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È morto Sly Stone, leggenda del funk

Sly Stone

Per l’anagrafe era Sylvester Stewart,  il mondo lo conobbe e lo ricorderà come Sly Stone, professione musicista. Nei primi anni Sessanta, un’epoca in cui l’idea di integrazione, etnica e di genere, negli States era un concetto sconosciuto, la sua prima band era composta da due donne e due uomini, uno nero (lui) e uno filippino… Stesso criterio adottato per la band con cui diventerà famoso, la mitica Sly and the Family Stone: uomini e donne, bianchi e neri, insieme, per suonare una musica meticcia, libera da preconcetti. Con i piedi nel blues e nel rhythm and blues, ma con riverberi funk, rock, jazz, latin, psichedelici… Il suo fu il primo gruppo multi-genere e multi-razziale di una major, e le cui canzoni incarnarono il disordine e lo spirito del periodo. Un modo di stare e di pensare totalmente, ossessivamente comunitario. Di lui George Clinton, un sacerdote del funk, disse: “Aveva la sensibilità della strada, la qualità della chiesa e la classe di un artista Motown. Era tutto quello in una persona”. Non a caso sono innumerevoli gli artisti da lui influenzati: da Prince a uno stuolo di rapper che hanno campionato la sua musica. All’apice della carriera, dopo Woodstock e una serie di successi che lo avevano posto al pari di stelle del calibro di Jimi Hendrix e Marvin Gaye, scomparve. Non per una morte drammatica che trasformò i suoi due colleghi in eterne icone. A metà degli anni ’70 era già schiavo della droga e circondato da amicizie preoccupanti. Negli anni Ottanta arrivò anche il crack e il declino divenne oblio, inframezzato da sfortunati se non imbarazzanti tentativi di rimettere insieme la carriera. E in quest’inferno ha vissuto gli ultimi 40 anni della sua vita.  In molti hanno visto in lui il sogno spezzato degli anni Sessanta: la gioia della contaminazione culturale, una creatività e un’energia senza limiti, viziata e corrotta dalle seduzioni del successo, dalla violenza e dalla droga. Quello che è certo è che Sly Stone è stato un grande navigatore esistenziale che ha dato forma e corpo a un’epoca che non fu solo musica, ma sentimento e insieme politica a tutti gli effetti.

  • Autore articolo
    Claudio Agostoni
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    Una terza via sui manicomi, dopo la loro chiusura stabilita dalla legge Basaglia. È quella che ha invocato il ministro dell’Interno Piantedosi, commentando l’accoltellamento della donna a Milano per mano di un uomo con problemi psichiatrici. Il capo del Viminale ha detto che il caso richiama l’attenzione sul tema, evocando di fatto la riapertura di strutture simili ai manicomi. “Credo vada riconsiderata una terza via con trattamenti delle persone che garantiscano la sicurezza dei cittadini”, ha spiegato Piantedosi in tv. La maggioranza nei mesi scorsi aveva già provato a mettere mano con una riforma alla legge Basaglia. Ma non è la legge 180 ad aver creato insicurezza e abbandono, bensì il definanziamento della sanità pubblica. Come spiega Massimo Cirri, psicologo e conduttore radiofonico.

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    Un lombardo su dieci è straniero. Lavora, paga le tasse ma non riesce a emergere socialmente

    Sono più di un abitante su dieci della Lombardia, lavorano, pagano le tasse, hanno figli che vanno a scuola ma restano ai piani bassi dell’ascensore sociale. È il ritratto degli stranieri nella nostra regione, fotografato dal dossier immigrazione che è stato presentato oggi. Rispetto a un anno fa sono aumentati del 2,3%, la meta preferita Milano e il suo hinterland. Del milione e 200mila stranieri, poco meno di un milione ha il permesso di soggiorno, circa la metà di lungo periodo. “Questo nonostante le difficoltà nell’ottenerlo”, dice Maurizio Bove, presidente di Anolf Lombardia, una delle realtà che ha elaborato il rapporto, che chiede una netta revisione delle norme per la regolarizzazione dei migranti.

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    Esteri di martedì 04/11/2025

    1) Israele, la diffusione del video delle torture nel carcere di Sde Teiman non è il problema. Gli abusi e l’impunità lo sono. (Daniel Solomon - physicians for human rights) 2) New York al voto. Trump minaccia gli elettori che devono scegliere il prossimo sindaco della città, in un’elezione che potrebbe rimodellare il partito democratico. (Roberto Festa) 3) E’ morto Dick Cheney. Il potente vice presidente americano artefice della guerra al terrore che plasmò gli stati uniti contemporanei. (Martino Mazzonis) 4) Francia, la battaglia contro il fast fashion è persa prima ancora di iniziare. A Parigi apre il primo negozio fisico di Shein, il colosso cinese noto per il pesante impatto ambientale e le vergognose condizioni dei lavoratori. (Francesco Girgini) 5) Spagna, la riconciliazione con il Messico passa dall’arte e dalla cultura. Madrid non ha ancora chiesto scusa per il periodo coloniale ma con una mostra e l’assegnazione del premio Cervantes prova a ricucire lo strappo. (Giulio Maria Piantedosi) 6) Belem 2025, ultima chiamata. Diario dalla Cop30: la flotilla dei popoli indigeni partita dal messico in viaggio verso il Brasile. (Alice Franchi) 7) Rubrica Sportiva. Il ritiro di Bopanna, il grande veterano del tennis mondiale. (Luca Parena)

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    L'Orizzonte di martedì 04/11 18:34

    L'Orizzonte è l’appuntamento serale con la redazione di Radio Popolare. Dalle 18 alle 19 i fatti dall’Italia e dal mondo, mentre accadono. Una cronaca in movimento, tra studio, corrispondenze e territorio. Senza copioni e in presa diretta. Un orizzonte che cambia, come le notizie e chi le racconta. Conducono Luigi Ambrosio e Mattia Guastafierro.

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    Poveri ma belli di martedì 04/11/2025

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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