
La ministra della Famiglia Eugenia Roccella avrebbe potuto scegliere la strada della verità: esiste l’antisemitismo nella società italiana ed europea, e quindi esiste l’antisemitismo anche a sinistra. La guerra a Gaza ha rappresentato senza dubbio il pretesto perché una quota di questo antisemitismo venisse allo scoperto. Ma ogni parallelo con l’unicità della Shoah a opera dei nazisti, dei fascisti e dei loro volenterosi alleati è improponibile. Se avesse parlato così, la ministra della Famiglia si sarebbe messa al riparo da qualsiasi contestazione. Invece, ha scelto la strada della provocazione. Ridurre i viaggi ad Auschwitz a “gite” significa mettere in ridicolo il lavoro di chi tenta di mantenere viva la Memoria dello sterminio. Affermare che l’intenzione di chi organizza le presunte “gite” sarebbe quella di relegare l’antisemitismo al solo fascismo negando un antisemitismo “di sinistra” significa al tempo stesso insinuare la malafede del campo antifascista e intaccare l’unicità del genocidio degli ebrei nel ‘900, la cui responsabilità ricade a pieno titolo anche sui fascisti italiani. A destra conviene alimentare la polemica contro i nemici politici interni, un po’ nella chiave della vicinanza culturale e politica con il governo di destra israeliano, sostenuta da diverse componenti delle comunità ebraiche italiane. E un po’ per tentare di negare le proprie responsabilità storiche. L’antisemitismo, le leggi razziali, il contributo fascista alla Shoah sono il grande rimosso della destra italiana che si considera erede del Movimento Sociale. Il neofascismo non fece mai i conti con Auschwitz. Nella seconda Repubblica azzardò un tentativo Gianfranco Fini poco prima di essere fatto fuori da Berlusconi. Dopodiché, il nulla. Eugenia Roccella, con la sua esternazione, non ha fatto che innestarsi nel solco.