
La guerra dei numeri è inziata subito. Dal palco hanno detto: “Siamo 2 milioni”. In realtà, erano molti, molti di meno. Chi conosce con precisione le misure del Circo Massimo sa bene che benché siano state migliaia le persone che abbiano partecipato, il Family Day non è stato il successo a cui puntavano gli organizzatori.
Rispetto al 2007, alla manifestazione che fermò i Dico, i tempi sono cambiati. Meno persone, meno politici e sempre più a destra, una presenza meno significativa della stessa Chiesa Cattolica – in piazza ieri c’erano le frange più ortodosse.
L’ultima adunata di un esercito che sta combattendo una battaglia di retroguardia.
E’vero che i sondaggi danno cifre altalenanti rispetto a ciò che gli italiani pensano delle adozioni e dei matrimoni gay, ma è anche vero che la società italiana è sicuramente più avanti rispetto al modello unico e ortodosso di famiglia rivendicato, spesso con venature di ipocrisia se si pensa all’opportunismo dei politici, dal palco del Family Day.
Non è stato un vero e proprio flop, ma non è stato neppure un successo. Ora tocca ai parlamentari che dovranno votare il Ddl Cirinnà decidere come interpretare quella piazza. Se cadranno ancora una volta nella trappola del condizionamento di un voto cattolico che – di fatto – non esiste più da anni così come l’abbiamo conosciuto nella Prima Repubblica, otterranno come risultato di negare un diritto a chi dovrebbe averlo e daranno in ostaggio la società italiana a quella piazza così conservatrice.
Se invece invece non ascolteranno quella stanca sirena, ci porteranno al livello della maggior parte dei paesi europei. Se ragioneranno in questa ottica non solo politica, ma anche civile e storica, il Circo Massimo può essere considerato già il Passato.