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Una campagna elettorale sottotono

Se paragonata al 2011, quando Pisapia diventò sindaco e la destra perse la città per la prima volta dopo vent’anni, fino a oggi Milano ha visto una campagna elettorale sottotono.

Il compito di Sala, dopo avere vinto le primarie, è stato subito arduo: lui, che non è mai stato un politico e non ha mai avuto un profilo di sinistra, chiamato a sostituire un uomo che è un punto di riferimento della sinistra, Pisapia, nel momento storico in cui, con il renzismo, la sinistra ha perso potere e centralità.

A Milano la ex coalizione arancione si presenta divisa e tutto è rimandato al ballottaggio: quanti tra i voti che domenica convergeranno su Basilio Rizzo verranno riconquistati da Sala?

Giuseppe Sala, per stare tranquillo, dovrebbe vincere al primo turno con tre o quattro punti percentuali. Un margine di vantaggio di uno o due punti, spiegano dirigenti del Pd, sarebbe considerato un pareggio dal punto di vista politico. Al di sotto di quella soglia, sarebbe un problema.

Ma, sindaco a parte, divisioni a parte, un dato politico importante, alla chiusura dei seggi domenica, sarà il peso complessivo dell’area della sinistra, quella che sostiene Sala e quella che sostiene Basilio Rizzo. Quanto avranno seminato i cinque anni di Pisapia? Quanto avranno inciso le dinamiche nazionali? Non sarà un risultato significativo solo per la sinistra milanese: a Milano si gioca un pezzo del futuro della sinistra italiana.

Milano laboratorio politico. Uno di quei tormentoni che in occasioni come questa è una realtà.

Laboratorio politico a sinistra e laboratorio politico a destra.

La destra si presenta unita a Milano, dietro il volto rassicurante di Stefano Parisi. Ma la verve e il curriculum moderato del candidato non possono nascondere la verità: la coalizione è sempre più nelle mani della destra radicale, con la Lega diventata lepenista. Le amministrative, sull’asse Milano-Roma, saranno per la destra il banco di prova su cui Salvini e Meloni, si giocheranno una leadership nazionale a trazione radicale.

C’è un terzo fattore, a Milano che nel 2011 era del tutto marginale: il Movimento 5 Stelle. Meno forte che altrove, senza speranze di vittoria, al contrario di Roma dove i grillini già pregustano l’ascesa al Campidoglio, dopo un burrascoso cambio in corsa del candidato il Movimento è dato attorno al 15 per cento. Sono un sacco di voti, in vista del ballottaggio. Il Movimento 5 Stelle è il nemico per eccellenza del Partito democratico. Come si comporteranno i suoi elettori al ballottaggio a Milano? Staranno a casa? Interpreteranno il secondo turno come un referendum su Renzi? E’ una domanda fondamentale delle amministrative a Milano.

  • Autore articolo
    Luigi Ambrosio
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