
Cominciamo da quanto è avvenuto oggi a Gaza: e cioè il caos, nel primo vero giorno di attività della nuova fondazione privata creata e finanziata dal governo israeliano per la distribuzione degli aiuti. Decine di migliaia di persone affamate si sono accalcate nel pomeriggio intorno agli unici due punti di raccolta: quello di Rafah è stato assaltato, sono stati sparati colpi per disperdere la folla. La giornata è finita con il personale statunitense addetto alla sicurezza che è fuggito e con l’esercito israeliano che ha preso il controllo della zona. Ma vediamo più nel dettaglio. Dopo una prima prova generale, ieri, oggi è entrato ufficialmente in funzione il sistema organizzato da Israele per scavalcare ed escludere dalle attività umanitarie le agenzie delle Nazioni Unite. Nel pomeriggio hanno iniziato a circolare le prime notizie di spari e feriti a Rafah. La notizia è stata confermata dai media israeliani, ma non ci sono dichiarazioni ufficiali da parte dell’esercito. I filmati mostrano decine di migliaia di persone in una distesa di terra brulla e macerie (quanto resta della città al confine con l’Egitto dopo 20 mesi di guerra), poi questa stessa folla che spinge sulle recinzioni e infine, disperata, affamata, prostrata dal bisogno, entra nell’area destinata allo stoccaggio dei pacchi. E’ stato sparato qualche colpo in aria, poi il personale statunitense di sicurezza messo a guardia del sito è scappato ed è stato evacuato dall’esercito israeliano. Il ministero della sanità di Gaza ha riferito anche di diversi feriti, ma non si ha notizia di vittime al momento. Non solo: la distanza dei centri dai luoghi dove sono accampati gli sfollati ha esposto la popolazione al passaggio in aree pericolose, oggetto di raid, o controllate dall’esercito.
Critiche sono state espresse, per l’improvvisazione e la mancanza di competenza, da molte agenzie e osservatori, a cominciare dall’Unrwa, che nella striscia aveva un tempo 400 punti di distribuzione. La distribuzione è dunque al momento sospesa: sono stati consegnati appena 8mila pacchi, per una popolazione di due milioni di abitanti alla fame da mesi.