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Expo promossa (con riserva)

La fine di Expo è il giorno dell’orgoglio degli Expottimisti, di chi ha creduto all’esposizione universale nonostante tutto. Le istituzioni cantano vittoria, dal Governo, alla Regione al Comune. Per un giorno si dimenticano i guai del dopo manifestazione, dello spazio da mettere in valore, degli accordi ancora da confermare per trasformare il “pesce” (l’area espositiva di Expo 2015) in una cittadella della scienza.

Il primo dato è quello dei visitatori: oltre 21,5 milioni, secondo le cifre date dal Commissario unico Giuseppe Sala. Lo psicodramma ancora non è chiuso, certo: il prezzo medio è più basso (ancora non si sa di quanto) rispetto alle previsioni iniziali e resta il giallo dei primi tre mesi in cui le cifre fornite dalla società erano state un po’ ritoccate, causa “fornelli in tilt”. Insomma, bisogna vedere se i biglietti venduti saranno sufficienti a chiudere i conti in pareggio per la società. Il dato certo è la massa di persone che ha visitato Milano, in un’atmosfera sempre di festa.

Se c’è da individuare un punto di svolta nella storia di Expo, forse questo è proprio il giorno dell’apertura dei cancelli, il primo maggio. La legittima contestazione dei No Expo, durante la May Day, ha superato il segno provocando la distruzione di macchine e vetrine. Un danno calcolato in  circa 1,5 milioni di euro. In quel momento i milanesi hanno deciso da che parte stare, nonostante una certa malcelata indifferenza per l’esposizione universale, come testimoniano i pochi visitatori dei primi mesi. Ma il giorno dopo è scesa in campo “la sinistra Mastrolindo”, come l’ha definita in modo sprezzante il manifesto: una parte di città che ha risposto all’appello del sindaco di ripulire la città e rimetterla a nuovo. in fondo, quello spirito è poi rimasto nella testa della città.

Gli altri numeri riportati dall’Ansa confermano l’immagine di un’Expo popolare. Sessanta capi di Stato in visita, 2 milioni di studenti, 20 mila lavoratori (il cui futuro però è incerto), 95 aziende fermate da interdittive antimafia dalla Prefettura e 26 tonnellate di cibo recuperato. In questi numeri così imponenti e così diversi stat tutta Expo: un’operazione universale e per questo contraddittoria. Ma positiva, in fondo. Il commissario Sala, in preda all’ubriacatura del successo, dice che Expo “ha conquistato il mondo”. In realtà sul piano dei contenuti i risultati non sono stati soddisfacenti come per i numeri. E la riserva sul successo si scioglierà solo alla fine dell’armistizio con la Procura di Milano, proclamato dopo l’ultima ondata di arresti. L’Expo fase due (post maggio 2014) è davvero stato esente da infiltrazioni criminali e corruzione? La risposta la avremo nei prossimi mesi.

“Quando qualcosa finisce c’è sempre un po’ di malinconia”. La cerimonia è ancora in corso e il sindaco Pisapia mostra già sintomi di Mal d’Expo: i sei mesi di esposizione universale hanno ridato spolvero a Milano e, di conseguenza, anche ai suoi cinque anni a Palazzo Marino. Capitale morale o no, poco importa: resta l’ormai celeberrimo “Milano is the place to be” scritto in un articolo del New York Times  del luglio 2015 che ha significato un’investitura per la città della Madonnina. Gli ultimi dati di diverse agenzie di viaggio internazionali affermano che Milano è la seconda città più visitata d’Italia, dopo anni passati a fare l’anima grigia del Belpaese. Facile che tutto questo sia solo un simbolo. Ma il valore che si porta appresso è indiscutibile: Milano sa essere una città che ospita turisti, che si rimbocca le maniche, che mostra un volto efficiente.

La città è promossa: i mezzi pubblici hanno gestito l’urto dei visitatori, il programma di intrattenimento è stato vario e adatto sia ai turisti che ai milanesi. Con la scusa dell’Expo sono state riqualificate aree come la Darsena o via Stephenson: il grande evento ha spinto sull’acceleratore anche fuori dai recinti del sito espositivo. Certo, l’effetto Expo ha toccato solo la città: l’Italia pare ancora guardare il capoluogo milanese con un misto di invidia, ammirazione e  disprezzo. Lo si nota dalle conseguenze delle parole di Raffaele Cantone, il presidente Anticorruzione che affibbiando a Milano il ruolo di capitale morale ha voluto gettare ombre su Roma.

I numeri per l’indotto non sono ancora disponibili, ma l’impressione, almeno a sentire la Camera di Commercio, è che i risultati ci siano. Expo 2015 “ha ridato all’Italia e a Milano un ruolo centrale a livello globale”, sostiene il presidente milanese Carlo Sangalli. “Questo straordinario risultato – ha aggiunto – è la vera eredità dell’esposizione universale”. L’ultimo dato è quello del sondaggio Coldiretti/Ixé: gli italiani hanno speso complessivamente oltre 2,3 miliardi per visitare l’Esposizione universale tra viaggio, alloggio, spese varie fuori ed ingresso e consumazioni all’interno. Un primo segno di ripresa? Forse. E in caso, la promozione dell’evento sarebbe a pieni voti.

  • Autore articolo
    Lorenzo Bagnoli
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