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Il Centrafrica cerca la pace: Bangui al voto

Elezioni presidenziali e legislative nella Repubblica Centrafricana. Erano inizialmente previste il 27 dicembre scorso, sono state rinviate e costituiscono una tappa importante per il Paese. Il rinvio è stato deciso da Catherine Samba-Panza, presidente del governo di transizione dopo una riunione con i rappresentati dell’autorità nazionale delle elezioni, delle istituzioni incaricate di organizzare lo scrutinio, dei candidati, con funzionari della missione Onu. Il rinvio era stato deciso per problemi logistici e organizzativi: in moltissime circoscrizioni non erano arrivate le schede elettorali e non erano stati allestiti i seggi.

Nel Paese c’è comunque tensione per il timore di atti di violenza, proprio vicino ai seggi, come accaduto lo scorso 13 dicembre in occasione del referendum costituzionale. Ma in tanti hanno affollato gli uffici elettorale per poter ritirare le schede. La popolazione vuole la pace dopo una guerra civile tra le più violente e crudeli del continente.

Trenta i candidati per le presidenziali ma solo tre nomi emergono dalla lista: due ex primi ministri Anicet Georges Dologuélé e Martin Ziguélé, e il più volte ministro Abdoul Karim Meckassoua. Duemila sono i caschi blu della missione Minusca, mobilitati per la sicurezza. La consultazione è di quelle che non conta tanto chi vincerà, ma il fatto che il voto si svolga, che avvenga nella calma e che il risultato sia accettato da tutte le parti in causa.

I tre candidati con qualche possibilità di vittoria hanno programmi del tutto simili, ovviamente la pace è al primo posto. Il Paese infatti è stato dilaniato da una guerra civile – che di fatto è ancora in corso – che oppone Seleka, una formazione di matrice musulmana, e dei gruppi di auto-difesa dei villaggi che si chiamano anti-balaka, di matrice cristiana.

Evidentemente la connotazione religiosa è un pretesto. In Centrafrica cristiani e musulmani convivono da sempre senza problemi. Questi ultimi, tra l’altro, sono una minoranza, meno deo dieci per cento. I problemi sono altri: il Centrafrica, infatti, è molto ricco di materie prime.

  • Autore articolo
    Raffaele Masto
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    L’esercito israeliano ha lanciato questa notte l’invasione di terra su Gaza City. Da ieri i carri armati sono entrati nel cuore della principale città della striscia, e i bombardamenti hanno colpito senza sosta strade, case, infrastrutture. Da questa mattina, i morti sono 89. Centinaia di migliaia di persone vivono ancora nella città. Migliaia di persone stanno invece cercando di fuggire, in un esodo verso un sud che non ha più spazio per ospitarli. Il servizio di Valeria Schroter.

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    1) “Gaza brucia di fronte al suo mare, testimone della sua tragedia”. L’esercito israeliano ha lanciato l’offensiva di terra sulla principale città della striscia. L’esodo in mezzo alle bombe. Quasi 90 i morti da questa mattina. (Valeria Schroter) 2) Israele come Sparta. Mentre l’ONU stabilisce che quello in corso a Gaza è genocidio, Netanyahu ammette l’isolamento internazionale e dipinge un futuro di autarchia e guerra permanente. (Anna Foa, Eric Salerno) 3) Gli Stati Uniti continuano a colpire il Venezuela. Trump punta a rovesciare il regime di Maduro con la scusa della lotta al narcotraffico. (Alfredo Somoza) 4) Cinquant’anni fa l’indipendenza della Papua Nuova Guinea. Il paese oggi è vittima della maledizione della ricchezza e rischia di finire ostaggio di un nuovo braccio di ferro tra occidente e Cina. (Chawki Senouci) 5) Spagna, l’estrema destra torna a riunirsi a Madrid. Il primo passo verso una grande alleanza di tutte le destre europee. (Giulio Maria Piantadosi) 6) Rubrica Sportiva. Julia Paternain, la maratoneta uruguayana entra nella storia vincendo la prima medaglia ai mondiali di atletica per il paese sudamericano. (Luca Parena)

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    “E’ stato bello rendersi conto che la figura di Woodie Guthrie è ancora molto viva anche fuori dagli Stati Uniti”, racconta Sarah Lee, nipote dell’icona folk americana. “Le problematiche di cui cantava lui ottant’anni fa sono ancora attuali”, riferendosi al tema dell’immigrazione e alla difficile situazione al confine con il Messico. Con la sua musica Woody Guthrie "affrontava un concetto molto basilare di umanità e speranza, ovvero il trattare le persone come persone, aiutandosi a vicenda nei momenti di difficoltà": lo stesso messaggio che ora le Guthrie Family Singers vogliono portare avanti. Ascolta l’intervista di Elisa Graci alle Guthrie Family Singers.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Iniziamo parlando del festival Coachella 2026 di cui è appena stata annunciata la lineup e ricordando Victor Jara, cantautore cileno simbolo della canzone sociale e di protesta che scomparse oggi 52 anni fa durante la dittatura Pinochet. Proseguiamo con il mini live in studio delle Guthrie Family Singers, trio di discendenti di terza e quarta generazione dell'icona folk americana Woody Guthrie. Nell'ultima parte accenniamo al concerto di raccolta fondi per la Palestina del 18 settembre, organizzato a Firenze da Piero Pelù, e ricordiamo la stella del cinema Robert Redford appena scomparsa.

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