
L’Ilva è una balena blu arenata sulla spiaggia di Cornigliano. Oggi i lavorano parlano accanto a due mezzi pesanti buttati sull’Aurelia, davanti alla stazione ferroviaria di Cornigliano, la fabbrica da oggi è occupata e non sforna nessuna lamina. Le birre si mescolano al caffè. E in piazza ci sono anche le poche donne dell’amministrazione, qualcuna ormai quasi in pensione.
L’occupazione di oggi è quasi una liberazione. Stamattina dopo un’assemblea, i lavoratori, che entrano in fabbrica metà alla volta perché hanno scelto la solidarietà, hanno votato in maggioranza per fermare la produzione dell’azienda. La protesta è condotta dalla Fiom come quelle delle settimane scorse. Fim e Uilm si sono dissociate, aspettano dicono con fiducia le mosse del governo.
A Genova però i lavoratori non se ne stanno. Alle prime notizie di vendita in blocco della vecchia azienda siderurgica nazionale poi passata nella mani della famiglia Riva e poi in parte sotto sequestro con l’inchiesta sull’inquinamento di Taranto e i fondi neri finiti nei paradisi fiscali, i lavoratori – 1.700 a Genova – non si fidano più.
Già due settimane fa erano andati in consiglio comunale, in serata avevano minacciato l’occupazione ad oltranza della bouvette, una sala intermedia tra la sala rossa del consiglio e le stanze dove si riunisce la giunta e si fanno le conferenza stampa. ”Siamo nel salotto buono, in uno dei palazzi dei Rolli, possiamo starci ad oltranza”: diceva con ironia il delegato sindacale di fabbrica Fiom, Armando Palombo, scrutando quelli che andavano a fumare una sigaretta sul giardino pensile di Tursi, prima affaccio nobiliare oggi luogo di dispute e confronti.
Alla sera arrivò il disgelo, c’era l’incontro in prefettura e gli operai con qualche pezzo di focaccia, pizze e mortadella levarono le tende, mentre il sindaco Marco Doria diceva che “l’occupazione è un gesto inacettabile”.
La scorsa settimana è arrivato il grande giorno in prefettura e si è rivelato un flop: il ministero dello sviluppo ha mandato un ascoltatore. Di fatto nessuno di prende impegni. Finalmente il prefetto genovese scrive a Roma e si spera nuovamente di ottenere qualcosa. E invece sabato scorso arriva una mail su una riunione il 4 febbraio a Roma al ministero dello sviluppo di via Molise ma col Collegio di vigilanza dell’accordo di programma, “dunque non ci sarà il ministro – dice Bruno Manganaro, Fiom Genova – Non ci fidiamo più, i segnali sono chiari: il governo non ci vuole ricevere, non vuole ufficializzare la sua posizione ogni giorno più chiara. Non vogliono vincoli sulla vendita e non vogliono rispettare l’accordo di programma: ai privati bisogna dire entro il 10 di febbraio che non ci sono problemi su Genova e Taranto e che le condizioni le fanno loro. Abbiamo un accordo di programma e ce lo vogliono strappare”.
Il nodo a Genova infatti è un accordo di programma del 2005 firmato con 5 ministeri e i vari enti locali compresa l’Autorità portuale: quell’accordo prevedeva la bonifica delle aree dell’Ilva di Cornigliano dopo la chiusura del ciclo a caldo sempre nel 2005. Allora Riva firmò che avrebbe investito 770 milioni di euro e rilanciato l’occupazione di Genova. A detta della Fiom, Riva ne investì 400 nella zincatura e nel decatreno (serve per abbassare la lamina), mentre il riammodernamento della stagnatura e le famose bonifiche non furono mai fatti. Oggi sembra che solo la stagnatura nuova costi almeno 120 milioni di euro e sia esiziale per il mantenimento dei livelli occupazionali.
Intanto dal Pd locale arrivano solo rassicurazioni. Il capogruppo in consiglio regionale Raffaella Paita dice che il governo si è speso per dare il 70 per cento della cassa integrazione ai lavoratori e sono previsti 800 milioni di euro per la bonifica. L’opposizione, Edoardo Rixi della Lega Nord, fa notare che a Genova arriverà un milione e mezzo di quegli 800 milioni per le bonifiche e gli altri andranno a Taranto.
“Il timore della Fiom sulle manifestazioni di interesse in vista della vendita dell’Ilva è infondato – sottolinea Paita- Il Pd è in prima linea per la difesa dell’occupazione e delle politiche industriali di questo territorio e l’Accordo di programma va ridiscusso in vista dell’insediamento nell’area di Ansaldo energia, un’altra realtà industriale locale che vogliamo difendere”. Come si capisce i nodi da sciogliere sono tanti. Intanto gli operai, nel dubbio, occupano.