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Il 16 novembre riapre il Bataclan

Saranno passati un anno e tre giorni dall’attentato in cui sono rimaste uccise 93 persone, colpite a caso tra il pubblico che assisteva al concerto degli Eagles of Death Metal. A partire dal 16 novembre, il Bataclan ha deciso di riaprire, di tornare a ospitare concerti, di superare la paura. Sul sito del locale sono stati annunciati i primi nomi dei musicisti che si esibiranno sul palco.

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Si parte con due concerti solisti del cantante inglese Pete Doherty, ex Libertines e Babyshambles, che alcuni mesi fa ha presentato dal vivo il brano scritto proprio dopo gli attacchi di Parigi del 13 novembre 2015. Si intitola “Hell to Pay at the Gates of Heaven” (“L’inferno da pagare alle porte del paradiso”) e comincia così: “Forza ragazzi, scegliete le vostre armi: una J45 (una chitarra acustica Gibson, ndr) o un AK47”.



 

Sempre a novembre, nelle serate a seguire, il cartellone prevede tra gli altri due serate con Youssou Ndour et le Super Etoile de Dakar e un concerto di Marianne Faithfull. Anche lei interpreta una canzone-poesia che le è stata ispirata dalla strage del Bataclan. Questa la traduzione:

“Arrivano di notte, mamma, proprio come hanno fatto prima. Forse adesso è peggio. Aprono la porta e sparano per uccidere. Sarà una specie di maledizione quella che ogni settanta anni ci riporta i nazisti? Stavolta in tutto il mondo. È orribile sentire quell’odio bruciante. Odiano la musica che amiamo, la danza, il jazz, proprio come i nazisti odiavano tutto. E tutto è decadenza. Ragazzini che flirtano e si baciano, colpiti in mezzo agli occhi come cani. Ma adesso non c’è una Inghilterra coraggiosa, né una coraggiosa Russia, o un’America. Tutti sono uguali e giocano il gioco della morte. Tanti in tutto il mondo completamente traumatizzati, come eri tu, come eravate tu e papà alla fine della guerra. Tanti in tutto il mondo trasformati in nuovi nazisti. Che cosa possiamo fare mamma, tranne che piangere per loro? E piangere per noi? Il peccato degli imperi torna a maledirci. Siamo sorpresi che ci odino tanto?”.

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    Sono passati otto mesi da quando Alberto Trentini, operatore umanitario in Venezuela, è stato fermato e arrestato senza motivazione dalle autorità venezuelane mentre svolgeva il suo lavoro per una ong internazionale. Da quel giorno Trentini è in isolamento totale, senza contatti con l'esterno e con la sua famiglia. La madre del giovane chiede al Governo di attivarsi come ha fatto in altri casi. "In questo momento che Alberto è ancora in vita, è fondamentale il ruolo dell'informazione" queste le parole di Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo21. Alessandro Braga ne ha parlato con il nostro collaboratore Lorenzo Marcandalli che segue quotidianamente la vicenda.

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