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Iran invitato ai negoziati sulla Siria

Il primo ministro iraniano Mohammad Javad Zarif e una delegazione di Teheran parteciperanno venerdì ai negoziati di Vienna sulla crisi siriana. Lo conferma l’agenzia iraniana ISNA. La notizia, unita alla probabile decisione americana per un “più diretto impegno” nella guerra contro l’ISIS, rappresenta un deciso cambiamento di passo rispetto al passato, soprattutto da parte di Washington.

“Abbiamo considerato l’invito – ha spiegato un portavoce del minister degli esteri iraniano – ed è stato deciso che il nostro primo ministro parteciperà ai negoziati”. La scelta arriva dopo una dichiarazione di Washington, nelle scorse ore, secondo cui Teheran, un alleato chiave di Damasco e del presidente Assad, sarebbe stato “con ogni probabilità” invitato a Vienna.

Per capire l’importanza dell’annuncio vale proprio la pena di rivolgersi all’amministrazione americana. Per anni, almeno fino ai negoziati di Ginevra sul nucleare, i governi USA si sono rifiutati di negoziare alcunché con il regime degli ayatollah. L’Iran era parte di quell’“asse del male”, sponsor del terrorismo, con cui gli Stati Uniti escludevano qualsiasi negoziato.

Poi è venuto, appunto, l’accordo di Ginevra sul nucleare. E, soprattutto, sono intervenuti altri due fatti importanti. L’inizio della campagna militare della Russia in Siria, con il sostanziale appoggio di Teheran allo sforzo russo; e lo stallo delle operazioni militari USA contro l’ISIS.

Il via libera degli Stati Uniti alla partecipazione iraniana ai colloqui di Vienna – dove saranno presenti anche la Russia, i paesi arabi e l’Europa – va però vista nell’ambito di una più generale riconsiderazione dello sforzo bellico USA in Iraq e Siria.

Martedì il segretario alla difesa USA Ashton Carter, in una testimonianza davanti alla Commissione delle Forze Armate del Senato, ha spiegato che gli Stati Uniti sono pronti ad assumere una più “diretta azione” nei confronti dell’ISIS. In altre parole, l’amministrazione starebbe pensando, di fronte al sostanziale fallimento dei piani anti-Stato Islamico, di arrivare a un’escalation militare.

Carter ha riassunto la nuova strategia americana in “tre R: Raqqa; Ramadi e raids”. Ciò significa, in Siria, che gli Stati Uniti sono pronti a fornire equipaggiamento militare e raid aerei a sostegno della coalizione arabo-siriana che cerca di strappare Raqqa ai militanti islamici. In Iraq, gli USA sono pronti ad appoggiare l’avanzata delle truppe regolari verso Ramadi, la capitale della provincia di Anbar. Quanto ai raid, come ha spiegato Carter, Washington “non intende venir meno all’impegno preso con gli alleati per condurre attacchi dal cielo”.

Parlando di “un’azione diretta”, è però ovvio che il segretario alla difesa americano pensa a qualcosa di più e di diverso. E cioè, alla possibilità che i soldati americani possano partecipare ad azioni militari di terra contro i militanti islamici (notizia peraltro già anticipata ieri dal Washington Post). La cosa sarebbe un’implicita sconfessione della politica sin qui seguita da Barack Obama, che nei mesi scorsi ha escluso un impegno di soldati a terra e si è sempre, in privato, detto contrario all’efficacia di un’escalation militare.

L’evoluzione delle condizioni sul campo sembrerebbero però aver convinto Obama della necessità di scelte diverse. Ci sono le truppe russe, che sinora hanno preso di mira soprattutto le forze ribelli siriane appoggiate dagli USA; c’è il riconoscimento del fallimento delle operazioni di addestramento degli stessi gruppi dell’opposizione siriana, costate al Pentagono 500 milioni di dollari; c’è, soprattutto, la realtà della forza che l’ISIS mantiene nelle aree sotto il suo controllo.

Di qui il cambiamento di rotta del presidente e una scelta che, anche umanamente, gli deve essere costata molto. Obama, che era salito al potere con la promessa di chiudere le “guerre americane”, conclude i suoi due mandati con il rinvio del ritiro dall’Afghanistan e l’escalation in Siria e Iraq.

  • Autore articolo
    Roberto Festa
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    Aree interne, non piace il riferimento del governo al declino demografico: per Legambiente nell’Oltrepo pavese c’è un’inversione di tendenza

    Nuova strategia e organismi di gestione per i fondi per le aree interne fino al 2027. Lo ha deciso il governo, con poca convinzione nella possibilità di invertire lo spopolamento e il declino economico di ampie zone d’Italia, più al sud che nel centro nord. In tutto ci vivono oltre 13 milioni di persone. In Lombardia le aree interne sono Valcamonica e Valcamonica in provincia di Brescia, Val d’Intelvi in quella di Como, e l’Oltrepo pavese. Per supportare questi territori ci saranno strutture dalla presidenza del consiglio alle regioni, passando per gli enti territoriali comprensoriali che dovranno attivarsi per coordinare il lavoro in rete. Come nella precedente strategia rimangono centrali i servizi per chi vive in questi territori, dalla sanità alla scuola, passando per le connessioni digitali e i trasporti. L’invecchiamento della popolazione, secondo il documento del governo, appare maggiore in questi territori, i migranti possono aiutare a diminuire questa prospettiva, così come ci sono segnali di ripresa del commercio in alcuni territori. Fabio Fimiani ha sentito Patrizio Dolcini di Legambiente Oltrepo pavese, una delle aree interne della Lombardia.

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    Jazz in un giorno d'estate di martedì 01/07/2025

    “Jazz in un giorno d’estate”: il titolo ricalca quello di un famoso film sul jazz girato al Newport Jazz Festival nel luglio del ’58. “Jazz in un giorno d’estate” propone grandi momenti e grandi protagonisti delle estati del jazz, in particolare facendo ascoltare jazz immortalato nel corso di festival che hanno fatto la storia di questa musica. Dopo avere negli anni scorsi ripercorso le prime edizioni dei pionieristici festival americani di Newport, nato nel '54, e di Monterey, nato nel '58, "Jazz in un giorno d'estate" rende omaggio al Montreux Jazz Festival, la manifestazione europea dedicata al jazz che più di ogni altra è riuscita a rivaleggiare, anche come fucina di grandi album dal vivo, con i maggiori festival d'oltre Atlantico. Decollato nel giugno del '67 nella rinomata località di villeggiatura sulle rive del lago di Ginevra, e da allora tornato ogni anno con puntualità svizzera, il Montreux Jazz Festival è arrivato nel 2017 alla sua cinquantunesima edizione.

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    E’ morto l’architetto Francesco Borella, per tanti il papà del Parco Nord Milano. Lo ha diretto per venti anni dagli inizi degli anni ‘80, quando lo ha progettato insieme al paesaggista Adreas Kipar. Cava dopo cava, orto spontaneo dopo orto spontaneo, aziende agricole in dismissione dopo aziende agricole a fine ciclo, ha rigenerato e riconesso con percorsi ciclopedonali l’ampia area che tra Sesto San Giovanni e Cinisello Balsamo si estende a Cusano Milanino, Cormano e ai quartieri milanesi di Affori, Bruzzano, Niguarda e Bicocca. Un parco che negli anni ‘70, quando è stato voluto con le mobilitazioni popolari, sembrava impensabile che potesse avere le presenze che ha il più noto e storico Parco di Monza. Fabio Fimiani ha chiesto un ricordo dell’attuale presidente del Parco Nord di Milano, Marzio Marzorati. Radio Popolare si stringe affettuosamente con un abbraccio ai figli Joanna, Cristiana, Giacomo e Sebastiano Borella.

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