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La doppia menzogna di Fontana sulla zona rossa

lombardia

Ricapitoliamo, perché il pensiero di chi governa Regione Lombardia è ingarbugliato come una matassa. Il tema è quello dei dati sbagliati, che hanno costretto la Lombardia a una settimana di zona rossa, quando invece sarebbe dovuta essere arancione. Bene, per Fontana e company, prima è stata colpa del governo, poi di nessuno, ora, di nuovo del governo, in particolare del ministro Speranza.

Una posizione, quest’ultima, ribadita in consiglio regionale. In una sede istituzionale quindi, dove non si dovrebbero dire falsità. “Oggi cercherò di mantenere la mia consueta pacatezza anche se dovrò fare molto fatica, perché credo che la misura alla quale questo Consiglio regionale è giunto sia colma: la mancanza di rispetto nei confronti dei Lombardia e dei lombardi è andata oltre il consentito”, ha detto Fontana a inizio seduta. Ma la posizione del presidente lombardo cozza con i fatti. In primis, con la lettera che l’istituto superiore di sanità, in data 7 gennaio, ha mandato alla Regione per avvisare che c’era qualcosa che non andava nei dati comunicati. Da palazzo Lombardia nessuno ha replicato, segno che non si erano accorti dell’errore.

Ma questo dimostra anche che, a differenza di quanto affermato dai vertici lombardi, non è stata la Lombardia ad accorgersi dell’errore. Insomma, siamo di fronte a una doppia menzogna istituzionale, segno di disprezzo, questo sì, nei confronti dei cittadini lombardi. Forse Fontana e i suoi sodali dovrebbero prendere seriamente la richiesta, che ormai arriva da più parti, di dimettersi e lasciare il compito di governare la regione più importante d’Italia a chi saprebbe farlo. Invece, la maggioranza al Pirellone tira dritta, come se niente fosse, e anzi attacca. Come titolava, anni fa, un famoso giornale satirico? “Hanno la faccia come il…”.

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    Alessandro Braga
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    Troppo caldo, lavoratori in sciopero. 36 gradi nel capannone dove si producono componenti per i condizionatori. Il paradosso è che, in quella ditta, si producono scambiatori di calore, componente fondamentale per gli impianti di climatizzazione. Che però, nei capannoni della Emmegi di Cassano d’Adda, non ci sono. La conseguenza, temperature roventi, che superano i 36 gradi, e condizioni di lavoro inaccettabili. Per questo lavoratori e lavoratrici stanno scioperando, per ottenere almeno un po’ di refrigerio, che però al momento viene negato dalla proprietà, che anzi ha incaricato un consulente per farsi dire che “la temperatura è acettabile”. Maurizio Iafreni è Rsu Fiom alla Emmegi e responsabile della sicurezza: (foto Fiom Cgil)

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