle da lui portate al provino per la Columbia Records, nel 1972. Come ha fatto a rimetterla nel cassetto fino ad oggi, lo sa solo lui…

Non manca una canzone politica, in questo album che Bruce ha voluto uscisse prima delle elezioni per la Casa Bianca. “Rainmaker” è il mago della pioggia, un demagogo a cui la gente ha bisogno di credere, si spaccia per l’uomo dei miracoli ma ti porta via tutto. Comunque, Trump perderà, si é mostrato sicuro Springsteen in una delle tante interviste per l’uscita del disco. E speriamo che non si sbagli.

In questo “Letter to you”, come canta nella title track, il Nostro mette nero su bianco i suoi sogni e le sue paure, le sue certezze e i suoi dubbi, l’angoscia per essere rimasto l’unico in vita dei Castiles, il suo gruppo giovanile (è la storia del brano “Last man standing “) ma anche la voglia di guardare al futuro, sognando San Siro, come dice nel film di Thom Zimney uscito su AppleTV+ contestualmente al disco e con lo stesso titolo.

Quattro serate a San Siro, il sogno della E Street Band, che freme per poter ripartire.
Perche, come ha scritto Alessandro Portelli sul manifesto, “Bruce Springsteen é stato il primo a capire che il rock and roll non appartiene a un solo momento, a una fase adolescenziale della vita, ma é capace di accompagnare il tempo e intridersi di storia e memoria“.

  • Autore articolo
    Lorenza Ghidini
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