Quando, nella notte tra il 31 dicembre e il 1° gennaio, arriverà su Netflix l’episodio finale di Stranger Things, saranno passati ormai quasi dieci anni dal debutto della serie, che avvenne un venerdì di luglio del 2016. All’epoca, per la piattaforma, era un titolo inedito come tanti, anche se ancora Netflix non distribuiva l’enorme mole di serie e film “Originali” che oggi sbarca ogni giorno nella sua library: Stranger Things era una storia per ragazzi creata da autori alle prime armi, con un cast di attori sconosciuti, eccezion fatta per Winona Ryder e Matthew Modine, che non erano però certo divi sulla cresta dell’onda ma ex star anni 80 e 90, da anni lontane dalle vette di carriera.
Stranger Things fu invece un successo immediato e dalle proporzioni epiche, e con il senno di poi non è difficile capire perché: gli autori, i fratelli gemelli Matt e Ross Duffer, avevano saputo ricostruire in quella prima gloriosa stagione lo spirito degli Amblin movie anni 80, titoli come E.T., Gremlins, I Goonies, Ritorno a futuro, incrociando con consapevolezza il sense of wonder di Steven Spielberg e la propensione al brivido di Stephen King. La serie non è semplicemente “ambientata negli anni 80”, non si tratta davvero di un’accurata ricostruzione storica: per essere precisi, potremmo dire che è ambientata dentro quel tipo di cinema anni 80, in un universo riconoscibile intessuto di citazioni cinefile e culturali (d’altronde, i fratelli Duffer sono nati nel 1984, dunque dei veri anni 80 non possono che avere solo dei ricordi vaghi di quando erano molti piccoli, e devono basare la loro percezione del periodo tutta sugli audiovisivi consumati a posteriori).
Stranger Things si è rivelata subito una macchina della nostalgia potentissima, capace di trasportare indietro alla propria infanzia un’ampia fetta di spettatori millennial e Generazione X. Ma è anche, al di là di tutto, una bella storia per ragazzi, appassionante e coinvolgente, con un cast perfetto, tutto di volti giusti, capace quindi di attirare, oltre ai ragazzini di ieri, anche quelli di oggi: infatti, nelle sue prime stagioni, la serie è diventata un fenomeno anche tra gli spettatori più giovani, quelli che dieci anni fa andavano alle scuole medie, o stavano finendo le elementari o iniziando le superiori. Insomma: Stranger Things aveva indovinato – in parte per puro caso – una formula in grado di appassionare profondamente sia i giovanissimi sia i trenta-quarantenni (e siamo certi che sia piaciuta pure a più di un boomer) – una formula che poi in tanti, su piccolo e grande schermo, hanno provato a riprodurre. Anche se successivamente è stata superata in numero di visualizzazioni da Squid Game, Mercoledì e Adolescence, Stranger Things è stata la vera serie che ha trascinato Netflix al successo globale e mainstream in anni in cui la visione in streaming non era ancora un’abitudine diffusa e collettiva.
Ora, quasi dieci anni dopo, è arrivato il momento di chiudere quest’avventura, con la quinta e ultima stagione. Dall’uscita della quarta sono passati ben tre anni (era andata in onda nell’estate del 2022, e già era stata molto ritardata dalla pandemia). La pubblicazione su Netflix di questa quinta e ultima annata è stata programmata in perfetta sintonia con le Feste, in un paradossale tentativo di tornare alla “diretta” televisiva, a quando guardare qualcosa in tv significava piazzarsi tutti quanti davanti allo schermo nello stesso momento: i primi quattro episodi di Stranger Things stagione 5 saranno disponibili per il Giorno del Ringraziamento, il 27 novembre; altri tre episodi arriveranno la sera di Natale in Usa (da noi, nella notte tra il 25 e il 26 dicembre); e il gran finale – lungo oltre 2 ore – sarà protagonista del Veglione di San Silvestro (in Italia verrà pubblicato dalle 2 del mattino del 1° dell’anno).
Un segno interessante di almeno un paio di cose: il desiderio di Netflix di prolungare il più possibile l’impatto di uno dei suoi maggiori successi, e il riconoscimento che un fenomeno di massa, per essere tale, deve essere percepito almeno in parte anche come un grande evento attorno a cui riunirsi tutti insieme – un’eventualità ormai quasi scomparsa nella frammentazione e nella personalizzazione delle visioni in streaming, proprio per la diffusione del modello Netflix. In questi quasi dieci anni è cambiato quasi tutto, non solo in tv, e il tempo si vede soprattutto sui volti e nei corpi degli attori ex ragazzini, ormai tutti ventenni: guardarli aggirarsi per Hawkins per l’ultima volta sarà un po’ come specchiarsi, e riconoscere anche un po’ quanto, nel frattempo, siamo ci siamo trasformati anche noi.


