Approfondimenti

Il simbolo Srebrenica, 21 anni dopo

L’11 luglio di 21 anni fa a Srebrenica, città della Bosnia Erzogovina a pochi chilometri dal confine serbo, cominciò una mattanza di musulmani che segnò la Guerra dei Balcani. Furono uccise 8.732 persone, in meno di una settimana. Lungo le due sponde del fiume Drina, spiega Osservatorio Balcani Caucaso, c’è ansi.

L’articolo di Azra Nuhefendić, tratto da Osservatorio Balcani e Caucaso

I serbo-bosniaci e la Serbia si impegnano a negare, minimizzare, spartirsi la colpa, contrattano sui numeri, si giustificano, insistono sulla propria versione dell’accaduto.

I musulmano-bosniaci sono in attesa di giustizia, di riconoscimento, di pietà umana. E, a distanza di vent’anni, molti stanno ancora aspettando i resti dei propri cari che sono spariti nel più grave crimine di guerra e contro l’umanità commesso in Europa dopo la Seconda guerra mondiale.

Dopo le guerre e le nefandezze restano i toponimi. Basta dire Auschwitz, Katyn, Guernica, o “gulag” per capire di che cosa si tratta”.

La parola Srebrenica

Da vent’anni tra questi simboli c’è Srebrenica. La parola evoca immagini di famiglie distrutte, di persone caricate su autobus e camion con destinazione ignota, di terrore, di uomini bendati e condotti a morte, uccisi metodicamente ed esclusivamente sulla base della loro identità; e del lutto di circa trentamila donne bosniache: madri, mogli, figlie e sorelle, ognuna delle quali ha perso nel genocidio di Srebrenica numerosi familiari. I bosniaci uccisi sono stati più di ottomila.

Ma il dolore più grande della morte accertata è quello dell’incertezza sul destino delle persone che sono sparite. Molte donne di Srebrenica ancora oggi cercano i resti dei propri figli, padri, mariti, cugini. Una di loro, Hatidža Hren, in attesa di trovare le spoglie del marito Rudolf, grida disperatamente: “Portatemi le sue ossa, le riconoscerò di sicuro”.

Quello che è successo a Srebrenica non è oggetto di discussione. È stato accertato e definito un genocidio da due tribunali internazionali indipendenti: la Corte Internazionale di Giustizia e il Tribunale penale internazionale per i crimini di guerra nell’ex Jugoslavia (ICTY). Perciò, negarlo non cambierà i fatti.

Cinque ufficiali serbo-bosniaci sono stati condannati e ci sono ancora due processi in corso presso l’ICTY a carico dell’ex leader dei serbi bosniaci Radovan Karadžić e del generale serbo bosniaco Ratko Mladić, entrambi accusati per questo genocidio, oltre che per altri crimini.

Il massacro di Srebrenica è il crimine di guerra meglio documentato. Ci sono milioni di pagine di testimonianze, trascrizioni audio, video e prove forensi. Più di mille persone, di cui molte sopravvissute al genocidio, hanno testimoniato sui fatti di Srebrenica.

Un ventunenne ha raccontato, davanti al Tribunale dell’ICTY, che aveva solo sei anni quando fu portato davanti allo squadrone che fucilava i musulmani bosniaci. L’autista serbo che portava agli assassini il cibo e le bevande ebbe compassione di lui e lo salvò.

Le immagini autentiche che vediamo oggi sono le riprese televisive che, all’epoca, guardavamo quasi in diretta seduti nelle nostre case. Alcuni crimini sono stati documentati dagli assassini stessi, come quello dell’unità paramilitare serba “Scorpioni: si riprendevano mentre uccidevano un gruppo di sedici bosniaci di Srebrenica. Per anni si poteva noleggiare la cassetta con il filmato nel video club della città serba di Ruma. E quando il giudice ha chiesto loro perché si fossero filmati, hanno risposto che l’avevano fatto perché credevano che, dopo la guerra, sarebbero stati considerati degli eroi.

Il genocidio

Il genocidio non è un crimine accidentale, non è la conseguenza di un raptus (neanche collettivo), un genocidio non si compie per errore, mentre si voleva fare un’altra cosa. Il genocidio non è un’azione spontanea, è sempre e ovunque un progetto, ben pianificato, organizzato e realizzato sistematicamente.

C’è voluta una grande organizzazione per ammazzare, in una settimana, ottomila persone, per scavare le fosse comuni, per seppellirle, e dopo riesumare i corpi e sotterrarli di nuovo in una seconda e in una terza fossa. Non è un lavoro per dilettanti, e non poteva essere neanche un’azione “ad hoc”, improvvisata.

L’autista serbo che ha salvato il bambino davanti al plotone di esecuzione, portava agli assassini il cibo e le bevande! Anche a queste piccole cose si pensava in quell’orribile impresa. I soldati che uccidevano tutto il giorno, a un certo punto dovevano fare una pausa per mangiare e bere qualcosa.

Il fatto che i serbi riesumassero i cadaveri dalle fosse comuni, per spostare le spoglie degli uccisi altrove, significa che erano consapevoli di cosa avevano fatto, e che tentavano di nasconderlo.

Nel genocidio di Srebrenica (è stato documentato) gli autobus, che trasportavano i musulmani bosniaci nei posti di esecuzione, appartenevano ad aziende pubbliche serbe ed erano stati portati dalla Serbia per quello scopo, come pure le ruspe e altri macchinari per scavare le fosse comuni. Le pallottole che colpivano uccidendo i musulmani erano prodotte nella fabbrica “Zastava” di Kragujevac, in Serbia.

Il genocidio è un crimine dello Stato e delle sue istituzioni, attraverso i propri apparati di repressione, cioè esercito e polizia. I rari bosniaci musulmani che cercavano di salvarsi in Serbia attraversando il fiume Drina sono stati catturati, messi nei campi di concentramento, torturati e alcuni uccisi.

Il genocidio non è solo Srebrenica, come l’Olocausto non è solo Auschwitz. Il genocidio è un processo. Srebrenica l’11 luglio 1995 è, come sottolinea Ed Vulliamy, autore del libro Stagioni all’inferno, “una delle centinaia di piccole Srebrenica che accaddero in Bosnia dal 1992 al 1995”.

Non c’è genocidio senza un’ideologia. Nel caso di Srebrenica, l’ideologia del genocidio è il nazionalismo serbo. Molte delle persone che uccidevano i musulmani bosniaci disarmati e bendati non avrebbero commesso tale crimine, in circostanze normali. Il nazionalismo serbo le aveva preparate e incoraggiate a farlo. L’ideologia le ha assolte dai peccati e dalla colpa, in anticipo. Il caso degli “Scorpioni” ne è l’esempio palese.

Quasi tutti i carnefici processati e condannati (e non solo nel caso di Srebrenica), davanti al tribunale si giustificano dicendo di aver difeso “la patria”, “il popolo”, “la bandiera”. I simboli, non i fatti, sui quali si poggia l’ideologia. Nessuno di loro si è giustificato per il fatto di difendere la propria casa, madre, figli.

Il negazionismo

Negli ultimi vent’anni i serbi bosniaci e la Serbia si sono impegnati a negare il genocidio, a classificare quello che è successo a Srebrenica diversamente, come uno dei tanti crimini. Il negazionismo è diventato una strategia di Stato.

Questo è possibile perché molti degli attuali politici serbi, da ambedue le sponde del fiume Drina, sono le stesse persone che avevano fatto parte dell’apparato politico serbo all’epoca del genocidio. La loro ideologia è ancora il nazionalismo.

Quest’atteggiamento è sbagliato. Negando la colpa si continua a provocare dolore alle vittime. Non a caso il negazionismo è considerato l’ultima fase del genocidio.

A lungo termine il negazionismo è dannoso anche per gli stessi serbi. Quest’atteggiamento ha già messo in cattiva luce il popolo serbo, compromette la sua reputazione a livello internazionale e danneggia la sua posizione nelle varie istituzioni mondiali.

Riconoscere la propria colpa è anche, e forse soprattutto, una questione di civiltà. Aver compassione delle vittime rappresenta il minimo necessario.

  • Autore articolo
    Osservatorio Balcani Caucaso
ARTICOLI CORRELATITutti gli articoli
POTREBBE PIACERTI ANCHETutte le trasmissioni

Adesso in diretta

Ultimo giornale Radio

  • PlayStop

    GR venerdì 29/03 15:30

    Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi. Tutto questo nelle 16 edizioni quotidiane del Gr. Un appuntamento con la redazione che vi accompagna per tutta la giornata. Annunciati dalla “storica” sigla, i nostri conduttori vi racconteranno tutto quello che fa notizia, insieme alla redazione, ai corrispondenti, agli ospiti. La finestra di Radio Popolare che si apre sul mondo, a cominciare dalle 6.30 del mattino. Da non perdere per essere sempre informati.

    Giornale Radio - 29-03-2024

Ultima Rassegna stampa

  • PlayStop

    Rassegna stampa di venerdì 29/03/2024

    La rassegna stampa di Popolare Network non si limita ad una carrellata sulle prime pagine dei principali quotidiani italiani: entra in profondità, scova notizie curiose, evidenzia punti di vista differenti e scopre strane analogie tra giornali che dovrebbero pensarla diversamente.

    Rassegna stampa - 29-03-2024

Ultimo Metroregione

  • PlayStop

    Metroregione di venerdì 29/03/2024 delle 7:15

    Metroregione è il notiziario regionale di Radio Popolare. Racconta le notizie che arrivano dal territorio della Lombardia, con particolare attenzione ai fatti che riguardano la politica locale, le lotte sindacali e le questioni che riguardano i nuovi cittadini. Da Milano agli altri capoluoghi di provincia lombardi, senza dimenticare i comuni più piccoli, da dove possono arrivare storie esemplificative dei cambiamenti della nostra società.

    Metroregione - 29-03-2024

Ultimi Podcasts

  • PlayStop

    Meraviglie di venerdì 29/03/2024

    Canzoni per le quali vale la pena stupirsi, tra passato, presente e prossimo futuro. Un compendio di canzoni per cui stupirsi ogni mese in compagnia di Tommaso Toma, pescando dal presente e dal passato tra nuove scoperte, ristampe di catalogo e composizioni che possono dare indizi sul prossimo futuro.

    Meraviglie - 29-03-2024

  • PlayStop

    Jack di venerdì 29/03/2024

    Per raccontare tutto quello che di interessante accade oggi nella musica e in ciò che la circonda. Anticipazioni e playlist sui canali social di Matteo Villaci.

    Jack - 29-03-2024

  • PlayStop

    Considera l’armadillo di venerdì 29/03/2024

    Noi e altri animali È la trasmissione che da settembre del 2014 si interroga su i mille intrecci di una coabitazione sul pianeta attraverso letteratura, musica, scienza, costume, linguaggio, arte e storia. Ogni giorno con l’ospite di turno si approfondisce un argomento e si amplia il Bestiario che stiamo compilando. In onda da lunedì a venerdì dalle 14.00 alle 14.30. A cura di Cecilia Di Lieto.

    Considera l’armadillo - 29-03-2024

  • PlayStop

    50 special

    quando in una puntata fitta fitta di contenuto salutiamo Gianstage, giunto al termine della sua esperienza, ospitiamo sua altezza Dario, archeologo ed ex giocatore di basket, ascoltiamo una nuova puntata di Storie di Ordinaria Miseria True Crime, ci facciamo spiegare dalla professoressa Roberta la vita di Petrarca e concludiamo con un nuovo appuntamento con le fiabe sonore in chiave Alone

    Poveri ma belli - 29-03-2024

  • PlayStop

    Torniamo a parlare di RSA

    Nella puntata di 37e2 del 29 marzo, siamo tornati a parlare di RSA a partire dal libro di Costanzo Ranci, professore di sociologia al Politecnico di Milano, “Cronaca di una strage nascosta. La pandemia nelle case di risposo”. Con Laura Valsecchi di Medicina Democratica abbiamo parlato di quello che accade oggi e dei cambiamenti proposti nelle regole delle RSA.

    37 e 2 - 29-03-2024

  • PlayStop

    Cult di venerdì 29/03/2024

    Oggi a Cult: la nuova mappatura della presenza femminile nei teatri italiani dell'associazione "Amleta"; al Museo del '900 un doppio percorso artistico nei giorni di Pasqua; Stefano Ricci e Gianni Forte presentano la Biennale Teatro 2024; la rubrica di fumetti di Antonio Serra...

    Cult - 29-03-2024

  • PlayStop

    37e2 di venerdì 29/03/2024

    Oggi cominciamo tornando a parlare di RSA; una nuova puntata della nostra rubrica dedicata a salute e ambiente: oggi parliamo delle microplastiche e della loro presenza nella filiera alimentare; facciamo il punto sulle mobilitazioni in Italia e in Europa per il 6 e il 7 aprile; presentiamo la campagna Basta essere pazienti lanciata dall’Osservatorio malattie rare.

    37 e 2 - 29-03-2024

  • PlayStop

    Uscita di Sicurezza di venerdì 29/03/2024

    Sfruttamento, violazioni sistematiche delle norme di sicurezza, "regole non scritte" e migliaia di euro sborsati per avere un contratto di lavoro e un permesso di soggiorno. Le parole e le esperienze di Salah, carpentiere arrivato in Italia 23 anni fa dal Marocco, ci raccontano molti dei drammi che si vivono ogni giorno nei cantieri dell'edilizia.

    Uscita di Sicurezza - 29-03-2024

  • PlayStop

    Giorni migliori di venerdì 29/03/2024

    Superbonus, il governo in tilt, rivede lo stop ai novi cantieri nelle zone sismiche e non sa ancora quantificare il buco nei conti pubblici: ce ne parla Vittorio Malagutti, giornalista economico di Domani. Leonzio Rizzo, docente di Scienza delle finanze all'università di Ferrara ci spiega come il Superbonus sia stato tolto in realtà solo alle fasce più deboli della popolazione. Vincenzo Luisi, medico chirurgo, presidente Della sezione italiana del Palestine Children's Relief Fund che da 20 anni segue missioni mediche in Palestina ci racconta l'attacco agli ospedali della Striscia di Gaza. Nicola Fantini, rappresentante del personale nel Cda del CNR ci racconta la decisione non collaborare su bandi cosiddetti “dual use”, cioè che possano avere implicazioni anche militari, con paesi in conflitto. Itaia e Ungheria bocciano nel Consiglio europeo il Nature Restoration Law, con cui il Parlamento europeo chiedeva di ripristinare aree umide, fluviali e i protezione dell'ambiente, le conseguenze di questa scelta spiegate da Eleonora Ciscato, ricercatrice di Diritto dell'Ambiente all’università statale di Milano. Climatologie, la rubrica del Giusto Clima, oggi torna sulla Pac e la mobilitazione dei trattori con Sara Milanese.

    Giorni Migliori – Intro - 29-03-2024

  • PlayStop

    STEFANO BUCCI - L'ARCHITETTURA HA TANTE ANIME

    STEFANO BUCCI - L'ARCHITETTURA HA TANTE ANIME - presentato da Tiziana Ricci

    Note dell’autore - 29-03-2024

Adesso in diretta