Approfondimenti

“In Russia siamo sottoposti a un ricatto: se parliamo perdiamo tutto”

Manifestazioni a San Pietroburgo contro la guerra in ucraina

Siamo tornati a parlare con Speranza, la cittadina russa di cui non possiamo fare il vero nome per paura di ritorsioni nei suoi confronti. Ha preso parte alle manifestazioni contro la guerra in Ucraina nella città russa in cui vive. Con lei dialoghiamo tramite i social che lei usa in modo clandestino. Le abbiamo chiesto di dirci cosa sanno i russi sull’andamento della guerra.

Non abbiamo informazioni veritiere sull’andamento della guerra in Ucraina. Con la nuova legge bavaglio nessun giornale, televisione o radio può parlare di guerra e dire cosa stia realmente succedendo. L’informazione ufficiale dopo un mese ha parlato di 1300 soldati russi uccisi, ma noi sappiamo che sono molti di più, anche se nessuno può verificarlo. La gente che guarda la tv sa solo questo. Chi usa i social in modo clandestino, come faccio io, e segue la Bbc o la Cnn riesce avere un quadro molto più completo della situazione sul terreno, ma non del tutto preciso. Putin ha detto che in Ucraina sono stati mandati solo soldati professionisti, ma questo non è vero. Per esempio ci sono madri a San Pietroburgo che si sono rivolte ad associazioni per i diritti umani per tentare di riportare a casa i loro figli, soldati di leva che non avevano firmato per andare in Ucraina. So che un paio di loro sono riusciti a tornare a casa. Sappiamo anche che il Presidente Zelensky ha detto che i russi non vogliono indietro i cadavere dei loro soldati per evitarli di rimandarli alle loro famiglie. E’un fatto che ci preoccupa molto, ma che non ci sorprende. Putin ha appena firmato un altro decreto per l’arruolamento di altre migliaia di giovani coscritti. Il governo russo nega poi che ci siano bombardamenti sui civili ucraini, e che se i civili muoiono e perché vengono usati come scudi umani dai militari di Kiev ma è evidente anche a noi che si tratti solo di una bugia. I civili morti sono sempre di più e non si possono più nascondere.

Ma quale è il grado di consenso nei confronti di Putin?

Ieri è stato pubblicato un sondaggio che dice che l ‘80% dei russi appoggia Putin e il 73% è favorevole alla guerra. Bisogna stare attenti a percentuali del genere. Siamo in un momento in cui tutti hanno paura di dire la loro. Se ti telefona uno e ti chiede: appoggia Putin ? Tu che fai? Dici no? Difficile. Questo significa che le percentuali sono gonfiate, ma non vuol dire che Putin non abbia consenso. Io vivo in una grande città, ma se abiti nella Russia profonda hai solo la televisione come fonte d’informazione e allora è facile pensar che ti bevi tutte quelle bugie sui nazisti a Kiev. Perciò, forse il sondaggio esagera, ma purtroppo Putin ha ancora seguito.

Prima parte – 23/03/2022

La chiameremo Speranza. È una donna che nelle scorse settimane ha partecipato alle manifestazioni contro la guerra in Ucraina di Vladimir Putin. È scesa in piazza nella città in cui vive e lavora. Ha sfidato il regime. E per farci avere le sue impressioni e il suo racconto, lo ha sfidato ancora. In base alle nuove leggi sulla censura decise dal Cremlino, per dirci quello che leggerete rischia alcuni anni di carcere. La prima domanda che le abbiamo fatto è su cosa pensino i russi dell’invasione in Ucraina.

È impossibile avere una statistica su cosa pensino realmente i russi rispetto a questa guerra. Tutti hanno paura di rispondere a questa domanda. Posso dirti quello che pensano le persone che conoscono. Insegno all’Università, nella mia facoltà, la maggior parte delle persone sono contro la guerra. Abbiamo anche scritto una lettera aperta anche se sappiamo che è molto pericoloso farlo. Ma non volevamo stare in silenzio. Abbiamo però deciso di non rendere pubbliche le firme degli studenti che l’hanno sottoscritta perché noi abbiamo il timore, loro hanno il timore, di essere arrestati. Un paio di persone della facoltà che io conosco due settimane fa erano d’accordo con la guerra, non so se adesso abbiano cambiato idea. Loro sono dei sostenitori di Putin e non penso che cambieranno idea tanto facilmente. Diversi studenti della facoltà sono stati fermati o arrestati nelle recenti manifestazioni per la pace. Io stessa sono stata fermata una notte e tenuta al commissariato di polizia. Non è stata una bella esperienza. Ovviamente avevo paura, ma eravamo in tanti. Mi hanno multato per la partecipazione alla manifestazione. Ma il mio timore è che se vogliono, possono sbattermi in galera per alcuni anni dopo che hanno firmato le nuove leggi, come quella che dice che non si può usare la parola Guerra in pubblico o che non puoi comunicare in internet, non puoi parlare di questa guerra in internet. È una brutta situazione. Siamo tutti scioccati. Siamo addolorati e ci sentiamo tutti un po’ responsabili per quello che sta succedendo. Il nostro governo… non che io lo abbia votato, io mi oppongo da tempo, non mi è mai piaciuto e lo dicevo, ma adesso è impossibile farlo. Abbiamo tanti problemi qui, ma niente a che vedere con le sofferenze degli ucraini: le persone sono uccise, perdono la loro casa. Per noi è anche difficile immaginarci di trovarci in una situazione del genere. È gente come noi e noi non possiamo fare nulla. È molto doloroso.

Adesso non abbiamo più notizie di manifestazioni di piazza…

Ci sono state diverse manifestazioni, ma adesso non puoi neppure tentare di farle. Per esempio: tiri fuori una bandiera ucraina e un poliziotto ti blocca subito. Molta gente ha paura, altri la hanno, ma cercano comunque di trovare un modo per esprimere la loro opposizione. Per esempio, molte persone girano con striscia di stoffa verde sugli abiti: è un segnale per dire no alla guerra. I ragazzi sono contro questa guerra. Non sono contro le sanzioni occidentali anche se per loro non è piacevole, che so… non poter giocare con la play station come hai fatto finora, ma non gli importa, non ne parlano. Parlano delle persone che muoiono in Ucraina. Almeno così fanno i ragazzi che conosco io.

Quale è stato il destino delle persone che hanno partecipato alle manifestazioni?

Per lo più i partecipanti sono stati multati. Una multa di poco più di 200 rubli. Non so dirti quanto sia in euro, perché ormai il cambio è completamente impazzito. Una multa che corrisponde a un terzo del salario medio. Se non la paghi puoi fare alcuni giorni di carcere. Ma il problema non è questo. È un altro: siamo stati avvertiti che se torniamo in piazza a manifestare contro la guerra rischiamo diversi anni di prigione. Vorrei però tornare però alla prima risposta. Faccio esempio: se parliamo della guerra mettiamo a rischio gli stessi studenti e la nostra facoltà. Possono venire e dirci che il dipartimento non funziona come dovrebbe. E poi chiuderci. Ed è la stessa cosa con i teatri o con altre realtà culturali. Così sei sottoposto a un ricatto: se parli, perdi tutto e i tuoi dipendenti perdono il lavoro. Se non parli, perdi la faccia davanti ai tuoi studenti. Sei costretta a insegnare loro a pensare in bianco e nero, noi e loro. Non è quello che vorremmo insegnare. La gente ha paura, tutti noi abbiamo paura. E siamo di fronte a questo dilemma: parlare o stare zitti.

È un giro di vite che forse non vi aspettavate…

Ti ho detto cosa può succedere se ti prendono in strada durante le manifestazioni. Adesso c’è questa nuova legge contro quelle che loro chiamano le fake news. Cioè, se non sposi la versione ufficiale del Cremlino, ti danno fino a 15 anni di carcere. Subiamo intimidazioni. Vengono a casa, perquisiscono, ti mettono nei luoghi di detenzione temporanea. Lo sapete anche voi che le ultime radio e televisioni indipendenti sono state chiuse o hanno deciso di chiudere a causa della nuova legge. L’unica voce che rimane è la Novaja Gazeta, il giornale del premio Nobel Dimitri Muratov e di Anna Politkovskaja. Per aggirare la censura e la nuova legge, hanno deciso di non parlare della guerra, ma delle conseguenze della guerra.


Putin sembra avere fallito nell’attuare il Piano A contro l’Ucraina. Ci sono molti soldati russi morti, anche se il regime tende a nasconderli…

Per quello che vediamo, per quello che vede il mondo, il Piano A di Putin è fallito e allora il Cremlino ha deciso di attuare il Piano B. È un film già visto: è quello che è successo negli anni ‘90 e nella prima decade di questo secolo in Cecenia. Le stragi di civili e le persecuzioni contro i nemici politici. Il governo non parla dei caduti russi in Ucraina. All’inizio hanno fornito la cifra di 500 morti, poi il silenzio. Ma è evidente che siano molti di più, centinaia di più. Il presidente ucraino Zelensky ha detto alle autorità russe di richiedere i corpi dei soldati morti, ma questo non è avvenuto. Ci sono molte madri che non sanno che cosa sia successo ai loro figli. Credo che sarà sempre peggio. Ed è tutto molto triste. Questo produrrà un impatto negativo sulla guerra nella società russa, ma la mia paura è che questa guerra andrà avanti per tanto tempo. Gli ucraini sono tanti e stanno resistendo. Ci saranno molti lutti.

FOTO|A San Pietroburgo la polizia arresta i manifestanti contro la guerra in Ucraina

  • Autore articolo
    Michele Migone
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    Ricciardi, il commissario antifascista che si ispira a Camus

    Nato dalla penna di Maurizio De Giovanni e presente in buona parte della sua opera letteraria, il Commissario Ricciardi ritorna nella terza stagione della serie a lui dedicata su Rai1 e sceneggiata dallo stesso autore dei romanzi. Diretto nel 2021 da Alessandro D’Alatri, seguito poi da Gianpaolo Tescari, per la seconda e la terza stagione, Ricciardi indaga nella Napoli degli anni ‘30 in pieno regime fascista, rifiutandone le regole imposte. “Ricciardi non è un protagonista tipico, è un anti-protagonista – spiega Guanciale -. È molto empatico e come il protagonista di La Peste di Camus, si preoccupa di fare bene il suo mestiere a prescindere dalle imposizioni che gli vengono fatte”. Sempre in cerca di giustizia, in una forma di resistenza al potere dittatoriale di Mussolini, molto presente nel contesto dei casi da risolvere. I fantasmi che si aggirano nella mente del Commissario, immaginati nei libri di De Giovanni, nella serie prendono forma durante le indagini. L’intervista di Barbara Sorrentini.

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