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La lotta alla violenza di genere è una priorità?

I centri antiviolenza che chiudono per mancanza di finanziamenti, i corsi sull’educazione alla parità di genere nelle scuole che restano facoltativi, e contrastati dagli ideologi “anti-gender”, le associazioni antiviolenza tagliate fuori dai tavoli di coordinamento.

“La lotta alla violenza contro le donne è una priorità del governo”, ha detto la ministra con delega alle Pari opportunità, Maria Elena Boschi, dopo gli ultimi due femminicidi in 24 ore, a Caserta e Lucca: 76 donne uccise dall’inizio dell’anno. Ma gli scarsi finanziamenti restano bloccati, in uno scaricabarile tra governo e Regioni: 16 milioni di euro stanziati per il biennio 2013-2014 mai utilizzati da alcune Regioni, come la Lombardia – feudo del centrodestra – ma anche il Lazio guidato dal Pd. E poi ancora: i fondi del 2015-2016 (18 milioni) non sono ancora stati messi a bando dallo Stato.

Soldi che servirebbero come l’ossigeno ai centri antiviolenza, che danno un posto sicuro alle donne e spesso anche un sostegno al reddito, e che contano cinquecento posti, ma secondo il Consiglio d’europa ne servirebbero cinquemila.

Il decreto antiviolenza del 2014 ha sostanzialmente aumentato le pene per i femminicidi, ma ancora una volta i numeri dicono che la repressione, da sola, non funziona: la percentuale di recidiva tra chi è stato condannato per la violenza contro le donne è altissima, 8 su 10 compiono nuovamente lo stesso reato. Un decreto da cui è stato stralciato il piano per introdurre nelle scuole l’educazione alla parità di genere, finita nella “Buona scuola” ma non obbligatoria, esponendo insegnanti e presidi alle crociate ideologiche degli integralisti cattolici e della destra in nome dell’inesistente “gender”, un forte disincentivo a svolgerli, per molte scuole. E, ancora, la cabina di regia che si riunirà l’8 settembre non prevede la presenza delle associazioni, e l’osservatorio nazionale sulla violenza sessuale e di genere, previsto dalla legge, non è mai stato istituito e ad oggi non c’è una data per la sua nascita.

Difficile, in questo quadro, vedere la priorità evocata da Boschi.

Abbiamo rivolto questi interrogativi a Valeria Fedeli, ex sindacalista della Cgil, oggi vicepresidente del senato del Partito democratico, da sempre in prima fila per i diritti delle donne. Le abbiamo chiesto se si sente sconfitta in una battaglia dove hanno prevalso gli equilibri politici e di maggioranza con il centrodestra di Alfano, impedendo così di approvare provvedimenti più efficaci.

“E’ una battaglia aperta – risponde Fedeli – su un tema che non è emergenza ma è strutturale. L’aggravante sul femminicidio non è sbagliata, ma non è sufficiente, vanno incrementati e distribuiti i fondi. Tenerli bloccati è un errore politico grave”. Questo però è esattamente ciò che non è avvenuto.

“Non c’è una consapevolezza del fenomeno – continua Fedeli – lo si legge solo la mattina dopo che una donna che è stato uccisa. Non è una priorità dell’azione”, ammette la vicepresidente del Senato che però difende la ministra Boschi e rivendica i passi avanti fatti dal governo Renzi.

“Boschi ha la delega da solo un mese e mezzo, ora sbloccherà i fondi, e anche le linee guida nei percorsi formativi nelle scuole è uno sviluppo importante”.

Ma perché allora non sono stati resi obbligatori? “Ma anche la Costituzione non viene studiata nelle scuole, è un ritardo culturale complessivo”, si difende la vicepresidente del Senato. “Quando abbiamo chiesto di inserire l’educazione di genere nei percorsi scolastici nel Paese c’è stata un’alzata di scudi, e su questo la democrazia va rispettata, i problemi non sono arrivati dal Pd, ma dall’esterno, ed è già stato difficile mantenere la possibilità dei corsi all’interno della Buona scuola”.

Ascolta qui l’intervista a Valeria Fedeli

FEDELI

 

  • Autore articolo
    Massimo Alberti
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    1) “Gaza brucia di fronte al suo mare, testimone della sua tragedia”. L’esercito israeliano ha lanciato l’offensiva di terra sulla principale città della striscia. L’esodo in mezzo alle bombe. Quasi 90 i morti da questa mattina. (Valeria Schroter) 2) Israele come Sparta. Mentre l’ONU stabilisce che quello in corso a Gaza è genocidio, Netanyahu ammette l’isolamento internazionale e dipinge un futuro di autarchia e guerra permanente. (Anna Foa, Eric Salerno) 3) Gli Stati Uniti continuano a colpire il Venezuela. Trump punta a rovesciare il regime di Maduro con la scusa della lotta al narcotraffico. (Alfredo Somoza) 4) Cinquant’anni fa l’indipendenza della Papua Nuova Guinea. Il paese oggi è vittima della maledizione della ricchezza e rischia di finire ostaggio di un nuovo braccio di ferro tra occidente e Cina. (Chawki Senouci) 5) Spagna, l’estrema destra torna a riunirsi a Madrid. Il primo passo verso una grande alleanza di tutte le destre europee. (Giulio Maria Piantadosi) 6) Rubrica Sportiva. Julia Paternain, la maratoneta uruguayana entra nella storia vincendo la prima medaglia ai mondiali di atletica per il paese sudamericano. (Luca Parena)

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