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Gli “esodati vaccinali” e l’incertezza sulle seconde dosi in Lombardia

esodati vaccinali Lombardia Fontana ANSAesodati vaccinali Lombardia Fontana ANSA

È l’ennesimo pasticcio di una campagna vaccinale che prosegue a tentoni, tra cambi in corsa e disorganizzazione di molte regioni. Si sono autodefiniti “esodati vaccinali”, con il richiamo alla brutta pagina di coloro che, a causa della Legge Fornero, hanno perso stipendio e pensione. 
Sono le persone sotto i 60 anni a cui è stata cancellato il richiamo con la seconda dose di AstraZeneca, ma che non sono ancora state ricontattate per il nuovo appuntamento con Pfizer, od a cui il nuovo appuntamento è stato fissato oltre gli 84 giorni dalla prima dose, il periodo massimo secondo le linee guida ministeriali per avere il richiamo, già allungato dai 72 giorni inizialmente previsti.

Radio Popolare ha raccolto numerose testimonianze sulla situazione in Lombardia di chi si trova in questo limbo.

La scadenza della mia seconda dose è questa settimana, non mi hanno ancora chiamato ed ormai è chiaro che non farò in tempo” racconta Stefania, che lavora in ambito universitario. “Ho chiamato il numero verde della regione ma non mi sapevano dire nulla, mi hanno detto di richiamare”. Anna invece è insegnante a Pavia: “Quando mi hanno rimandato indietro dal centro vaccinale mi hanno detto che mi avrebbero fatto sapere entro alcune settimane. Come alcune settimane??? Ho risposto. Andrei ben oltre la mia scadenza”. Carla invece è un’informatrice sanitaria, a lei l’appuntamento è già stato fissato, ma a 97 giorni dalla prima dose. “Mi hanno detto che non hanno materiale”, spiega.

Gli “esodati vaccinali” appartengono per la maggior parte alla categoria di scuola e università, o a categorie come gli informatori sanitari che hanno aderito, intorno a marzo, a campagne specifiche. Difficile sapere quanti siano tra i 900mila cui la circolare ministeriale ha cambiato la seconda dose. Per deduzione si può pensare che, probabilmente, siano la gran parte, se non altro perché, per dispensare più prime dosi possibili, la maggioranza dei richiami era stata fissata a ridosso o al limite massimo della soglia.

E se c’è chi già ha avuto un appuntamento oltre il limite, per altri l’incertezza è di quando ci sarà il richiamo. Col rischio che si vada molto in là, se continuerà la stessa politica di privilegiare le prime dosi: anche perché nel lungo periodo sarà fondamentale garantire dosi sufficienti di Pfizer e Moderna, le cui scorte allo stato attuale sono quelle più vicine ad esaurirsi e su cui pesa l’incertezza delle forniture future.

E così, se l’Inghilterra ha deciso di anticipare i tempi sulle seconde dosi per contrastare la variante Delta, in Italia per un gruppo di cittadini i tempi ancora si allungano. “Allungare i tempi è una buona cosa per la protezione che offrono i vaccini, tra le 12 e le 15 settimane. Ma questo valeva con la “vecchia” versione del virus – spiega Giorgio Gilestro, neurobiologo all’Imperial college di Londra – ma ora il problema è la diffusione della variante Delta, che è la ragione per cui il governo britannico ha scelto di accelerare ed anticipare le seconde dosi rispetto al previsto, perché la seconda dose sia di Pfizer che AstraZeneca ha un’ottima copertura su questa variante”.


“E quindi noi cosa dobbiamo fare? Rischiamo di vanificare quanto fatto finora?”, continua Stefania esprimendo quel timore che è comune a chi sta nella sua stessa situazione.
 Non è solo una questione medica, ma di serietà e di fiducia già messa a dura prova dai continui annunci e cambi di direzione della campagna vaccinale. “Se un ente pubblico si impegna ad effettuare una prestazione entro quei tempi ovviamente deve rispettarlo”, osservano giustamente dal Tribunale dei Diritti del Malato, che di fronte ad una questione nuova ed appena emersa, ora proverà a capire quali azioni si potranno fare verso quagli enti inadempienti alle loro stesse linee guida.
 Nel frattempo, gli “esodati vaccinali”, attendono.

  • Autore articolo
    Massimo Alberti
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