Approfondimenti

Il ballerino che scavava i tunnel

Ilir Kerni è oggi il direttore del Teatro dell’Opera di Tirana. Da giovane era una stella della danza di cui il regime albanese si faceva vanto. Ma nel 1991 – mentre i suoi compatrioti cercavano con ogni mezzo di raggiungere le coste italiane – anche lui emigrò in Francia, grazie a una borsa di studio all’Opéra di Parigi.

Come tanti albanesi che partirono 25 anni fa, ora è tornato, per far rinascere la danza nel suo Paese. Dopo le interviste a Ilir Butka (direttore dell’Istituto albanese di Cinematografia) e a Artan Shabani (direttore della Galleria d’Arte Moderna di Tirana) vi raccontiamo la sua storia, per capire che ne è stato di alcuni dei “migranti” allora.

Diversamente da altri artisti, io non sono mai stato un esiliato politico. Ho lasciato l’Albania perché avevo ottenuto una borsa di studio dell’Unesco all’Opéra di Parigi e all’Opéra di Strasburgo, per sei mesi. Dopo questi sei mesi mi hanno proposto un contatto all’Opéra di Strasburgo e così sono restato in Francia. Infine sono approdato a Zagabria. A partire dal gennaio 1991, non ho più vissuto in Albania, anche se ogni tanto tornavo per fare degli spettacoli o per vedere la mia famiglia“.

Ilir Kerni oggi al Teatro dell'Opera di Tirana (foto di Mattia Marinolli)
Ilir Kerni oggi al Teatro dell’Opera di Tirana (foto di Mattia Marinolli)

Com’era essere ballerino all’epoca del regime comunista, quando l’Albania era isolata dal resto del mondo?

Noi ballerini eravamo privilegiati rispetto ad altri. E se eri un artista conosciuto come io lo ero, avevi tutte le facilitazioni. Con dei limiti, ovviamente. C’era molto rispetto da parte della popolazione e anche da parte della nomenklatura. Ho fatto delle tournée all’estero ma tutto era ben controllato. Si faceva lo spettacolo e si ritornava in Albania. Non bisognava parlare di quello che si vedeva all’estero e delle differenze fra l’Occidente e l’Albania dell’epoca“.

Come vi sembrava l’Occidente, durante quei viaggi?

Eravamo completamente affascinati dall’Occidente. Per esempio quando sono uscito per la prima volta dall’Albania siamo passati dalla Grecia, con il nostro pullman. Ero completamente esaltato. Ero giovanissimo: avevo 19-20 anni e vedevo delle ragazze che mi sembravano vestite in modo provocante. All’epoca in Albania le donne si vestivano in tutt’altro modo. Ho danzato anche in Italia, con Anna Razzi al teatro Smeraldo a Milano; poi in Germania.

Noi artisti – come anche gli sportivi – eravamo davvero privilegiati dal regime. Eppure – negli anni ’70 e ’80 – io ero attratto dalla società dei consumi, dalla pubblicità. Mi sembrava tutto bello, in Occidente. Il problema è che quando ritornavamo in Albania, ci rendevamo conto che qualcosa non andava. Ma mi tenevo dentro questi dubbi e non osavo parlarne con gli altri“.

Non ha mai pensato di restare all’estero, di fuggire?

“Sì, certamente. Per esempio nel 1989 – quando ho danzato a Milano – è venuto da me un manager che mi ha chiesto di firmare un contratto per andare a ballare negli Stati Uniti. Insisteva: è venuto a trovarmi cinque volte. Voleva fotocopiare il mio passaporto. Era Gianluigi Pignotti, il manager di Nureyev: all’epoca e aveva delle ottime offerte di lavoro in America. Ma io non pensavo neppure lontanamente di lasciare l’Albania. Ho risposto di no, perché ero cosciente di quello che sarebbe potuto succedere alla mia famiglia“.

Cosa poteva succedere alla sua famiglia?

Il peggio possibile. L’intera famiglia sarebbe stata mandata in un campo di lavoro. Era garantito. Io avrei potuto restare all’estero, ma non ho osato, a causa dei miei cari. Però conoscevo delle persone che lo avevano fatto: per esempio il fratello del mio professore di danza. Successivamente, il mio professore ha avuto grossi problemi. Anche se era un grande artista, non ha mai più potuto andare all’estero a causa di suo fratello, che aveva lasciato l’Albania“.

Sotto il Teatro dell’Opera e sotto i ministeri di Tirana, c’è tutto un reticolo di bunker e tunnel, costruiti negli anni del regime. Lo sapeva?

Anche io ho lavorato per costruire quei bunker! Noi artisti abbiamo scavato le gallerie di raccordo che collegavano un bunker all’altro. Lavoravamo come ‘volontari’ ma eravamo obbligati. La domenica si lavorava così”.

Sottoterra?

“Sì”.

Dunque la domenica lei – invece di danzare – scavava.

“Le domeniche si scavava, ma si facevano anche altri lavori ‘volontari’ come per esempio pulire tutto il quartiere. Si diceva che la domenica era ‘il giorno di Enver Hoxa’ e si lavorava per lui, per il Paese. Sono follie tipiche di tutti i regimi comunisti. Per esempio in Cina succedevano le stesse cose: ci sono stato nel 1962 e lì era peggio che da noi”.

Cosa ne pensavate di questo lavoro “volontario”?

“All’epoca pensavamo che eravamo i più forti del mondo! Non c’era nessuna grande potenza al mondo che poteva minacciarci perché avevamo il nostro grande capo, Enver Hoxa, che pensava a difenderci! Scherzo. In realtà negli ultimi anni del regime abbiamo perfettamente capito che avevamo imboccato una strada senza uscita, ma era difficile opporsi”.

Il teatro dell'Opera di Tirana
Il teatro dell’Opera di Tirana
  • Autore articolo
    Michela Sechi
ARTICOLI CORRELATITutti gli articoli
POTREBBE PIACERTI ANCHETutte le trasmissioni

Adesso in diretta

  • Ascolta la diretta

Ultimo giornale Radio

  • PlayStop

    Giornale Radio martedì 14/10 19:30

    Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi. Tutto questo nelle tre edizioni principali del notiziario di Radio Popolare, al mattino, a metà giornata e alla sera.

    Giornale Radio - 14-10-2025

Ultimo giornale Radio in breve

  • PlayStop

    Gr in breve martedì 14/10 18:31

    Edizione breve del notiziario di Radio Popolare. Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi.

    Giornale Radio in breve - 14-10-2025

Ultima Rassegna stampa

  • PlayStop

    Rassegna stampa di domenica 12/10/2025

    La rassegna stampa di Popolare Network non si limita ad una carrellata sulle prime pagine dei principali quotidiani italiani: entra in profondità, scova notizie curiose, evidenzia punti di vista differenti e scopre strane analogie tra giornali che dovrebbero pensarla diversamente.

    Rassegna stampa - 12-10-2025

Ultimo Metroregione

  • PlayStop

    Metroregione di martedì 14/10/2025 delle 19:49

    Metroregione è il notiziario regionale di Radio Popolare. Racconta le notizie che arrivano dal territorio della Lombardia, con particolare attenzione ai fatti che riguardano la politica locale, le lotte sindacali e le questioni che riguardano i nuovi cittadini. Da Milano agli altri capoluoghi di provincia lombardi, senza dimenticare i comuni più piccoli, da dove possono arrivare storie esemplificative dei cambiamenti della nostra società.

    Metroregione - 14-10-2025

Ultimi Podcasts

  • PlayStop

    Campagna abbonamenti di martedì 14/10/2025 delle 20:03

    L’Abbonaggio di Radio Popolare minuto per minuto

    Campagna abbonamenti - 14-10-2025

  • PlayStop

    Esteri di martedì 14/10/2025

    1) I corpi degli ostaggi che non si trovano, gli aiuti umanitari che non entrano a Gaza e le faide interne alla striscia. Tutti i punti in bilico della prima fase della Pax Trumpiana 2) I prigionieri palestinesi che non sono mai stati rilasciati. Il dolore delle famiglie e la lettera della moglie di Marwan Barghouti. (Valeria Schroter) 3) La guerra agli ulivi come simbolo dell’occupazione che non vede fine. In Cisgiordania la popolazione non crede alla pace, perché per loro nulla è cambiato. (Samuele Pellecchia, Pietro Masturzo, Francesco Giusti - Agenzia Prospekt) 4) Francia, il premier Lecornu propone la sospensione della riforma delle pensioni per cercare di salvarsi al voto di sfiducia di giovedì. (Francesco Giorgini) 5) Lo shutdown negli stati uniti entra nella terza settimana, senza nessuna soluzione in vista. Gli effetti iniziano a sentirsi sulla vita degli americani. (Roberto Festa) 6) Madagascar. Dalle proteste della Gen Z al caos istituzionale. Dopo la fuga del presidente i militari annunciano la presa del potere. (Andrea Spinelli Barrile) 7) Rubrica sportiva. Cosa c’entra il calcio con le proteste in Marocco? (Luca Parena)

    Esteri - 14-10-2025

  • PlayStop

    Madagascar. Dalle proteste della Gen Z al caos istituzionale

    Da qualche settimana i giovani del Madagascar stanno scendendo in piazza. Le manifestazioni sono state represse con la violenza e ci sono state decine di morti. Ieri il presidente Andry Rajoelina ha dichiarato di essere fuggito in un luogo sicuro. Oggi, invece, ha annunciato lo scioglimento dell’assemblea nazionale, poche ore prima che i parlamentari si riunissero per metterlo sotto accusa per aver abbandonato il suo incarico. La votazione è avvenuta comunque e la maggioranza ha scelto l’impeachment del presidente. Il colonnello Michael Randrianirina ha annunciato che il Capsat, l’unità d’élite dell’esercito, ha preso il potere. Valeria Schroter ha intervistato Andrea Spinelli Barrile, giornalista di Slow News, per ricostruire il processo che ha portato il Madagascar agli eventi di oggi.

    Clip - 14-10-2025

  • PlayStop

    Campagna abbonamenti di martedì 14/10/2025 delle 17:00

    L’Abbonaggio di Radio Popolare minuto per minuto

    Campagna abbonamenti - 14-10-2025

  • PlayStop

    Campagna abbonamenti di martedì 14/10/2025 delle 14:32

    A cura di Elisa Graci, Claudio Agostoni, Zacca

    Campagna abbonamenti - 14-10-2025

  • PlayStop

    Campagna abbonamenti di martedì 14/10/2025 delle 12:00

    A cura di Ira Rubini, Alessandro Braga, Michele Migone

    Campagna abbonamenti - 14-10-2025

  • PlayStop

    Campagna abbonamenti di martedì 14/10/2025 delle 10:35

    A cura di Claudio Jampaglia, Chiara Manetti. Roberto Festa, Fabrizio Tonello

    Campagna abbonamenti - 14-10-2025

Adesso in diretta