Iniziative

 

 

Iuventa: una storia di impegno, rabbia e umanità

Un gruppo di ragazzi tedeschi, facce pulite, che t’immagini più chini sui libri di testo che sulla plancia di una nave a salvare migranti. Eppure hanno fatto proprio così. Fino a quando la magistratura italiana ha deciso di sequestrare la loro imbarcazione, accusandoli di essere in combutta con i trafficanti di esseri umani.

Ma questo riassunto del documentario “Iuventa”, girato da Michele Cinque, non è esaustivo. C’è molto di più. Ed è proprio per quel “di più” che il Festival dei Diritti Umani ha proposto a Radio Popolare di proiettarlo mercoledì 18 luglio in Auditorium. (Posti esauriti).

In “Iuventa” c’è per esempio il racconto di come un gruppo di giovani esce da questa esperienza traumatica, fatta di gioia per i salvataggi eseguiti, tristezza per quelle sacche nere con i cadaveri, grandi dubbi su come proseguire perché – dice uno di loro – «non possiamo continuare all’infinito a salvare persone e scaricarle sulla terra ferma». Ma c’è ancora dell’altro: a quella fase di riflessione, basata su numeri, dati e sensazioni, seguirà una seconda stagione di salvataggi nel mare tra Libia e Italia, fino al sequestro della “Iuventa”. Sgomento, voglia di reagire, ma anche di mollare tutto: se i magistrati ti accusano di essere collusi con i trafficanti e ti lasciano marcire la nave con cui avevi salvato 15.000 vite umane che senso ha continuare? Dentro il documentario di Michele Cinque c’è il racconto di un pezzo di mondo giovanile che non sta imbambolato sullo smartphone ma affronta i grandi problemi del mondo; l’opposto degli “sdraiati”, forse un po’ velleitari, ma che non accettano di rimanere inerti; c’è anche il risultato della campagna contro le ONG, che ora con il Governo Salvini-Di Maio sta raggiungendo picchi di sguaiataggine pericolosi.

Vedere il documentario sulla “Iuventa” non è terapeutico: non è una visione che deve consolare, è una mobilitazione per non cedere all’imbarbarimento della politica. Il fatto che in tanti abbiate risposto positivamente all’invito, fino a superare la capienza dell’Auditorium Demetrio Stratos, è un piccolo segnale controcorrente. Buon vento.

Proiezione del documentario 18 luglio,dalle 20.30, nell’Auditorium Demetrio Stratos, via Ollearo 5, Milano.

Partecipano: Michele Cinque, regista; Barbara Sorrentini, Radio Popolare; Danilo De Biasio, Festival dei Diritti Umani. In collegamento Luigi de Magistris, sindaco di Napoli. 

 

FDU_18_07_Iuventa

  • Autore articolo
    Danilo De Biasio
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    1) La guerra in Sudan continua e la crisi umanitaria si allarga. Le responsabilità, però, vanno ben oltre i confini del paese africano. (Giulia Chiopris - MSF, Emanuele Valenti) 2) “La guerra non si è fermata ha solo cambiato volto”. A Gaza la pace non esiste: almeno 236 palestinesi sono stati uccisi dall’entrata in vigore del cessate il fuoco. (Ezzideen Shehab) 3) “Maduro ha i giorni contati”. A colpi di raid e fake news, Donald Trump tenta di sollecitare la spallata interna al regime venezuelano. (Alfredo Somoza) 4) Spagna, a un anno dall’alluvione di Valencia l’indignazione popolare costringe il governatore Mazon alle dimissioni. (Giulio Maria Piantadosi) 5) Messico, l’omicidio del sindaco di Uruapan Carlos Manzo, che voleva rompere il compromesso sempre più stretto tra politica e narcotrafficanti. (Andrea Cegna) 6) New York, la vigilia. Domani il voto per il sindaco della città, un’elezione guardata con attenzione anche da Washington. (Roberto Festa) 7) Belem 2025, ultima chiamata. Il diario della Cop30: temi, obiettivi e sfide. (Alice Franchi)

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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