
“Le temps est venu – il tempo è venuto – fedele all’impegno storico del mio Paese per la pace tra israeliani e palestinesi e alla soluzione a due Stati, la Francia riconosce oggi lo Stato di Palestina”. Erano più o meno le 21.30 in Europa, ieri sera, quando Emmanuel Macron ha pronunciato queste parole alla tribuna delle Nazioni Unite, sancendo solennemente il riconoscimento dello Stato palestinese da parte della Francia.
“Questo riconoscimento – ha continuato il presidente francese – è il modo di dire che il popolo palestinese non è un popolo di troppo che possa essere cancellato, relegato nell’oblio della Storia” e ancora “questo riconoscimento è la prima tappa del cammino verso la pace”.
Emmanuel Macron ha mantenuto la promessa fatta diversi mesi fa tra lo scetticismo generale in Francia, come sulla scena internazionale. E non solo, è riuscito in quello che sembrava un’ambizione velleitaria: convincere diversi Paesi, emblematici del cosiddetto campo occidentale, a seguirlo spostando di fatto il baricentro dell’Occidente in cui fino a ieri il riconoscimento dello Stato di Palestina restava minoritario.
Ora con Francia e Gran Bretagna, quattro membri permanenti su cinque del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite riconoscono lo Stato di Palestina lasciando soli gli Stati Uniti isolati nel non riconoscimento. E d’altra parte, come ha spiegato il segretario generale dell’ONU Guterres qualche minuto dopo, qual è l’alternativa, la soluzione dei due stati? La pulizia etnica, la guerra d’oltranza?
Facendo eco a Macron, che ha citato Isaac Rabin, che dichiarò “Ho fatto la guerra per tutta tutta la mia vita quando pensavo la pace impossibile, fino a quando ho visto una possibilità per la pace e ho smesso di fare la guerra”.