Continua la campagna di Oxfam in collaborazione con Radio Popolare ed Il Fatto Quotidiano, “La grande Ricchezza”, per una tassazione globale dei grandi patrimoni. Si può continuare a firmare qui. Abbiamo intervistato Giorgiana Notarbartolo, che fa parte del movimento dei Patriotic Millioniares, il movimento dei milionari nato negli Stati Uniti per chiedere una maggiore tassazione a carico dei super ricchi.
Sui 260 milionari che hanno sottoscritto la lettera al World Economic Forum a gennaio di quest’anno, c’erano 3 italiani: Martino Cortese, nipote del fondatore di Amplifon, Giorgiana e Guglielmo Notarbartolo di Villarosa, discendenti dei Marzotto, la grande dinastia imprenditoriale vicentina del tessile, che aderiscono al movimento dal 2019. Giorgiana Notarbartolo vive da molti anni a Londra. È responsabile delle attività filantropiche e degli investimenti a impatto di Partners For Change (Pfc), l’ufficio che amministra il patrimonio del suo ramo familiare.
Mi permette una domanda, diciamo preliminare, perché le parole sono importanti. Come possiamo chiamarvi? Appunto, da una parte per non generalizzare, ma dall’altra per identificarvi: ricchi? Milionari? Miliardari?
Mi può chiamare Gio. Mentre per quanto riguarda la dimensione del mio patrimonio faccio parte dei Patriotic Millionaires e questo mi sembra un buon indicatore.
Allora partiamo da questo: quali sono le ragioni che hanno spinto lei ed altri a esporsi pubblicamente su un tema che non è molto popolare e divisivo, e lo si vede anche nel dibattito italiano, come quello delle tasse?
Dobbiamo ricordare che le tasse sono un meccanismo di redistribuzione della ricchezza e anche un caposaldo della democrazia in cui viviamo. Il mondo che ci circonda è in uno Stato di poli-crisi, cioè di molteplici crisi dove i costi sociali e climatici legati alla creazione della ricchezza che viene accumulata da pochi ricadono in particolar modo sui più svantaggiati. L’idea di redistribuzione attraverso la filantropia ha mostrato i suoi limiti e credo che questo sistema non stia servendo bene più nessuno, neanche quelli come me, cosiddetti ricchi. È questa la ragione per cui porto questo tema.
Il movimento di cui fa parte, quello dei Patriotic Millionaires, è un movimento che negli Stati Uniti è molto strutturato, mentre in Italia oltre alla sua famiglia e Martino Cortese non c’è nessun altro… Lei ne conosce altri che magari preferiscono non esporsi?
Non posso dire con certezza perché i Patriotic Millionaire siano così pochi in Italia. Altri forse non si espongono quanto mi espongo io. Io personalmente vivo fuori dall’Italia da quasi vent’anni. E non credo che sarei stata esposta a questo tipo di organizzazione, a questi tipi di concetti, se fossi rimasta a vivere in centro a Milano, e sono abbastanza certa che se mi fossi esposta sarebbe stato più difficile condividere queste idee e portarle avanti. Come ha detto lei non sono temi popolari. Il punto è che non stiamo dicendo affatto di tassare di più tutti, proprio no. Il principio del movimento di giustizia fiscale è riportare l’ago della bilancia di contribuzione dal lavoro al capitale, cioè strutturare le tasse affinché chi ha molto di più di quanto
necessita, come me, contribuisca in modo più equo.
Perché c’è questo timore a esporsi anche a chi, come lei, potrebbe farlo?
C’è anche una demonizzazione nel pagare le tasse. Che ha a che fare con un sistema di valori dove l’individuo e non il collettivo o la collettività sono al centro, quindi un discorso che potrebbe essere strettamente razionale viene vissuto quasi come un attacco personale. Però ricordo in modo vivo una conversazione avuta con alcuni amici di lunga data. Anche loro hanno una situazione di privilegio. È l’argomento per l’appunto che ritornava è che i governi spendono male le risorse e quindi meglio fare filantropia. Di fatto molti vedono ancora la massimizzazione dei profitti come l’unica funzione degli investimenti e la minimizzazione della contribuzione fiscale come l’approccio unico alle tasse. Personalmente vedo che questo sistema è fallito e non è più utile a nessuno, neanche ai cosiddetti ricchi.
Mi vien da dire che ha provato a parlarci, a convincerli, ma non li ha troppo convinti, insomma.
Sì, temo che lei abbia ragione.
Molte persone facoltose si dedicano alla fine alla filantropia. Finanziano opere caritatevoli, anche attività di impresa finalizzate al sociale. E come diceva, ritengono sia sufficiente così. Le chiedo quindi perché lei ha scelto di fare questo passo in più? Che non è solo una questione che riguarda che riguarda lei, il suo patrimonio, ma è anche un richiamo allo Stato, a quello che dovrebbe essere il suo dovere, cioè quello di garantire una maggiore equità di di redistribuzione delle risorse.
La questione della filantropia è molto interessante, anche anche culturalmente, all’interno di questo dibattito, perché è uno dei temi che spesso vengono utilizzati per dire, appunto, che tutto sommato, alzare le tasse non serve. E’ uno strumento importante e utile, ma non solo non garantisce la democrazia, ma non è uno strumento di redistribuzione della ricchezza. Lei ha detto che ci sono grandi donazioni, in realtà i dati mostrano che solo il 10% di coloro identificati come ultraricchi, quindi con un patrimonio superiore ai 30 milioni di euro, si dedica alla filantropia e coloro che danno donazioni contro la povertà sono meno del 10%, mentre la maggior parte delle donazioni vanno a tematiche care a questo gruppo di persone, come per esempio le arti. Bisogna ricordare che le donazioni ricevono agevolazioni fiscali, quindi in parte sono sovvenzionate dalla collettività. L’ultimo punto è che le donazioni filantropiche decrescono proprio quando ce n’è un maggior bisogno, cioè nei momenti di crisi.
Quindi mi stai dicendo che la questione della filantropia è anche una questione, in qualche modo di opportunismo.
Diciamo che al Patriotic Millionaires riteniamo che le fortune accumulate da alcuni e ridistribuite da una minoranza potrebbero essere utilizzate meglio se pagate in tasse, e spese secondo le priorità di un governo eletto democraticamente.
Ha citato una sfiducia nello Stato che c’è da parte di chi vive in una situazione di privilegio. C’è anche una questione ideologica, secondo lei, per il fatto che la filantropia legittimi di più la ricchezza rispetto ad una tassazione progressiva, per quanto c’è da dire che in Italia la legittimazione della ricchezza non sia certo in discussione, anzi, quando si affronta il tema c’è una discreta levata di scudi anche dalla politica.
È difficile delegare il proprio potere, la sfiducia nei governi è lampante. Ciò detto, c’è speranza, almeno io vedo speranza in un crescente corpo di filantropi e organizzazioni che lavorano sul rinforzare la democrazia e responsabilizzare e portare più trasparenza sulla spesa pubblica. Servizi che sono alla base del welfare sociale, la sanità, l’istruzione, le infrastrutture, vivono in costante deficit e per me investire nel nostro paese e nel benessere collettivo è il miglior modo di prevenire l’ulteriore collasso climatico e sociale. Un sistema fiscale più equo e dei governi che mettano al centro in modo trasparente il benessere collettivo sono essenziali per il futuro della nostra democrazia.
Lei prima diceva che molti miliardari hanno la massimizzazione dei profitti come principale se non unico obiettivo. C’è quindi anche un tema di avidità sistematica, insaziabilità tra le persone più ricche?
Penso che, persone ricche o no, se sono messe in condizione di fare la scelta giusta, la fanno. Ciò detto, credo anche che il boom della finanza, del consumismo e dell’individualismo degli anni 80 hanno spinto comportamenti e esasperato gli stessi. Vedo che viviamo in un mondo di molteplici crisi e spero, credo che sapremmo reinventarci costruendo su quello di buono che ci ha insegnato il passato e portando un nuovo cambiamento nel paradigma.
Questa non è la sua prima intervista, ma suoi interventi pubblici qui in Italia sono stati davvero molto, molto pochi. E’ stata recepita questa sua presa di posizione nell’opinione pubblica?
Sicuramente è un discorso nuovo. Più recente. I Patriotic Millionaires esistono da quattro anni, ma effettivamente, come lei dice, il discorso in Italia è iniziato solo nell’ultimo anno, anche nei media. Penso che ci sia un tempo una dinamica e ci sono dei discorsi che stanno crescendo. Come è stato poi recepito questo tema in Italia? Ma anche al di fuori, credo che abbia provocato in alcuni rabbia, in altri risentimento. Forse confusione, sorpresa, ma spero anche speranza. Per dire la verità, anch’io la prima volta che ho sentito parlare del concetto di giustizia fiscale ero sorpresa e confusa: come dicevamo prima, ridurre al minimo le tasse che si pagano e la mancanza di fiducia nei governi sono comportamenti endemici. La mia speranza è che chi ci ascolta, indipendentemente dalle condizioni economiche, si apra all’idea che si possa pensare e chiedere tutti insieme, indipendentemente dalla propria ricchezza, un sistema più equo e trasparente, nel quale pagare le tasse sia qualcosa che si fa con orgoglio nel contribuire ai servizi pubblici che supportano la nostra democrazia.
Non è paradossale che spesso quando si parla di queste questioni, anche persone che ne beneficerebbero in qualche modo fanno resistenza e che in questo momento lo dicevamo, magari non in Italia, ma una delle voci più forti che si sono sollevate sia quella dei miliardari?
Sì, è sicuramente paradossale, ma credo che non non siano solo i Patriotic Millionaires a fare questa battaglia, ci sono altre organizzazioni e persone, diciamo dal basso come lei ha detto. Il numero di persone che stanno portando avanti questa discussione è limitato, credo fondamentalmente perché per la reputazione delle tasse e del fatto che fondamentalmente c’è veramente questo concetto che le tasse da pagare vadano minimizzate e non c’è orgoglio nel contribuire al benessere collettivo.
Prossimi passi a cui lei pensa per provare ad ampliare a rendere sempre più pubblico questo discorso?
Patriotic Millionaires ha una lunga agenda in particolare che riguarda il G20, portare il tema di una tassazione sui grandi patrimoni a livello globale. Inoltre sto personalmente lavorando, con Patriotic Millionaires e altre organizzazioni nel campo della giustizia fiscale, per una mappatura di tutte le organizzazioni a livello globale esistenti che se ne occupano, e questo è necessario per portare avanti l’agenda.