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Le lezioni non comprese del 4 dicembre

La mattina successiva alla batosta al referendum costituzionale, nei corridoi della Camera dei Deputati, i renziani sospiravano: “è morto il centrosinistra, andremo a votare e faremo le larghe intese con Berlusconi”.

Oggi, un anno dopo, restano le lezioni politiche non comprese, le divisioni a sinistra, le bugie disvelate.

La destra ha continuato l’ascesa che era iniziata grazie all’occasione di tornare protagonista della scena che il referendum le ha dato; il Pd ha continuato la sua discesa; il Movimento 5 Stelle ha consolidato i suoi voti. E le sinistre non ne hanno approfittato.

Renzi non ha imparato nulla. Un anno dopo, continua a usare lo storytelling -una volta si sarebbe detto la propaganda- per affermare che il 40 per cento di Sì alla riforma siano un patrimonio personale, un dato da attribuire a se stesso, la base del proprio consenso elettorale.

Secondo lui, chi ha creduto nel progetto di riforma della Costituzione sarà anche disposto a votare Pd alle prossime elezioni politiche. Fu lui stesso a personalizzare la campagna referendaria, a trasformarla nell’opportunità per la definitiva consacrazione dopo la vittoria alle elezioni europee del 2014. Fu lui a scommettere tutto sul referendum arrivando ad affermare che avrebbe lasciato la politica se fosse andata male. Una promessa mai mantenuta che gli ha fatto perdere definitivamente l’aura di diversità che aveva costruito con la narrazione della rottamazione. Quando comprese l’aria che tirava, tentò la manovra di allontanamento, ma era troppo tardi. Gli italiani lo presero in parola e gli votarono contro.

Una lezione politica che non è stata compresa. Renzi non ha cambiato atteggiamento, non ha cercato di contenere la presunzione di superiorità che lo ha reso odioso a tanti connazionali. E non ha mai voluto comprendere che nel No, un voto che è diventato presto un No al suo Governo, fossero contenuti argomenti politici reali. Nessuna istanza proveniente da sinistra è stata presa in considerazione, nessun passo concreto per scongiurare la scissione del Pd prima e ridurre le distanze con le sinistre poi è stato compiuto. Nel frattempo, lo spread non è schizzato alle stelle, l’Italia non è precipitata in una crisi economica devastante, il Paese non è diventato ingovernabile, come la propaganda del Sì sosteneva.

Del resto, se avesse vinto il Sì, l’Italia non sarebbe stata preda di una deriva autoritaria, non si sarebbe trasformata in una dittatura come la propaganda del No, a sua volta, voleva far credere.

Le sinistre si sono illuse di poter trarre nuovo slancio dal No e dalla sconfitta di Renzi. Addirittura di poter vincere una battaglia per l’egemonia. Invece ne hanno beneficiato soprattutto Berlusconi e la destra. Un’altra lezione politica. Che sarà compresa quando la politica tornerà a mettere al centro delle agende i temi reali su cui costruire il consenso. Cose come il lavoro, i diritti sociali e civili, l’ambiente, la sanità, la scuola, la cultura.

  • Autore articolo
    Luigi Ambrosio
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    Gli accampamenti alla Columbia University contro i fondi per Israele in un documentario

    Kei Pritsker, regista con Michael T Workman del documentario “The Encampments”, racconta ai microfoni di Radio Popolare i retroscena della protesta studentesca pro Palestina alla Columbia University. “Gli studenti della Columbia protestano da anni per la Palestina e per ottenere che l’università dismetta gli investimenti in Israele – spiega Pritsker. L’università ha un ingente fondo di dotazione che investe in ogni sorta di attività, molte delle quali riguardano aziende produttrici di armi, aziende manifatturiere che realizzano armamenti, motori per elicotteri, bulldozer e ogni tipo di attrezzatura utilizzata in queste operazioni”. “The Encampments” fa parlare i ragazzi e le ragazze di questo movimento studentesco che dall’aprile del 2024 ha montato le tende nel giardino del Campus per chiedere trasparenza, il ritiro del denaro dagli investimenti israeliani e l’amnistia per gli studenti puniti per le proteste. “Chiunque creda ancora a questa narrativa sull’antisemitismo nel movimento per la Palestina dovrebbe semplicemente guardare il film – assicura Kei Pritsker”. Al momento “The Encampments” ha una distribuzione indipendente che lo diffonde nei cinema più coraggiosi. L'intervista di Barbara Sorrentini per la trasmissione Chassis.

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