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La paura dei musulmani d’America

Per rimanere in testa nei sondaggi delle primarie repubblicane, Donald Trump ha fatto un’altra uscita delle sue: ha proposto di vietare l’ingresso ai musulmani negli Stati Uniti.

L’istrionico miliardario ha improntato tutta la sua campagna elettorale sull’immigrazione e la sicurezza. Dopo la strage di San Bernardino, ha deciso di gettare benzina sul fuoco delle tensioni etniche e religiose che pervadono l’America.

La Casa Bianca gli ha risposto che un provvedimento del genere sarebbe contrario ai valori americani. Il Consiglio dei Musulmani d’America ha spiegato che “questa è la strada che porta al fascismo”.

Donald Trump non è molto preoccupato di queste reazioni. Lui, parla all’America bianca e profonda, alimentando le paure di questa parte della società statunitense.  Finora i sondaggi gli hanno dato ragione. Si contende il primato in casa repubblicana con l’altro outsider,  anche lui candidato non politico di professione, Ben Carson.

Il miliardario, come tutti i demagoghi parla alla pancia dell’elettorato. E trova terreno fertile. Soprattutto dopo il massacro californiano. Barack Obama ha cercato di rassicurare la nazione con il discorso dell’altra sera, ma la paura di altri attacchi dopo quello di San Bernardino è molto forte.

A farne le spese sono i musulmani d’America. Dopo gli attentati di Parigi avevano già avvertito il timore di possibili ritorsioni.  Ora, dopo la carneficina di Sayed Farouk e di sua moglie Tashfeen nel centro disabili, questo sentimento è diventato ancora più intenso.

Qualche giorno fa il Washington Post ha pubblicato un’inchiesta. Tra i musulmani americani c’è stanchezza e preoccupazione. L’idea che il massacro di San Bernardino possa diventare uno strumento in mano a chi vuole ancora lo scontro tra le civiltà, o lo voglia utilizzare per motivi politici ed elettorali,  crea angoscia.

Nel corso dell’ultimo decennio, dopo l’11 settembre,  ci sono stati numerosi episodi di islamofobia negli Stati Uniti, ma nulla che superasse il livello di guardia. In profondità, nelle vene nascoste dell’America, è però cresciuto un sentimento di diffidenza nei confronti dell’Islam.

Secondo il Pew Research Center, uno dei più autorevoli istituti di sondaggi, nel 2002 il 25% della popolazione pensava che la religione islamica avesse una tendenza alla violenza. Nel 2014, quella percentuale era salita al 50%, il doppio. Molti americani, come molti europei, non riescono a distinguere tra la religione e i gruppi fondametalisti armati. La confusione diventa sempre più grande.

E poi interviene chi vuole alimentarla, come Donald Trump. Lui sa bene cosa vuole sentirsi dire il suo elettorato. l’82% degli elettori repubblicani dice di essere molto preoccupato della crescita del terrorismo islamico nel mondo, quasi il doppio rispetto al 51% dei democratici.

Il risultato è quello che abbiamo già visto. La paura dei quasi dieci milioni di musulmani che vivono negli Usa di dover subire delle ripercussioni a causa delle loro fede. La possibilità che vengano inseriti tutti in uno speciale database, come qualcuno ha proposto, fa venire in mente la sorte dei cittadini  americani di origine giapponese chiusi nei campi di concentramento durante la Seconda Guerra Mondiale.

Nei casi più estremi,  questa recente ondata di avversione contro i musulmani si è già trasformata in minacce, atti vandalici, piccoli attentati.

Qui potete leggere l’elenco delle aggressioni dopo le stragi di Parigi proposto dal sito Buzzfeed

 

 

  • Autore articolo
    Michele Migone
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    Sono passati otto mesi da quando Alberto Trentini, operatore umanitario in Venezuela, è stato fermato e arrestato senza motivazione dalle autorità venezuelane mentre svolgeva il suo lavoro per una ong internazionale. Da quel giorno Trentini è in isolamento totale, senza contatti con l'esterno e con la sua famiglia. La madre del giovane chiede al Governo di attivarsi come ha fatto in altri casi. "In questo momento che Alberto è ancora in vita, è fondamentale il ruolo dell'informazione" queste le parole di Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo21. Alessandro Braga ne ha parlato con il nostro collaboratore Lorenzo Marcandalli che segue quotidianamente la vicenda.

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