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Focolaio di COVID-19 a Bologna, tra Bartolini e l’ex hub di via Mattei

AUSL Bologna

Il focolaio di COVID-19 legato alla Bartolini di Bologna sembra sotto controllo. 107 i positivi confermati, 8 dei quali nel centro di accoglienza di via Mattei in cui risiedono alcuni migranti impiegati come magazzinieri. In queste ore proseguono le operazioni di test a tappeto, mentre l’Azienda USL di Bologna ha ritenuto non necessario chiudere il magazzino da cui sarebbe partito il piccolo focolaio.

Abbiamo fatto il punto della situazione con Marco Lombardo, Assessore Attività produttive, Accessibilità, Relazioni europee ed internazionali, Cooperazione internazionale, ONG, Lavoro, Politiche per il Terzo Settore per il Comune di Bologna.

L’intervista di Lorenza Ghidini e Claudio Jampaglia a Prisma.

Partiamo dal focolaio legato alla Bartolini di Bologna. Sappiamo che sono stati fatti i tamponi, sono stati trovati alcuni positivi e il sindacato Si Cobas chiede che venga chiuso quel magazzino. C’è una valutazione in questo senso?

Si tratta di un focolaio che ha riguardato principalmente l’attività dei magazzinieri di una società che lavora in subappalto per Bartolini. Sono stati fatti tracciamenti e tamponi che hanno evidenziato l’esistenza di un focolaio. Per quanto riguarda la decisione di chiudere o no l’attività di magazzino, questo dipende dalle autorità sanitarie locali. L’AUSL ha fatto i rilievi, notando che il numero dei positivi si è abbassato negli ultimi giorni, e ha deciso che ci sono le condizioni per la chiusura dell’attività. So che oggi ci saranno delle manifestazioni da parte dei lavoratori e noi continueremo a tenere monitorata questa vicenda e le implicazioni che questa vicenda ha in altri luoghi della città.

Come il centro migranti di via Mattei, perché alcune delle persone che alloggiano lì, circa 200 migranti richiedenti asilo, lavorando come magazzinieri. Come viene contenuta la situazione?

Bisogna fare due riflessioni al riguardo. Dove ci sono condizioni di lavoro più precarie e instabili, il rischio è che ci possano essere più aumenti del contagio. Questo deve suonare come un campanello d’allarme non solo a Bologna, ma in tutto il resto d’Italia. Dove si fanno lavori di tracciamento rapidi e isolamento si riesce a confinare il propagarsi del contagio, ma non bisogna abbassare la guardia rispetto alle misure di sicurezza e all’applicazione dei protocolli di sicurezza. La pandemia non è passata e passerà solo quando avremo dalla scienza un vaccino che ci consenta di essere immuni. L’altra riflessione che bisogna fare è che molte di queste persone rischiano, anche di fronte ad un episodio di febbre, di tornare a lavorare senza dire nulla perché le condizioni di lavoro che hanno li pongono in una situazione di forte difficoltà economica.
Noi abbiamo subito chiesto alla AUSL, in collaborazione con la Prefettura, di far svolgere subito tutti i tamponi e devo ringraziare i medici della AUSL che hanno lavorato nelle ultime ore facendo i tamponi a tappeto nella struttura.
Stiamo aspettando i dati: ad oggi ci sono otto casi positivi, già messi in isolamento. È chiaro che in quel tipo di strutture è molto difficile tenere il distanziamento fisico, perché ovviamente non sono strutture idonee in caso di aumento sensibile del contagio. Penso che dovremmo fare di tutto per mettere in sicurezza le persone che vi risiedono e anche i lavoratori dell’accoglienza ed evitare che si crei allarmismo e odio sociale, come quello che è successo a Mondragone con riferimento alla comunità bulgara che lavorava nella filiera agroalimentare. I settori più a rischio sono quelli in cui le condizioni di lavoro sono più basse e noi dobbiamo cercare di non abbassare la guardia rispetto alla soglia di attenzione sui temi della sicurezza.

Ci hanno spiegato in tutti i modi che da adesso in avanti dovremo fare i conti con micro-focolai familiari o legati al posto di lavoro. La questione della B Bartolini che dubbi solleva sulla questione delle segnalazioni e del tracciamento? Qualcosa non ha funzionato?

Più il tracciamento e l’isolamento sono tempestivi, più si riesce a confinare quel tipo di cluster o di focolai. È che chiaro l’AUSL sta facendo di tutto, ma devono essere le aziende a osservare scrupolosamente i protocolli di sicurezza. Noi siamo stati i primi ad istituire un tavolo metropolitano sulle misure di sicurezza, ma bisogna poi avere gli strumenti e le risorse per fare attività di monitoraggio, che deve partire prima di tutto dalle aziende.
Voglio ricordare anche che di tutti questi casi, la stragrande maggioranza è rappresentata da casi asintomatici: solo 2 casi della Bartolini hanno portato al ricovero ospedaliero. Questo per spiegare un po’ qual è la situazione del virus oggi. Noi dobbiamo avere la consapevolezza che il virus non è passato, ci possono essere focolai di questo tipo e bisogna evitare di allentare la soglia dell’attenzione.
In primis se ne devono occupare le aziende nel comparto della logistica, dell’agroalimentare, nella ristorazione e in tutte le attività nelle quali c’è più rischio, anche a causa di tutto il sistema dei subappalti, che ci siano delle aziende che risparmiano rispetto all’osservanza scrupolosa delle misure. E da parte nostra, anche a livello istituzionale, c’è bisogno di un coordinamento delle attività di monitoraggio. In questo caso noi ci sentiamo con la AUSL, con la Prefettura e con l’ispettorato del lavoro, ma è fondamentale che anche dalla Regione e dallo Stato arrivino delle risorse sufficienti affinché questi controlli si possano fare tempestivamente nel caso in cui non siano stati fatti dalle aziende. È qui che io vedo le debolezze strutturali del sistema.

Foto dalla pagina Facebook dell’Azienda USL di Bologna

(Potete ascoltare l’intervista a partire dal minuto 27)

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