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La caduta della casa degli Usher: Flanagan traspone Poe

la caduta della casa degli usher

Mike Flanagan è un regista americano, nato nel 1978 a Salem, in Massachusetts: chissà se questo luogo, celebre per esser stato sede di una tragica suggestione collettiva e della più celebre caccia alle streghe degli Stati Uniti (e forse di sempre), ha contribuito a spingerlo verso il genere horror (in realtà, a Salem lui è rimasto pochissimo: suo padre era un ufficiale della guardia costiera e la famiglia traslocava spesso). Oggi, Flanagan è riconosciuto come uno dei più apprezzati autori del genere horror, dotato di temi, poetica e stile ben definiti. Dopo diversi titoli cinematografici – Somnia, Il terrore del silenzio, capitoli delle saghe di Oculus e Ouija – ha attirato l’attenzione con l’adattamento realizzato per Netflix di un romanzo di Stephen King, Il gioco di Gerald, e il suo successo è esploso con una serie, intitolata The Haunting of Hill House, distribuita sempre su Netflix nel 2018. Tra i titoli più visti della piattaforma, ha raccolto il plauso unanime della critica, e ha dato anche il via a una – strameritata – riscoperta di Shirley Jackson, fondamentale scrittrice statunitense attiva tra gli anni 40 e 60 del Novecento. Il suo L’incubo di Hill House (in Italia ripubblicato da Adelphi) è considerato uno dei migliori racconti di fantasmi di sempre, ed è a questo romanzo breve che si è ispirato Flanagan per la sua serie. Due anni dopo, nel 2020, Flanagan è tornato con The Haunting of Bly Manor, questa volta adattando un altro grande romanzo gotico, Giro di vite di Henry James, e quest’anno – dallo scorso 12 ottobre, ancora una volta in tempo per Halloween – ha portato su Netflix una nuova miniserie, La caduta della casa degli Usher, trasposizione di un racconto di colui che è considerato il padre della letteratura dell’orrore, Edgar Allan Poe.

Questi tre titoli, nei quali ritornano gli stessi attori in ruoli differenti, possono essere considerati una serie antologica (i primi due lo sono ufficialmente, anche nel titolo che ripete The Haunting, “l’infestazione”), accomunati dalla fonte letteraria, dalla presenza di magioni maledette, e soprattutto da un racconto dell’orrore che fa rima con profondi traumi familiari (uno dei motivi per cui Flanagan è apprezzato è che, a differenza di molta produzione horror, evita di affidarsi a spaventi “facili” e a “salti sulla sedia”, ma preferisce lavorare sulla costruzione della tensione e dell’inquietudine). Nel frattempo, Flanagan ha realizzato per Netflix altri due titoli, la miniserie originale Midnight Mass – dalle atmosfere decisamente kinghiane, e incentrata su temi religiosi – e la serie The Midnight Club, dedicata a un target adolescenziale, tratta da una serie di romanzi per ragazzi scritti da R.L. Stine (lo stesso autore di Piccoli brividi: a proposito, in questi giorni su Disney+ è arrivata anche una nuova serie tratta da questi libriccini cult). Nonostante il successo, i rapporti tra Flanagan e Netflix si sono però raffreddati, al punto che l’autore ha deciso di abbandonare la piattaforma e trasferirsi su Prime Video: La caduta della casa degli Usher è l’ultimo suo titolo realizzato per il servizio streaming della grande N rossa.

Come già con Shirley Jackson e Henry James, anche l’adattamento di Poe non è una trasposizione pedissequa (da ricordare che il romanzo in questione è stato trasposto molte volte al cinema, i due casi più famosi sono l’omonimo capolavoro del muto firmato nel 1928 da Jean Epstein, e I vivi e i morti, realizzato nel 1960 da Roger Corman). La versione di Flanagan ha un’ambientazione contemporanea, e la famiglia Usher protagonista – i due fratelli Roderick e Madeleine – diventa chiaramente ispirata alla famiglia Sackler, la dinastia di miliardari dell’industria farmaceutica che con la commercializzazione dell’OxyContin ha maggiormente contribuito all’epidemia di tossicodipendenza che ancora oggi imperversa negli Usa. I Sackler hanno dichiarato bancarotta, hanno pagato una multa, sono fuggiti in Europa e non hanno pagato con nessuna vera conseguenza importante il loro ruolo in una crisi che – si stima – tra il 1999 e il 2016 ha causato circa 453 mila morti solo negli Stati Uniti. Per saperne di più, dal 28 ottobre su Sky è approdata la miniserie doc Big Pharma – Il crimine del secolo, realizzata dallo specialista in documentari d’inchiesta Alex Gibney, mentre su Disney+ è disponibile l’ottima serie con Michael Keaton e Rosario Dawson Dopesick, e su Netflix Painkiller con Matthew Broderick, entrambe ricostruzioni con attori della vicenda. Per ricordarci che l’horror di Halloween – e del cinema e della tv – può essere divertente, mentre nulla può fare paura come la realtà.

  • Autore articolo
    Alice Cucchetti
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    “L'abbiamo vista arrivare”. La tecnica dell’odio secondo chi la studia da anni

    L'uccisione negli Usa di Charlie Kirk rischia di innescare un incendio che travalica i confini americani. Da subito la destra “globale” ha lanciato in quasi in tutto l’occidente una campagna contro la sinistra – a tutte le latitudini e senza distinzioni - accusandola di essere complice se non responsabile di quella morte. È un passo in più, nel paradosso in cui siamo immersi: chi ha alimentato campagne di odio ora accusa gli altri di fomentarlo. Una confusione da cui sarebbe necessario uscire rimettendo in fila i fatti, le cause, gli effetti e il loro intreccio. L'intervista di Massimo Bacchetta a Federico Faloppa, docente di “linguaggio e discriminazione” all’Università di Reading (UK), prova a farlo. Federico Faloppa è anche referente scientifico per la “Rete per il contrasto ai discorsi e fenomeni d’odio”.

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