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Dall’esilio il nuovo album di Ramy Essam, l’artista protagonista della Rivoluzione di Piazza Tahrir

Ramy Essam

Sono passati già dieci anni da quando Ramy Essam ha dovuto prendere la strada dell’esilio. Originario di Mansoura, nel delta del Nilo, nel 2011 Essam aveva ventisei anni ed era un musicista di impronta rock – e fan del metal – non particolarmente conosciuto: aveva visto in televisione le immagini delle proteste in piazza Tahrir, al Cairo, e aveva sentito che doveva andarci anche lui, a portare il suo contributo. Per settimane aveva dormito in una tenda nella piazza, e con la sua chitarra aveva suonato davanti alle folle dei manifestanti, tutti i giorni, più volte al giorno; tanti altri musicisti, dei generi musicali più diversi, si erano esibiti in piazza Tahrir, ma Ramy Essam più di ogni altro era diventato il simbolo della rivoluzione egiziana: Essam aveva preso gli slogan della piazza, e li aveva trasformati in una canzone, Irhal, cioè “vattene”. Con la sua richiesta al presidente Mubarak di dare le dimissioni, Irhal aveva infiammato la piazza, era diventata un inno, e, diffusa attraverso Youtube, aveva fatto il giro del mondo. Nel febbraio 2011 Mubarak cadde. In marzo, durante il governo della giunta militare, un gruppo di civili spalleggiato da soldati attaccò il sit -in di piazza Tahrir e Essam fu sequestarto, picchiato e ferito. Essam continuò per mesi e mesi a essere attivamente presente in piazza Tahrir. Nel luglio del 2013 il presidente Mohamed Morsi, eletto dopo la caduta di Mubarak, fu destituito da un colpo di stato militare guidato dal generale Al-Sisi: dopo la presa del potere da parte di Al-Sisi, poi diventato presidente, la vita di Essam diventò problematica e la sua musica fu censurata. Nel 2014 Essam poté approfittare di una residenza artistica di due anni in Svezia e lasciò l’Egitto: da dieci anni vive in Scandinavia. Nel 2018 Essam ha fatto uscire Balaha, una canzone e video musicale che prende in giro Al-Sisi: otto persone accusate di essere in rapporto con questo brano e col video sono state arrestate in Egitto, e una, il regista Shady Habash, è morta in carcere nel 2020. Sempre nel 2018 ad Essam è stato tolto il passaporto egiziano. Lo scorso anno Essam ha pubblicato un nuovo album, Metgharabiin, in cui parla della sua condizione di esiliato, fra nostalgia, solitudine e speranza. Nel disco, che segna il suo distacco dal mix di rock e bagaglio musicale egiziano che ha caratterizzato la sua produzione, in direzione invece di un suono più elettronico, Essam continua nella sua battaglia politica. Due brani sono stati scritti da due attivisti in prigione, Galal el-Behairy e Ahmed Douma. Douma fu arrestato nel 2013 in relazione a manifestazioni contro la criminalizzazione delle proteste pubbliche, condannato a tre anni e nel frattempo condannato ulteriormente sulla base di un’altra incriminazione: ha scritto la sua canzone nel decimo anniversario della rivoluzione. Nell’estate dello scorso anno, Douma è stato graziato da Al-Sisi dopo dieci anni di carcere. La copertina dell’album è stata disegnata da Ganzeer, street artist diventato famoso per i murales che realizzò durante la rivolta di piazza Tahrir: Ganzeer fu poi costretto a lasciare l’Egitto.

  • Autore articolo
    Marcello Lorrai
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