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Giorno della Memoria, la differenza tra ricordo e memoria: l’intervista alla storica Anna Foa

Giorno della Memoria ANSA

Oggi, nel Giorno della Memoria, Massimo Bacchetta ha intervistato a Tutto Scorre la storica Anna Foa a partire dalle parole pronunciate dalla senatrice a vita Liliana Segre in queste ore. Qual è la differenza tra ricordo e memoria? E quale futuro avrà il Giorno della Memoria quando non ci saranno più testimoni diretti dell’Olocausto?

Mi ha molto capito una recente frase di Liliana Segre, “Quando moriremo noi sopravvissuti, ci sarà una riga nei libri di storia e poi neanche quello”. Se così fosse, allora era solo ricordo e non è diventata memoria. Che distinzione c’è?

Il ricordo è il ricordo di quello che è successo, la Memoria è come quello che è successo ci trasforma e ci fa guardare al futuro. È un’elaborazione che abbiamo fatto. Pensi a quanto è stato difficile costruire questa memoria. Ci sono due aspetti della memoria, da una parte una sua fossilizzazione e dall’altra, invece, un’apertura come un monito verso il mondo. In questo senso la memoria è qualcosa di diverso del ricordo. Certo, noi dobbiamo anche ricordare quello che è successo, ma la memoria non è solo una ricompensa per togliere dall’oblio chi è morto, è un’apertura verso il futuro affinché queste uccisioni non succedano più.

Lei ha la stessa visione un po’ pessimistica di Liliana Segre?

Io credo che siamo noi che siamo stati incapaci, spesso, non sempre – certamente non Liliana che ha dato un contributo enorme alla costruzione della memoria – di porci le domande giuste rivolte alla memoria. È possibile che diventino solo due righe nei libri di storia, ma solo se noi la fossilizzeremo in una sorta di ricordo di quello che è stato senza pensare che ha anche riguardato, tra l’altro, altre vittime. La Giornata della Memoria è rivolta a tutti quelli che sono stati uccisi nei campi di sterminio, non ai soli ebrei, e riguarda tutto il mondo. Riguarda quelli che sono i discendenti dei perpetratori, riguarda quelli che sono i discendenti di chi ha denunciato, riguarda quelli che sono stati indifferenti. Se noi non capiremo questo forse la memoria della Shoah resterà come due righe nei libri di storia. O, aggiungo io, sarà così se ci saranno cose tanto terribili nel mondo da cancellare la Memoria di quell’orrore. Per ora non è così, nonostante i mali del mondo. Non credo che basti la fine, che mi auguro quanto mai lontana, dei sopravvissuti per cancellare la memoria dato il gran numero di scritture e di registrazioni. Le voci dei sopravvissuti sono sempre presenti fra noi.

Viviamo in un momento in cui viene rivendicata la deportazione delle persone, viviamo in un momento in cui assistiamo, su altre culture, alla costruzione del “vivono tra noi e inquinano la nostra cultura e in qualche modo puntano alla nostra sostituzione etnica”. Ritrovo nella cronaca tanti piccoli e singoli elementi che possono essere ritrovati in quella pagina. Mi sembra però di assistere a una situazione in cui la Memoria viene utilizza quasi per rivendicarne un pezzettino. Non è la lezione che la Memoria dovrebbe darci.

Sono d’accordo con lei. Tutto questo, in parte, era nel preludio alla Shoah e a quello che sarebbe successo. E questi piccoli segnali sono rivendicati da chi vuole mantenere la memoria e allo stesso tempo chiuderla al resto del mondo, ‘Per carità, parliamo solo degli ebrei e di quello che è stato allora, non facciamo nessuno confronto con gli altri genocidi né con quello che sta succedendo ora a Gaza’. Questo viene sia da una parte del mondo ebraico, sia da una parte del mondo non ebraico, quella che è al governo e che sta celebrando la Giornata della Memoria eppure accetta quello che sta accadendo.

È possibile che ci sia un tentativo, magari non voluto, di legare la Memoria della Shoah non a tutti noi, ma agli ebrei, come se fosse un credito che la storia ha concesso al popolo ebraico e che bisogna vedere come viene gestito nel corso del tempo.

Il credito è stato effettivamente concesso. Gli ebrei, come eredi e sopravvissuti a un genocidio spaventoso e immane, il peggiore che fino a quel momento si fosse visto e realizzato, hanno avuto un credito. Ora mi sembra che questo credito sia completamente esaurito e gli ebrei e gli israeliani hanno da fare i conti con una storia che in qualche modo, nel migliore dei casi, riparte da zero. Riparte da zero nel senso che non abbiamo più crediti da riscuotere, siamo riconsiderati pienamente responsabili, che poi non è nemmeno giusto perché è vero che, invece, la Memoria della Shoah in Israele, nei sopravvissuti e nei discendenti, ha influenzato. È vero che esistono dei traumi non ancora risolti, ma non tutto può essere misurato sui traumi irrisolti e adesso si apre una nuova fase.

Come può il male assoluto tradursi in un credito che si esaurisce? Dovrebbe essere un punto ineliminabile per tutti noi.

Certo, la memoria del male assoluto può anche voler essere non il male assoluto in sé, ma il fatto di poter evitare questo male assoluto, solo che in molta parte del mondo ebraico e nella destra israeliana, evitare il male assoluto ha voluto dire evitarlo per gli ebrei e solo per gli ebrei, non per il resto del mondo. Qui c’è la differenza tra universalismo e una visione assolutamente ristretta e legata al solo mondo ebraico che vediamo riaffiorare continuamente in questi giorni e che spinge a considerare antisemita qualunque critica venga fatta a quello che sta succedendo in Medio Oriente.

A questo indirizzo puoi riascoltare l’intervista completa ad Anna Foa.

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