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Il festival nazista rimasto senza birra

Magliette con scritte come “Adolfo era il migliore”, “Germania a noi tedeschi”, “Razzista”. Tatuaggi con, tra gli altri teschi, croci celtiche, il numero 88 (traduzione dell’acronimo di “Heil Hitler”) – oppure coperti da vistosi cerotti o bende. Ai cancelli grandi drappi con le parole: “Fratellanza Ariana”. 

Alcuni esempi di ciò che lo scorso fine settimana si è visto ad Ostritz, paese di 2.600 abitanti all’estremo est della Sassonia. Dove almeno 700 neonazisti si sono radunati per la terza edizione – in poco più di un anno – del festival rock di estrema destra organizzato dall’alto dirigente del partito NPD, Thorsten Heise. L’evento, sull’area di un albergo accanto al confine polacco, è considerato uno dei principali del genere in Germania. Il nome completo è “Scudo e Spada”, le iniziali suonano come “SS”.

Le auto dei partecipanti avevano soprattutto targhe tedesche, alcune polacche o austriache. La polizia, presente in forze compresi due idranti, le ha controllate una ad una. Lo stesso con chi è arrivato a piedi ai cancelli. Agenti erano poi schierati anche all’interno dell’area del festival.

Dove questa volta, a differenza del passato, erano vietati gli alcoolici. L’amministrazione locale ha messo sotto sequestro oltre 4000 litri di birra. E gli abitanti di Ostritz hanno acquistato le scorte dell’unico supermercato – onde evitare, stavolta, il continuo andirivieni per le stradine del paese di gruppi di neonazisti ubriachi. Misure che hanno reso loro più difficile procurarsi alcool – ciononostante se ne sono visti diversi in uno stato che non appariva esattamente sobrio.

Tra i partecipanti al festival si sono sentiti parecchi commenti razzisti o antisemiti. Più di una volta ci sono state provocazioni o minacce verso i giornalisti. “La polizia non potrà essere sempre assieme a voi”, ha detto uno passando accanto ai cronisti. Altri urtavano gli obiettivi dei fotografi oppure cercavano di spintonarli.

Con gran parte dei gruppi musicali il coinvolgimento del pubblico non è sembrato molto alto – parecchi restavano seduti, gli applausi erano generalmente deboli. Con i gruppi finali, nomi noti nell’ambiente come i Kategorie C, si è vista più gente e più entusiasmo davanti al palco. E sono stati notati anche diversi saluti hitleriani.

Questi concerti, dicono osservatori della scena di estrema destra, hanno diverse funzioni. Henrik Merker è un giornalista specializzato sul tema. Da una parte, spiega, questo genere di festival ha un chiaro carattere di “collegamento” tra membri della scena internazionale, che in queste occasioni si incontrano, fanno progetti. Poi c’è l’aspetto finanziario: con biglietti che costano anche 50 euro, eventi che hanno centinaia di partecipanti possono portare in cassa una discreta cifra. E in zone rurali, dove magari mancano per i giovani attività per il tempo libero, questi eventi possono contribuire a far avvicinare potenziali nuove leve.

La stagione dei festival rock di estrema destra non è finita qui. Il prossimo evento di richiamo, a Themar in Turingia, è annunciato per i primi di luglio.

  • Autore articolo
    Flavia Mosca Goretta
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    È da poco uscito il secondo EP di Wayloz, artista italo-nigeriano che oggi è passato a trovarci a Volume per suonare alcuni brani. “Mentre nel precedente ep ho voluto catturare l’essenza di ciò che ero io con la chitarra in mano, qui c’è molto più spazio per gli arrangiamenti e per altri strumenti musicali”, spiega Wayloz. Tra folk primitivo, altrock, blues e suoni dell’Africa tribale, il disco è un viaggio tra atmosfere desertiche e rurali, che esplora il rapporto con la natura ma non solo: il titolo “We All Suffer” è più che altro un invito a riconoscere una condizione che è di tutti e a “trovare solidarietà e fratellanza con le altre persone”. L'intervista di Elisa Graci e Dario Grande e il MiniLive di Wayloz

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    Da Cortina a Milano in 12 giorni errando per antiche vie

    Errando per Antiche Vie è una grande azione performativa in cui artisti e pubblico percorrono a piedi la distanza che separa Cortina e Milano, tra il 5 e il 16 dicembre, a un mese dall’inizio delle Olimpiadi, per raccontare un territorio incredibile, contraddittorio che per la prima volta viene messo in luce dalle Olimpiadi. Un cammino lungo oltre 250 km, spettacoli teatrali e di danza, letture, pasti di comunità, incontri e dibattiti: un racconto della montagna fatto di sostenibilità, di protagonismo dei territori alpini e prealpini, di chi decide di vivere e lavorare in quota e nei territori periferici, al di là della spettacolarizzazione del momento olimpico. Michele Losi di Campsirago Residenza ha raccontato a Cult tutto il percorso. L'intervista di Ira Rubini.

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