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Ischia è piena di case abusive. Creano consenso

La procura di Napoli potrebbe aprire un’inchiesta per disastro colposo in seguito al terremoto che lunedì sera ha colpito Ischia, e in particolare il comune di Casamicciola. Per ora i magistrati fanno sapere che sono in corso accertamenti preliminari – rilievi tecnici e relazioni dei vigili del fuoco – per verificare se gli edifici crollati violassero permessi edilizi e norme antisismiche.

Una prima conferma in questo senso è arrivata dal capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, sul posto per coordinare i soccorsi: “Quello che ho potuto vedere oggi è che molte costruzioni sono realizzate con materiali scadenti che non corrispondono alla normativa vigente, per questo alcuni palazzi sono crollati o rimasti danneggiati”. Alla domanda se ci sia un legame tra abusivismo e crolli, Borrelli ha risposto: “Secondo me sì, ma non necessariamente, perché può esserci una costruzione abusiva fatta bene e una costruzione che rispetta le norme di legge fatta male, per cui poi bisogna vedere come sono realizzate”.

In passato, a Ischia, la procura di Napoli ha già condotto numerose indagini contro l’abusivismo diffuso. Aldo De Chiara è stato procuratore aggiunto fra il 2007 e il 2012, a lui venne affidato il coordinamento della sezione tutela del territorio del capoluogo campano. Per i suoi provvedimenti sulla demolizione di case abusive sull’isola subì anche minacce di morte. Lo abbiamo intervistato.

Procuratore De Chiara, secondo lei perché questa scossa ha provocato danni, crolli e due vittime?

“Allo stato attuale non sappiamo se sono crollati immobili illecitamente realizzati. Se così fosse, io non mi meraviglierei più di tanto. Nel corso della mia esperienza professionale ho detto più volte che, anche in presenza di una scossa di terremoto non particolarmente marcata, un edificio costruito non a norma di legge sarebbe potuto facilmente crollare. Perché, quando si costruisce al di fuori di ogni normativa, si tende a risparmiare anche su un uso non idoneo del cemento. Quindi vale la pena di ribadire che l’abusivismo edilizio è soprattutto un pericolo per la pubblica e privata incolumità, innanzitutto per chi vi abita”.

Le vostre indagini allora a cosa portarono oltre alla scoperta di cemento “impoverito”?

“Incontrammo anche omissioni e ritardi da parte delle pubbliche amministrazioni, non solo sull’isola di Ischia, ma in tante realtà del Mezzogiorno che sono poco determinate nel reprimere gli abusi edilizi. E’ noto che chiudere un occhio porta consensi. Al contrario, usare la mano forte non crea quel consenso di cui il politico ha bisogno. L’esempio recente di Licata, mi pare che calzi abbastanza. Quando un sindaco vuole fare il suo dovere in questo settore delicato, prima o poi viene messo alla porta”.

Lei aveva ricevuto minacce per le decisioni che aveva preso sulle demolizioni delle case abusive?

“Sì, nel periodo 2009-2010-2011, quando la nostra azione si è fatta più incisiva, sono arrivate delle minacce di morte che ovviamente non hanno fatto arretrare di un millimetro l’operato mio personale e dei miei sostituti procuratori. Siamo andati avanti comunque e abbiamo continuato ad abbattere. Con grande fatica però, perché le resistenze sono molteplici. Per esempio, nonostante in Italia l’autorità giudiziaria sia indipendente dagli altri poteri, per portare a termine delle demolizioni ha bisogno di risorse finanziarie, ma queste risorse finanziarie le può chiedere – badi bene – solo il sindaco nel cui territorio si deve demolire. E se il sindaco non è ‘sensibile’, i soldi tardano a venire e questo ritarda tutta la procedura, diffondendo quell’impunità che è un dato sotto gli occhi di tutti”.

Entro 500 metri dal mare è vietato costruire. Come stanno invece le cose?

“Purtroppo si costruisce eccome. Io adesso mi trovo in una delle zone più belle d’Italia – il Cilento – eppure anche qui si costruisce al di là della fascia e nella fascia, perché non c’è una repressione seria e quindi la gente è convinta che valga la pena violare la legge, tanto poi alla fine non si paga molto. Mi dispiace parlare in questi termini ma non ne trovo altri. Le demolizioni sono poche rispetto al numero di edifici che dovrebbero essere abbattuti e quindi la gente rischia e il più delle volte la fa franca”.

A proposito di rischi, nel 2013 a Casamicciola ci fu un episodio significativo. Ce lo ricorda?

“Un temporale intenso portò via il costone di una collinetta che travolse una casa che non avrebbe potuto essere lì, in una zona sottoposta a vincolo idrogeologico. La persona che la occupava morì. A dimostrazione di quello che dicevo prima”.

E’ vero che si costruivano case abusive anche di notte?

“E’ una costante, ancora oggi. Molti anni fa si credeva erroneamente che se si riusciva a realizzare il tetto, l’immobile non poteva essere sequestrato. Una valutazione totalmente destituita di fondamento, tanto che si possono sequestrare anche immobili già ultimati”.

Quindi, in sostanza, si continua a costruire abusivamente sperando nei condoni?

“Putroppo sì. E anzi i condoni del 1985, del ’92 e del 2003 hanno alimentato questo diffuso senso di impunità”.

Il sindaco di Casamicciola oggi dice: “I crolli non sono dovuti all’abusivismo, noi non siamo dei banditi”.

“Ne prendo atto e mi fa piacere, ma questo non esclude che il problema esista. Se poi lunedì sera nessun immobile abusivo è crollato ne prendo atto e fortunati coloro che li occupavano. Il sindaco di Casamicciola dovrebbe porsi il problema di quanti immobili abusivi sono stati realizzati nel suo territorio e assumere gli impegni che la legge gli impone”.

In sintesi, qual è il suo giudizio sul disegno di legge Falanga sull’abbatimento degli edifici abusivi?

“Al di la delle finalità che in astratto possono essere condivise, per come è scritto, se dovesse essere tradotto in legge operativa, creerà ulteriori difficoltà all’autorità giudiziaria per l’applicazione della legge penale”.

  • Autore articolo
    Piero Bosio
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    Piazza Fontana: ricordiamo la strage e la risposta democratica

    Anniversario numero 56 per la Strage di Piazza Fontana, quest’anno oltre alle istituzioni nella celebrazione del pomeriggio parleranno una studentessa di un liceo milanese e uno dei vigili del fuoco che entrarono per primi dopo lo scoppio della bomba, ci spiega Federico Sinicato, presidente dell’Associazione dei Familiari delle vittime di Piazza Fontana. “L’importanza del 12 dicembre va al di là della celebrazione e del ricordo che si fa in piazza, è una data storica per l’intero Paese perché è l’inizio della strategia della tensione che produce effetti devastanti e blocca di fatto il grande movimento di riforma del Paese nato dalle lotte dei lavoratori e degli studenti, basta pensare che l’approvazione del Senato dello Statuto dei lavoratori è del 11 dicembre, il giorno prima, il momento fu scelto come risposta all’avanzata dei diritti e se pensiamo che oggi questi valori vengono rimessi in discussione. E’ una data sacra per il Paese”, In Piazza dopo le celebrazioni istituzionali ci sarà il corteo dei movimenti con partenza alle 18.30 da Piazza XXIV Maggio. E ci sarà anche l’inaugurazione del memoriale “Non dimenticarmi“, un’installazione permanente nata dal basso che ricorda le vittime delle stragi, donata al Comune di Milano e installata in Piazza Fontana. L'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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