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Il blocco dei licenziamenti è già finito

Whirpool Blocco Licenziamenti ANSA

La multinazionale Whirpool è la prima ad aprire le danze sul blocco dei licenziamenti, annunciando che dal primo luglio lascerà a casa i 350 lavoratori di Napoli, cui se ne sommeranno altrettanti per l’indotto.

Era uno degli 85 tavoli di crisi ancora aperti al Ministero dello Sviluppo Economico, oltre 50mila in tutto i lavoratori coinvolti, che presto potrebbero seguire i colleghi della multinazionale. Si tratta di crisi di lunga data, come quelle di Sangemini o Embraco, solo in parte nate durante la pandemia.

Il blocco dei licenziamenti scade a fine giugno per l’industria ed a fine ottobre per i servizi. In totale si va dai 70mila posti a rischio stimati dall’ufficio parlamentare di Bilancio, ai 500 mila calcolati da Bankitalia sulla base dei licenziamenti “risparmiati” nel 2020 rispetto agli anni precedenti, ai 2 milioni ipotizzati dalla Uil.

La verità è che nessuno è in grado di dire cosa possa succedere, considerando che già con il blocco sono stati quasi 400mila i contratti a tempo indeterminato salati, che si aggiungono a quasi un milione di contratti a tempo e di collaborazione non rinnovati. Tra i settori più a rischio il tessile, la moda – almeno 20 mila posti a rischio – ma anche l’automotive. Da un report Legacoop-Prometeia sono i servizi, il cui blocco scade a ottobre, dove si rischiano i danni più forti.

Dalla politica, tutto fermo

Dalla politica, a parte le dichiarazioni di circostanza, tutto tace. Gli emendamenti al decreto Sostegni presentati da PD e 5 Stelle per prolungare il blocco dei licenziamenti non sono ancora stati discussi, nella maggioranza non c’è alcun accordo. Vero è che serviranno a poco: la conversione del decreto non arriverebbe prima di metà luglio. Se l’obbiettivo del PD era presentare gli emendamenti come “un modo di far pressione sul governo”, il silenzio che c’è fino ad ora mostra il fallimento di questa strategia.

Il segretario del PD Letta insiste su un blocco “selettivo” per attività, preservando ad esempio il tessile. Ma sarebbe una foglia di fico. È un altro membro del governo, la sottosegretaria di LeU Maria Cecilia Guerra, a sottolineare che sarebbe ingiusto e servirebbe a poco. Proprio nel tessile infatti resterebbero scoperte le aziende della filiera e dell’indotto che, ad esempio, hanno un codice Ateco diverso. Il blocco, deciso un anno fa dal governo Conte, a marzo era stata prolungato al 30 giugno dal governo Draghi che poi, nella prima versione del decreto Sostegni bis, lo aveva inizialmente prorogato al 28 agosto. Ma Confindustria e il suo organo, il Sole24Ore, avevano gridato al “tradimento” e all’“inganno” da parte del Ministro del Lavoro Orlando, e così anche quella mediazione venne ritirata, accontentando completamente le richieste degli industriali.

La vera partita: i soldi della crescita e una nuova organizzazione del lavoro

Ma perché le imprese insistono? Quale partita si sta giocando? Gli ultimi dati Istat su aprile mostrano una produzione industriale tornata a livelli pre-COVID, e un fatturato delle imprese più che raddoppiato rispetto a un anno fa. Confindustria insiste che il blocco è necessario alle imprese per “ristrutturare”. Ma cosa significa?
Già nei primi mesi del 2021, quei dati di crescita si sono si tradotti in 139mila nuovi posti di lavoro, ma praticamente tutti a tempo determinato. Una ripresa fondata sul lavoro precario che fa temere i delegati che questa sia la partita: licenziamenti collettivi, liberandosi dei 50enni con contratti tutelati e meglio retribuiti, sostituiti con giovani dai contratti precari e meno onerosi, sfruttando anche i futuri sgravi previsti dal Recovery Plan. Il tema non sembra dunque se ci sarà crescita, ma dove finiranno quei soldi: alle imprese, o a chi lavora. Le scelte politica per ora fanno pendere la bilancia decisamente verso le prime. Un ulteriore allentamento delle tutele, cambiando il decreto dignità come sembra intenzionata a fare la maggioranza, peggiorerebbe ulteriormente questa tendenza.

Blocco dei licenziamenti. Solo a Milano sono 30mila i posti a rischio

I dati diranno che l’occupazione cresce ma sarà lavoro precario e senza tutele. A Milano lo vedremo da novembre con la fine del blocco dei licenziamenti nei servizi. Solo a Milano, violando le regole, i licenziati sono stati circa 30 mila a blocco in corso. La camera di commercio stima che entro fine anno saranno altrettanti”. Spiega il responsabile Mercato del lavoro della Cgil di Milano, Antonio Verona.
 “La ristrutturazione è molto profonda, era già in atto, la pandemia l’ha solo rallentata ma le imprese – capofila la manifattura, poi hanno seguito gli altri settori – non vedono l’ora che finisca il blocco per riprendere”, continua Verona.

In cosa si traduce questa ristrutturazione, in concreto? 
“Le aziende stanno passando da una forte struttura di lavoro a tempo indeterminato e stabile, a piccoli nuclei centrali di lavoratori ben retribuiti, tutelati, e motivati, circondati da una pletora di precari, giovani e non, senza tutele. Gli espulsi sono perlopiù maschi tra i 40 ed i 50 anni, con alle spalle lunghi rapporti di lavoro a tempo indeterminato nella stessa azienda, che raramente quindi hanno avuto momenti di formazione. Questo li rende difficilmente ricollocabili, andando ad ingrossare le fila di precari e disoccupati”. Il caso di Milano è rappresentativo della bomba sociale che potrebbe esplodere. Anche perché, dell’altra promessa del governo, la riforma degli ammortizzatori sociali, ancora non vi è traccia.

  • Autore articolo
    Massimo Alberti
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    Il 2 marzo il governo israeliano ordinava il blocco totale dell’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Oggi, esattamente due mesi dopo, il blocco è ancora in essere e da due mesi nella Striscia non entra niente: né cibo, né acqua, né medicinali, né carburante. La situazione peggiora giorno dopo giorno, le scorte sono ormai esaurite e la fame sta dilagando. In questo contesto di blocco totale, il più lungo che Gaza abbia mai sperimentato, dove morire di fame non è più solo un modo di dire, le ong e le organizzazioni umanitarie cercano di sopperire alle colpevoli mancanze dei governi. È in quest’ottica che la nave della Freedom Flotilla Coalition, si stava preparando a partire per Gaza carica di aiuti umanitari, con l’obiettivo di rompere l’assedio. Questa notte, però, la nave è stata colpita da due droni, che hanno fatto scoppiare un incendio e ne hanno ovviamente impedito la partenza. Abbiamo raggiunto a Malta Simone Zambrin, attivista di Freedom Flotilla, che si sarebbe dovuto imbarcare oggi per andare verso Gaza.

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    Il Comitato Sì Meazza presenta un esposto alla Corte dei conti contro il nuovo stadio

    Non è arrivata nessuna proposta alternativa. Quella presentata da Inter e Milan è rimasta l’unica offerta per l’acquisto dello stadio di San Siro e delle aree vicine al “Meazza”. Il Comune di Milano lo ha comunicato, alla mezzanotte del 30 aprile, alla scadenza dell’avviso pubblico per la raccolta di manifestazioni d’interesse. Un esito prevedibile, dal momento che la finestra è rimasta aperta per poche settimane. Ora proseguiranno i lavori della Conferenza dei servizi, già iniziati quando potevano arrivare anche altre proposte. Il fronte di chi si oppone ai piani dei due club e a come la giunta comunale sta gestendo la vicenda tenta ancora di interrompere il percorso avviato. Oggi il comitato Sì Meazza, dopo aver già fatto un esposto alla Procura, ha inviato alla Corte dei conti una segnalazione perché indaghi per danno erariale, chiamando in causa il Comune. Luigi Corbani del comitato Sì Meazza spiega perché ha depositato questa segnalazione.

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    1) Gaza senza cibo da due mesi. Il blocco israeliano agli aiuti continua indisturbato mentre la fame dilaga tra la popolazione. Nella notte colpita con droni la nave della Freedom Flotilla, che voleva portare aiuti nella striscia. (Sami Abu Omar, Simone Zambrin - Freedom Flotilla) 2) Guerra in Ucraina. Secondo le Nazioni Unite la situazione lungo il fronte è peggiorata da quando sono iniziati i negoziati per il cessate il fuoco. In esteri la testimonianza da Sumy. 3) Germania, i servizi segreti classificano Afd come partito estremista. I leader del partito rispondono: azione politica, ci difenderemo. (Alessandro Ricci) 4) L’effetto Trump sulle elezioni nel pacifico. Domani Australia e Singapore al voto. In entrambi i casi i dazi americani hanno ribaltato i sondaggi. (Lorenzo Lamperti) 5) Mondialità. La partita sul clima si gioca tra Usa e Cina. (Alfredo Somoza)

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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