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L’ascesa degli attivisti anti-Pechino

Almeno quattro attivisti che hanno sostenuto le manifestazioni pro-democrazia di Hong Kong, due anni fa, sono stati eletti tra i settanta membri del Consiglio Legislativo dell’ex colonia britannica.

L’affluenza al voto è stata molto alta: 2,2 milioni di persone, a testimonianza di come la partecipazione politica in questa regione ad amministrazione speciale della Cina resti alta.

Tra gli eletti c’è Nathan Law, il 23enne che fu uno dei leader del “movimento degli ombrelli” e che oggi fa parte dell’appena fondato partito Demosistō.

“Penso sia un miracolo – ha detto Law, il cui partito sostiene l’indipendenza di Hong Kong dalla Cina -. E’ un risultato del tutto inaspettato. Nessuno avrebbe mai potuto immaginarlo. Ogni giorno, ogni notte, il nostro gruppo ha lavorato per volgere la sconfitta in vittoria”.

 

Insieme a Law, sono stati eletti al Consiglio Legislativo Yau Wai-ching, 25 anni, Sixtus “Baggio” Leung, 30 anni, e Cheng Chung-tai, 32enne membro del partito “Passione civica”.

Le loro vittorie, secondo gli analisti, sono il segno che una generazione di giovani attivisti sta sostituendo la vecchia classe politica. I nuovi gruppi sono tendenzialmente più radicali rispetto ai predecessori, e chiedono una rottura definitiva con la madre patria cinese dopo il 2047, quando il modello cinquantennale “un Paese, due sistemi”, adottato nel 1997, giungerà a scadenza.

L’ascesa dei nuovi militanti democratici mette da un lato in difficoltà i più stagionati politici della città. Alcuni temono una frammentazione del movimento di richiesta dei diritti. Ma l’ascesa dei più giovani e radicali è anche un problema per la politica cinese, che nei confronti delle richieste di autonomia dell’isola ha usato spesso gli strumenti di concessioni parziali e di cooptazione.

Dai primi risultati, un dato appare comunque certo. “Un passaggio generazionale è avvenuto“, come ha detto Jason Ng, autore di un libro sulla protesta generazionale di Hong Kong, Umbrellas in Bloom.

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    Diesel Euro 5, il blitz della lega contro il blocco che sarebbe scattato a fine anno: rimandato al 2026, riguarderà solo le grandi città

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    Per i lavoratori dei musei civici di Milano prima vittoria: 300 euro in più al mese e maggiori tutele

    I lavoratori e le lavoratrici dei musei civici milanesi hanno vinto la loro battaglia: ora saranno assunti con il contratto nazionale Federculture e non più quello Multiservizi. Significa, ad esempio, 300 euro al mese in più in busta paga e migliori tutele. I primi a beneficiare del cambio di contratto, dopo scioperi e proteste, saranno i lavoratori e le lavoratrici delle biglietterie. “Dopo due anni di lotta serrata all’interno dei Musei Civici di Milano arrivano le certezze sull’applicazione del CCNL Federculture nel primo appalto che va in scadenza, ovvero le biglietterie” spiega il sindacato USB Lavoro Privato che ha seguito la vertenza. “Dopo l’uscita del bando non solo con l’indicazione del Federculture, ma con anche tutte le altre garanzie fondamentali che abbiamo rivendicato con scioperi e in tutti gli incontri avuti con i consiglieri e con gli Assessori alla Cultura e al Bilancio, è stata data comunicazione ai lavoratori che quanto scritto nel bando troverà corrispondenza nel cambio appalto di settembre”. L’obbiettivo di sindacato e lavoratori è ora quello di cambiare il contratto in tutti gli altri bandi in scadenza, a partire da quello degli operatori di sala che scadrà a maggio 2026. Roberto Maggioni ha intervistato Elena Lott di USB Lavoro Privato.

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