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Renzi sfida le forze a sinistra del Pd

Alle forze politiche a sinistra del Pd, Renzi dalla Leopolda lancia una sfida:

“chi ci vuole stare, sui temi di cui stiamo parlando, è il benvenuto, pari dignità tra gli alleati. Chi non ci vuole stare avrà il nostro rispetto”.

Il segretario Pd usa la Leopolda, ottava edizione, per la inaugurare la campagna elettorale più difficile, quella dove parte all’inseguimento di tutti: di Berlusconi, del Movimento 5 Stelle, dei voti di sinistra, e lo fa senza mutare di una virgola la sua retorica e la sua strategia.

La retorica: non rinnega nulla, anzi rilancia.

Ammette la sconfitta al referendum costituzionale di un anno fa e dice “ripartiamo da lì”. E poi elenca: servizio civile obbligatorio per tutti i ragazzi e ragazze, estendere gli 80 euro alle famiglie con figli, creare un altro milione di posti di lavoro, puntare alle leggi sul sociale.

La strategia: la sfida permanente.

Noi siamo qui, è il messaggio di Renzi ai partiti alla sua sinistra, ma andiamo avanti comunque, con o senza di voi.

“Si parla della vita delle persone quando si parla di lavoro, non dei convegni sull’articolo 18. Qualcuno usa strumentalmente i temi del lavoro, quanto hanno preso in giro gli 80 euro quelli che hanno un grande conto in banca. Vogliamo creare lavoro, non dare assistenza con il reddito di cittadinanza”.

La Leopolda è con lui. Quando la viceministra all’economia Teresa Bellanova scandisce: “l’unità si costruisce adesso, dopo il voto è solo becera contrattazione” scatta l’ovazione più grande, che nemmeno Renzi riesce a raccogliere.

In realtà, sono già tutti consapevoli: “Che credibilità hanno? Con chi dobbiamo parlare? Con Pisapia che cambia idea ogni mezz’ora? Con D’Alema che te se magna?” argomenta dietro le quinte un dirigente.

E quel ringraziamento di Renzi a Prodi, a Fassino, ai mediatori sembra una presa d’atto del fallimento del tentativo.

L’estetica della Leopolda è sempre la stessa: le frasi motivazionali alle pareti, l’ossessione per i giovani, col palco monopolizzato dai Millennials, Renzi che è sempre e solo “Matteo”: “Matteo parla a mezzogiorno”, “Come dice Matteo”.

Mai come quest’anno si interpretano i segnali. “Sul palco hanno parlato solo i ministri, hai notato?” Tradotto: la prima preoccupazione di Renzi è ricompattare il partito, e Franceschini e Minniti coi loro interventi, gli applausi, gli abbracci sono quello che il segretario voleva.

Mai come quest’anno al segretario interessa prima di tutto tenere assieme il partito, che ha subito una scissione e che ha dato segni di difficoltà di tenuta. L’altro segnale che viene interpretato, nelle pieghe del discorso, è l’attenzione data ai temi sociali, dell’assistenza, del terzo settore. Accanto al fine vita e ai diritti civili. In questo caso, la traduzione dice: si vogliono convincere a votare Pd sia i cattolici che il mondo laico, perché si vanno a cercare lì i voti che si considerano persi a sinistra.

  • Autore articolo
    Luigi Ambrosio
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    Il trumpismo fa paura. L'autoritarismo trumpista ancora di più. A Pubblica la prima sintesi degli incontri alla Casa della Cultura di Milano per il ciclo "Autoritarismi in democrazia" (Osservatorio autoritarismo, Università Statale Milano, Libertà e Giustizia, Castelvecchi) di cui Radio Popolare è media partner (qui il programma https://www.libertaegiustizia.it/2025/11/21/autoritarismi-in-democrazia/). Ospite del primo incontro (22 novembre 2025) la filosofa Chiara Bottici, della New School for Social Research di New York. «Il clima negli Stati Uniti – ha raccontato la filosofa - è estremamente allarmante, estremamente preoccupante. Quando parlo di neofascismo non è un'esagerazione, non è un modo per dire "questi sono cattivi, Trump è autoritario"».

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