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Gli insetti a tavola e la bufala delle “tradizioni”

In uno dei suoi trattati di storia naturale il filosofo Aristotele ci rivela che ai suoi tempi le cicale erano uno spuntino dall’ottimo sapore. Plinio il Vecchio invece racconta come le larve di scarabeo fossero un piatto ambito nell’antica Roma. Nel Levitico, quando si distinguono i cibi proibiti e consentiti agli ebrei, tra quelli permessi sono citati grilli e le cavallette, che evidentemente erano di consumo comune.

Nel Vangelo di Matteo si legge che Giovanni Battista mangiava locuste intinte nel miele. Nel Medioevo e oltre, in Germania e Francia si mangiava la zuppa Cockhafer, che mescola i maggiolini al vitello, mentre in Italia i bachi da seta erano cibo comune nelle campagne. L’alchermes è un liquore inventato nel Rinascimento e molto servito alla corte dei medici: si faceva con la cocciniglia, ed è la stessa cocciniglia che ancora bevete quando sull’etichetta del vostro alcolico c’è scritto Colorante E120.
Si potrebbe continuare a lungo ma il concetto è chiaro: non è nuovissima questa cosa di mangiare o bere gli insetti. Anzi, ha radici molto antiche anche qui in Europa.
Non sembra quindi molto fondata – in senso storico e culturale – la crociata della destra che oggi strilla contro gli insetti a tavola perché “contrari alle nostre tradizioni gastronomiche”. Semmai è l’opposto: il consumo degli insetti è una tradizione millenaria che è tramontata veramente solo con l’industrializzazione e il consumo massivo di carne.

Tutto questo non per indurre qualcuno a magiare insetti, ognuno faccia quello che vuole, ma solo per disvelare la solita balla, cioè la costruzione fittizia di un passato che non è mai esistito, di una tradizione che viene costruita a tavolino su un modello culturale che invece è solo quello del presente o del passato più recente.

Ma recente davvero: la famosa dieta mediterranea, quella brandita da Salvini e dalla destra come “tradizione”, è invece solo il frutto di una narrazione costruita a partire dagli anni Settanta, come ha spiegato benissimo lo storico dell’alimentazione Alberto Grandi in un libro uscito pochi mesi fa, “Denonominazione di origine inventata”.

In sostanza, nei vent’anni tra i Settanta e i Novanta del secolo scorso – per un insieme di ragioni sociali, culturali ed economiche – ci si è inventati una tradizione millenaria mai esistita, un antico passato di sapienze gastronomiche che non era mai stato tale.

Quello di Grandi è un libro urticante, fastidioso per tutti: a nessuno fa piacere scoprire che il mitico pomodoro pachino è un ibrido di laboratorio creato nel 1989 dalla multinazionale israeliana Hazara Genetics, è più bello pensarlo un’antica coltivazione siciliana.

Ma pensate alla faccia di Salvini se scoprisse la verità: cioè che mangiare le cicale e gli scarabei è molto più tradizionale che mangiare la caprese.

Foto | Ansa

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    Alessandro Gilioli
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    Pubblica di giovedì 20/11/2025

    Tre anni di Chat Gpt. Il 30 novembre 2022 la società californiana Open AI metteva a disposizione degli utenti, gratuitamente, il primo software di intelligenza artificiale (IA). A distanza di tre anni c’è una bolla speculativa, generata dagli investimenti multi-miliardari nell’IA, che rischia di scoppiare su Wall Street. Non è escluso, però, che si sgonfi lentamente, senza provocare grossi danni. Un’ipotesi che i capi di Big Tech (le grandi società tecnologiche da Apple a Microsoft, da Google a Amazon, a Meta e a diverse altre) sembrano escludere, preferendo messaggi allarmistici. Sundar Pichai, amministratore delegato di Google-Alphabet qualche giorno fa ha detto: se scoppiasse una bolla nel settore dell'IA «nessuna azienda ne sarebbe immune, inclusi noi». Pubblica ha ospitato il giornalista e saggista Michele Mezza e la filosofa della scienza Teresa Numerico.

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    Al via le prove sulle tre materie del semestre filtro (chimia, fisica e biologia) per tutti i pre-iscritti a Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Veterinaria, poi per tutti quelli che avranno passato i tre testi (scritti a risposta multipla) andranno in una graduatoria dove poi verranno ammessi a numero chiuso (per le università private e telematiche invece è rimasto lo sbarramento del test d’entrata). “Era difficile fare peggio del numero chiuso, ma la ministra c’è riuscita. Il numero chiuso spostato da settembre a gennaio è una ingiustizia in più e un favore ai privati”. Alessandro Bruscella, Coordinatore nazionale Unione degli Universitari, presenta il ricorso collettivo che da oggi verrà annunciato sotto il ministero con una manifestazione con Rete degli Studenti e altre organizzazioni. “Ci vuole un investimento strutturale, corsi di accesso aperti e poi specializzazioni anche a numero chiuso. Invece ci sono tagli ovunque”. Ascolta l'intervista di Claudio Jampaglia e Cinzia Poli ad Alessandro Bruscella.

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