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Hawking ovvero l’armonia dell’universo

Nella notte tra il 13 e 14 marzo Sir Stephen William Hawking è morto. Una delle menti più belle e delle persone più dolci è scomparsa. Non era soltanto un genio ma vibrava all’unisono con il Cosmo, in armonia. Una misteriosa armonia di cui ti rendevi conto sia leggendo i suoi articoli scientifici e i suoi libri, che assistendo a uno dei suoi seminari, o semplicemente avendo la ventura di scambiare con lui due parole, negli anni ’70 e ’80 la porta del suo studio era sempre aperta. Con le sue equazioni e teoremi metteva in musica l’universo, non le maestose sinfonie di Bach o di Beethoven ma piuttosto lo scanzonato Mozart di “Così fan tutte” e il jazz da brivido di Charlie Bird Parker.

Per singolare coincidenza il 14 marzo nacque Albert Einstein, un altro che frequentava l’universo così come noi andiamo dal droghiere e me li immagino adesso a discutere accanitamente ai bordi dello spaziotempo, che Einstein i Buchi Neri non li ha mai sopportati e Hawking ne ha invece popolato l’intero Cosmo. Il fatto è che i Buchi Neri sono oggetti così massivi da esercitare una attrazione gravitazionale tale da trattenere gli stessi raggi luminosi che non possono superare il cosiddetto “orizzonte degli eventi”. All’ interno di un Buco Nero la densità della materia tende all’infinito, o detto in modo geometrico, abbiamo curve di tipo tempo chiuse, dove cade qualunque distinzione tra passato, presente, futuro e quindi è impossibile porre un principio di causalità (la causa viene per definizione prima dell’effetto) nonché viceversa è possibile costruire tutti i paradossi che vengono generati dal fatto che io possono andare nel passato, modificarlo per esempio uccidendo mio nonno quand’era ragazzo, per cui io non sarei mai nato (ci sono anche paradossi meno omicidi, ma questo si ascolta sempre). In casi come questo parliamo di “singolarità”, cioè, ripetiamo, oggetti che sul piano topologico presentano curve time like chiuse, e su quello propriamente fisico densità infinite, ovvero delle vere e proprie aporie e/o patologie.

E’ abbastanza comprensibile che Einstein non fosse molto contento: all’interno della sua teoria considerata come il tempio della Ragione, si annida, quando una stella di massa superiore a una certa massa critica collassa, una inevitabile soluzione patologica: la singolarità. Per di più questo vale anche per l’intero universo che ha in origine una singolarità esplosiva, il Big Bang. Però almeno i Buchi essendo Neri non comunicano la loro patologia al resto dell’universo (l’informazione viaggia con la luce). Epperò oltre la soluzione di Buco Nero, dove la singolarità è schermata mettendoci al riparo dalle sue follie, esiste anche quella “nuda”, la Naked Singularity che in linea di principio comunica con tutto lo spaziotempo, potendo quindi contaminarlo. E siccome non si è trovato finora alcun meccanismo fisico in grado di inibirla, i fisici si sono inventati il Censore Cosmico che impedisce la formazione di singolarità nude. Perché? Chiederete voi. Semplicemente perché le singolarità nude non stanno né in cielo né in terra. Per cui Einstein poteva dormire sonni relativamente tranquilli.

Se non fosse che Hawking scoprì l’evaporazione dei Black Holes (BH): per effetto quantistico i BH possono emettere energia seppure molto debolmente, insomma sono grigi, cioè almeno il profumo della singolarità si propaga nello spaziotempo. Qui il genio di Hawking enuncia il “Principio di Ignoranza”. Diciamolo così: se ammettiamo che i Buchi Neri possano evaporare, si può affermare che la rottura della validità delle leggi fisiche non è il risultato della nostra ignoranza della teoria corretta ma che rappresenta una limitazione intrinseca alla nostra capacità di predire il futuro dal presente, limitazione la quale deriva direttamente dalla struttura causale permessa dalla Relatività Generale. Ovvero l’evaporazione di un Buco Nero comporta una incapacità di previsione determinista del futuro a partire dal presente a causa di influenze incontrollabili che possono irrompere nel nostro spaziotempo, contaminando la situazione fisica. Si capisce a colpo d’occhio quanto questa concezione proposta da Hawking sia esplosiva, vien voglia di dire sovversiva, rispetto all’idea di un Cosmo ordinato come un orologio, un Universo dove nulla si crea e nulla si distrugge, e tutto si conosce ab initio. Invece l’Universo di Hawking è continuamente creativo di nuovi fenomeni e oggetti, imprevisti e imprevedibili, mentre altri si distruggono, e la conoscenza cresce con l’inevitabile ignoranza (in appendice propongo una definizione più rigorosa del Principio di Ignoranza).

Oltre all’evaporazione dei B.H. e al Principio di Ignoranza, tra i risultati maggiori va citato il teorema che Hawking elaborò con Penrose (1970) dove dimostra con assunzioni molto semplici e del tutto generali che la gravità, la forza attrattiva che tiene insieme il nostro Universo, comporta inevitabilmente la formazione di singolarità, un punto dove tutte le grandezze fisiche assumono valori infiniti. Si badi bene, il teorema non è legato alla Relatività Generale e neppure ad altre teorie, ma solo a alcuni principi e all’intrinseca natura della forza di gravità. Per dirla in altro modo: è un teorema fisico che non abbisogna di equazioni specifiche. Cioè un vero e proprio teorema cosmologico molto potente. Uno dei più belli nella storia dl pensiero.

In fine c’è il lavoro di Hawking rivolto a ciascuno oltre l’ambito specialistico. Alcuni suoi libri come, per esempio, “A Brief History of Time, From The Big Bang to Black Holes” (in italiano “Dal big bang ai buchi neri. Breve storia del tempo”), pur rivolti a un grande pubblico non sono divulgativi, ma veri e propri libri di filosofia naturale con una estesa messe di concetti profondi e complessi, soltanto con il linguaggio matematico ridotto al minimo, figure e grafici essenzialmente. Era questa in Hawking una convinzione profonda, che la scienza fosse un sapere universale, un sapere che può essere tendenzialmente di tutti, e in particolare il sapere che si ha alzando gli occhi al cielo. Un cielo che col suo lavoro di ricerca e scrittura egli ha reso più vicino a ciascuno di noi, disvelandone almeno parzialmente la musica. Ci mancherà la bellezza del mondo che egli inventava con la sua mente (da invenio trovare, e inventare ex novo), e mancherà a coloro per cui egli fu maestro, non solo di pensiero scientifico ma anche di ironia, con quella dolcezza negli occhi indimenticabile.

Il principio di ignoranza. Un collasso gravitazionale che produce un Buco Nero è un esempio di una situazione nella quale la regione d’interazione non è limitata solamente da una superficie iniziale dei dati e da una superficie finale delle misure, ma egualmente da una superficie “nascosta” per rapporto alla quale l’osservatore ha soltanto delle informazioni limitate (nel caso dei Buchi Neri, energia, momento angolare e carica). Per questa superficie “nascosta”vale il “principio d’ignoranza”: tutti i dati sulla superficie compatibili con le informazioni limitate che l’osservatore ha, sono equiprobabili.

  • Autore articolo
    Bruno Giorgini
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    E’ da poco uscito “In Fatti Ostili”, nuovo album della storica formazione milanese Delta V. Durante il tour promozionale del disco, Martina e Carlo sono passati a Volume per raccontarcelo e suonarci alcuni pezzi dal vivo. A legare le nuove tracce, raccontano, “è stato il senso di spaesamento” ma anche “la sensazione di vivere in un mondo sempre più ostile e rivolto unicamente a se stesso”. Nella forma di un elegante cantautorato elettronico, l’album offre una lucida fotografia della società di oggi, in cui concetti di fiducia, altruismo e speranza paiono sempre più lontani. La metafora che la band utilizza per affrontare questi temi è spesso quella della città da cui proviene: “Milano ricorda molto Dorian Grey, si specchia e si vede sempre bella e giovane ma manca sempre più di sostanza”. Ascolta l’intervista e il MiniLive dei Delta V, a cura di Dario Grande.

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