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Incontro con Ken Loach

Ken Loach al Festival di Locarno in Piazza Grande, con il suo film Palma d’Oro I, Daniel Blake. Un’occasione per fare il punto su tutta la sua carriera cinematografica e professionale, grazie al documentario Versus: the life and films of Ken Loach di Louise Osmond (prodotto da Rebecca O’Brien), che ripercorre la sua passione artistica e sociale da quando era studente ad oggi, con momenti inediti di narrazione di sé. Ma anche un’occasione per confrontarsi sulle grandi tematiche attuali: dalla politica europea al terrorismo.

Un cinema che tiene sempre presente il fattore umano, sia nei contenuti che nella forma: “Quando giro una scena, la posizione della macchina da presa corrisponde al nostro occhio, il punto in cui viene posizionata deve coincidere con lo sguardo degli occhi, per riuscire a raccontare in modo umano. Bisogna cercare di essere nella stanza con le persone e le storie che riprendiamo”.

Per scrivere la sceneggiatura di I, Daniel Blake, insieme al fedele Paul Laverty, Loach ha viaggiato per tutto il Regno Unito, cominciando dall’antica zona delle Midlands, fino a Newcastle, il luogo in cui è ambientato il film, ex sede di cantieri navali e molto importante per le lotte operaie. “Noi siamo stati lì, ma non è difficile trovare gente che vive in povertà, la si trova in ogni città. Ovunque ci sono persone che fanno la fila alle mense dei poveri. La burocrazia che gestisce il welfare è kafkiana, è così come la racconto nel film. Chi governa è consapevole di tendere una trappola ai cittadini, soprattutto ai disabili o a chi soffre di più e i media non lo dicono”.

Le storie di Ken Loach, sempre immerse nella realtà, spiegano molto il suo pensiero politico. Un impegno che si è sviluppato alla fine della Seconda Guerra Mondiale. “Quando ero ragazzo l’idea che esistesse un bene comune era fondamentale, avevamo appreso questo dalla guerra, l’idea di un welfare per tutti. Poi c’è stato il disastro della Thatcher in cui ha prevalso il bene individuale e non è più stato possibile risalire la china. Ora è così, la politica non è più credibile perché non si occupa più del sociale. Vince l’egoismo. Anche l’organizzazione politica del Partito laburista è assurda, la burocrazia del partito lotta contro i membri del partito, chiede l’impossibile per partecipare attivamente”.

Prima del referendum di giugno sulla Brexit, Loach aveva sottoscritto un appello insieme a registi, scrittori, attori, artisti e opinionisti per votare contro l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa. Per motivi politici, culturali e con l’ambizione di creare un grande Continente unito, forte e solidale, che offrisse un futuro di scambio per i giovani. Spiega così, la disfatta dei questo voto: “Molti hanno votato per Brexit perché si sentono alienati. Prima o poi capiranno che è stato un errore, ma chi vive in provincia considera Londra come un pianeta diverso, che li trascura e che non sente la loro voce. Reagiscono incolpando l’immigrazione e votando a destra. I cittadini del Nord-Est dell’Inghilterra hanno votato così perché si sentono abbandonati e messi da parte. Il problema, che non è stato spiegato, è che Brexit non cambierà le cose in meglio perché riducendo le tasse per le grandi aziende ci saranno meno soldi per il sociale e per la classe operaia. Le cose peggioreranno a breve termine.”

Poche speranze quindi nella visione di Loach, la realtà è più forte e per il regista inglese sembrerebbe tutto perduto. Invece: “Dov’è la speranza? Penso che sia nella rabbia, in una rabbia costruttiva che potrebbe trasformarsi in un movimento. Per questo mi spiace essere uscito dall’Europa, mentre per trasformare le cose dovremmo allearci con le forze di sinistra di tutta Europa. Anche i giovani mi danno speranza, la maggior parte di loro ha votato contro Brexit.”

In questo incontro a Locarno, che lo stesso Ken Loach ha definito “tipo guru”, non poteva mancare un commento sulla situazione internazionale, sugli atti terroristici dell’Isis e le reazioni globali. “Oh, God! Se guardiamo la Storia, l’Occidente ha controllato e deciso da secoli i destini dei popoli del Medio Oriente (un termine che considero imperialistico, perché dipende da dove ti trovi). Ora, l’espressione della rabbia diventa aberrazione e orrore, ma conoscendo la Storia non c’è da stupirsi che la rabbia assuma forme orribili. Siamo noi che abbiamo tracciato i confini e le linee sulle mappe. Non possiamo dimenticarlo e dovremmo essere un po’ più umili quando giudichiamo questi atti terribili e scioccanti”.

  • Autore articolo
    Barbara Sorrentini
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    La notizia che pubblica il Wall Steet Journal è clamorosa. Il quotidiano finanziario di New York ha reso pubblica una lettera che Trump scrisse a Jeffrey Epstein, morto in carcere dove era rinchiuso con accuse di traffico sessuale tra minorenni, per il suo 50esimo compleanno in cui si faceva esplicita allusione all’intesa tra i due per via del rapporto con le ragazze di Epstein. La lettera è contenuta in un album con le lettere di altri amici di Epstein. Trump scrisse un immaginario dialogo tra i due in cui alludeva alle avventure sessuali come il piu forte legame della loro amicizia, corredato dalla foto di una ragazza nuda. Trump ha reagito alla solita maniera: è una fake news, ha detto, e ha annunciato una causa al giorrnale e all’editore Rupert Murdoch. Poi ha detto che il ministero della giustizia renderà noti i documenti su Epstein. In realtà il complotto degli Epstein Files fu alimentato proprio dagli ambienti della Alt Right statunitense che sostiene Trump. E lo stesso Trump ha accusato di nuovo i democratici. Mario Del Pero, professore alla univeristà Science Po.

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    19 luglio 1992, la strage di via d’Amelio a Palermo. Il giudice Paolo Borsellino viene ucciso in un attentato insieme ai suoi agenti Agostino Catalano, Walter Eddie Cosìna, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi e Claudio Traìna. A 33 anni dalla strage nuove polemiche segnano l’anniversario. La prima. L’Associazione dei parenti delle vittime delle mafie ha protestato una decina di giorni fa contro il governo Meloni per aver trasferito 43 milioni di euro dal fondo per le vittime delle mafie al finanziamento dei giochi olimpici di Milano-Cortina. La seconda vicenda – la principale – è quella che riguarda la Commissione parlamentare d’inchiesta sulle mafie, presieduta da Chiara Colosimo, deputata di Fratelli d’Italia, fidata collaboratrice di Giorgia Meloni sui temi della criminalità organizzata. La Commissione antimafia è bloccata per un veto della maggioranza di destra contro due suoi componenti dell’opposizione, i senatori dei Cinque Stelle ed ex magistrati Roberto Scarpinato e Federico Cafiero de Raho. In particolare, l’ex procuratore generale di Palermo Scarpinato è osteggiato dai parlamentari della destra perché le sue denunce sulle stragi del 1992-93 coinvolgono anche esponenti dell’estrema destra e dell’eversione nera. Roberto Scarpinato è stato ospite oggi a Summertime. Lo ha intervistato Andrea Monti.

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