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Elezioni in Toscana: comunque vada, sarà diverso

elezioni in toscana lupi

In Toscana fa molto caldo in questi giorni. E’ settembre inoltrato ma le temperature arrivano a 32, 33, 34 gradi. Un caldo umido che non fa respirare fin dalle prime ore del mattino.
Dario Danti è insegnante, intellettuale, assessore alla cultura a Volterra. Ci è arrivato dopo avere fatto l’assessore alla cultura a Pisa. Quest’anno Danti ha candidato Volterra a capitale della cultura 2021, simbolo di una Regione che spende in cultura sei volte la Lombardia, pro capite.
Lo incontriamo a Pisa, davanti alla stazione dei treni. E’ mattina presto ma il sole è già bollente.
Mettiamoci all’ombra, cerchiamo una panchina
“Le panchine non ci sono più, qui era pieno ma il comune da quando c’è la destra le ha fatte togliere, perché dicono che ci si sedevano i barboni e i tossici”
E i pisani?
“Le persone sono contente, dicono che hanno fatto bene”
Le persone che sono contente perché il comune ha fatto sparire le panchine dove si sedevano i tossici e i barboni. Dove l’abbiamo già visto? Ma sì, l’abbiamo visto per la prima volta a Treviso, nel profondo nord leghista. Quando c’era il sindaco Gentilini, “lo sceriffo della Lega” quello della “tolleranza zero anzi sottozero”, quello che si dichiarava fascista e che voleva sparare agli immigrati anche se poi si accontentava di togliere le panchine. Sono passati 20 anni. Da lì lo hanno fatto poi in tutto il nord, e lo hanno fatto nel resto del Paese molti amministratori, di destra ma pure di sinistra.
Adesso succede a Pisa. La città della Normale e della Scuola Superiore Sant’Anna, la città che ha 90mila abitanti e 50mila studenti universitari. “E la gente è contenta”.
Pisa, con Siena, è stata la conquista più clamorosa della destra nella sua avanzata in Toscana. La città rossa, la città della grande cultura universitaria, la città della scienza con una importante sede del Cnr, la città dei turisti che arrivano da tutto il mondo a mettersi in posa davanti alla torre pendente nel gesto di sorreggerla con le mani, per farsi fare le foto tutte uguali da mandare agli amici e ai parenti in Cina, negli Stati Uniti, in Russia e in tutto il resto del pianeta.
Un cosmopolitismo di massa che il covid ha azzerato.
Pisa, Firenze, sono vuote. Belle come mai, ma in crisi. Quel modello del turismo di massa generava l’otto per cento del Prodotto Interno Lordo della Regione, ora non c’è più e alla fine del 2020 il calo complessivo del Pil regionale, si calcola, sarà dell’undici per cento. Significa 160mila posti di lavoro potenziali in meno. Un guaio che si innesta sui danni della crisi del 2008.
Negli ultimi dieci anni la povertà assoluta e il numero dei disoccupati sono raddoppiati, afferma Stefano Casini Benvenuti, direttore del dell’Istituto Regionale per la Programmazione Economica della Toscana. Ma basta la crisi economica a spiegare l’avanzata della destra che per la prima volta sogna quello che non aveva mai osato, vincere nella terra che fu la più rossa d’Italia e forse d’Europa? Solo in parte.
L’analisi è ormai nota: le due Toscane, quella ricca attorno a Firenze, e quella impoverita, della costa, delle aree interne, della Maremma. Il Partito Democratico che tiene nella Toscana ricca, la destra radicale che avanza nella Toscana impoverita. Succede a Milano, succede a Roma, è successo in Emilia Romagna e adesso succede qui.
“Vuoi vedere i leghisti? Vai al Cep”.
Il Cep è il quartiere di case popolari dove un tempo le iniziative politiche le prendeva Lotta Continua e che oggi dà il suo consenso a Salvini. Gli inviati vanno al Cep, compresa la stampa internazionale che ha mandato i suoi inviati a capire cosa stia succedendo.
Torna in mente la storia delle panchine della stazione di Pisa. Anche la storia del quartiere popolare che vota a destra l’abbiamo già vista un po’ in tutta Italia. Solo che fa impressione accada qui. La terra dove una volta l’egemonia della sinistra era inattaccabile. E oggi, invece, non è più così.
Bisogna allargare lo sguardo per osservare come quello che sembrava un modello eterno, il modello del consenso alla sinistra nell’Italia centrale, fondato sulla buona amministrazione, sui servizi pubblici, sul sostegno alle attività produttive, sulla cultura, si stia sgretolando.
Il segretario del Pd Zingaretti ha rilasciato una intervista a La Nazione, il quotidiano di Firenze, a cinque giorni dal voto. Alla domanda sull’avanzata leghista ha risposto come facevano un tempo i politici della prima repubblica: teniamo a Firenze, a Prato, a Livorno.
Tattica difensiva. Votate noi se no arrivano quelli cattivi.
In Toscana il Pd si difende dall’assedio nero, lottando dai bastioni evocati da Zingaretti. L’Umbria è già passata a destra. Le Marche stanno crollando. E pensando alle Marche non si può non pensare a Luca Traini, alla tentata strage di Macerata. Il militante della Lega con trascorsi nell’estrema destra che uscì di casa armato di pistola e iniziò a sparare a tutti i neri che incontrò. Per fortuna, aveva una pessima mira, e non uccise nessuno. A Macerata, alle politiche che si tennero da lì a poco, la Lega invece che scomparire passò dal 4 al 20 per cento. Il ministro dell’Interno del Partito Democratico Minniti, l’uomo della cultura della sicurezza, del pugno duro, degli accordi con la Libia, fu clamorosamente sconfitto a Pesaro, un altro luogo dove un tempo il rosso era il colore naturale, non c’era nemmeno bisogno di dirlo.
Adesso, la vera paura del Pd in Toscana è che l’onda travolga tutto e che le panchine di Pisa siano significative quanto la piazza dei Miracoli vuota di turisti.
Lo confessano ma a microfoni spenti.
“E’ come se ci stessero dicendo un se ne po’ più di voi”.
Perché?
“Perché si vuole cambiare”.
La crisi nasce da lontano. Dalla crisi delle partecipazioni statali nelle province della costa negli anni ’90, dalla crisi del porto di Livorno, dalla arretratezza delle infrastrutture. Ora si punta sui soldi del recovery fund, sulle parole come digitalizzazione, economia ambientale, infrastrutture -si ma quali? L’autostrada tirrenica sì o no? Il potenziamento dell’aeroporto dove, a Pisa o a Firenze?
La dinamica centro-periferia divide anche le forze politiche al loro interno. La scelta del Pd di candidare un fiorentino viene considerata un problema. All’inizio pensi alle battute sui campanili in Toscana invece no, è questo, è la visione della regione, è dove andranno le risorse, è la paura che le zone ricche continuino a rimanere le zone ricche e le zone povere continuino a rimanere le zone povere.
Perché i tuoi avversari hanno perso le elezioni comunali? chiedo a una persona che sta facendo volantinaggio per Forza Italia, nelle vie del centro di Pisa.
“Perché a un certo punto sono finite le risorse da redistribuire”.
Un dirigente sindacale, stavolta a Firenze:
“La verità è che il Pd non sta facendo campagna elettorale. Il Pd si è liquefatto, è un guscio vuoto”
Il conflitto interno al Pd contribuisce a spiegare perché la campagna elettorale del centrosinistra sembri così debole rispetto a quella della leghista Susanna Ceccardi. Scelta come candidata di bandiera, Ceccardi adesso ci crede. E’ giovane, ha 33 anni, è una politica in carriera. Eurodeputata, nel 2016, a 29 anni, divenne sindaca di Cascina. Sembrava un caso. Fu il primo grimaldello leghista per provare a prendersi tutto.
Il candidato del centrosinistra, Eugenio Giani, è gradito al gruppo dirigente renziano rimasto nel Pd anche dopo che Renzi è uscito. Altri, sempre se quel microfono lo spegni, confessano che a loro Giani non piace. Ha 62 anni, ha trascorso una vita tra consiglio comunale di Firenze e consiglio Regionale. Non viene dal Pci, viene dal Partito Socialista e se vincerà sarà comunque un’altra Storia, ci dicono nelle stanze della Regione, dove si prepara il trasloco. Storia della cultura politica che ha governato la Toscana fino a oggi. Tutti i presidenti, Enrico Rossi compreso, hanno avuto radici nel Pci.
Rossi non è in ufficio. Ci sono i suoi libri in alcuni scatoloni, pronti a essere portati via: “Luigi Longo, una vita partigiana”; “Giacomo Matteotti, l’avvento del fascismo”; “John e Robert Kennedy, il sogno della Nuova Frontiera”.
“Comunque vadano le elezioni” dicono chiudendo lo scatolone, “in Toscana sarà diverso”.

  • Autore articolo
    Luigi Ambrosio
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    Il magazine inglese Mojo l’ha definita “la dama delle cantautrici italiane indipendenti”. La cosa più inglese, ma anche indipendente, del nuovo album di Nada, “Nitrito”, è il suono asciutto, abrasivo e viscerale, come lo sono la vocalità e il songwriting dell’autrice. Il tutto senza modelli, né condizionamenti. Solo i consigli illuminati di un John Parish molto addentro all’universo espressivo del repertorio. Piergiorgio Pardo ne ha parlato con Nada in una bella chiacchierata inframmezzata da ascolti, riferimenti e, perché no, da qualche divertito sorriso andata in onda oggi a Jack.

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