Approfondimenti

Cosa sarà dei Palestinesi nell’era Trump?

Cosa sarà dei palestinesi nell’era Trump? Lo abbiamo chiesto alla più nota giornalista israeliana, Amira Hass, che da sempre vive nei Territori Occupati. Da anni è corrispondente da Ramallah per il quotidiano israeliano Haaretz. E’ stata nei nostri studi e abbiamo parlato di tutto: di Netaniahu e delle inchieste a suo carico, dello spostamento dell’ambasciata statunitense, delle colonie, della ormai “moribonda” soluzione dei due Stati.

Amira Hass, quali saranno le conseguenze dell’era Trump per i palestinesi?

“La presenza di Trump alla Casa Bianca dà a Netaniahu più fiducia nel fare quello che avrebbe fatto comunque: espandere le colonie. Alcuni dicono che Trump non farà quello che ha promesso, come spostare l’ambasciata. Rimane da vedere. Per palestinesi è triste, perché finché c’era Obama, c’erano comunque dei granelli di speranza. Era il Presidente statunitense che meglio conosceva il conflitto palestinese. Nella sua Amministrazione c’erano comunque delle persone con cui si poteva parlare, persone che parlavano il nostro stesso linguaggio. Con Trump non è più così. Questa è una grossa sconfitta per la politica di Abu Mazen, tutta basata sulla diplomazia. Per il palestinese della strada, penso che per ora non percepisca la differenza fra Obama e Trump. Se l’era Trump spingerà più palestinesi verso atti di disperazione, questo non lo posso prevedere”.

Se davvero Trump sposterà l’ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme, cosa potrebbe succedere?

“Personalmente non sono molto impressionata da questi simboli. L’ambasciata la puoi spostare a Gerusalemme e successivamente la puoi riportare indietro a Tel Aviv. L’Autorità palestinese ne ha fatto una grande questione e continua a lanciare allarmi. Io penso che sia un errore. L’Autorità Palestinese non ha il potere di fare molto: non può portare la gente in piazza perché non ha seguito. Non può minacciare ritorsioni da parte di altri stati arabi o musulmani perché molti sono amici di Israele. A quanto sembra lo spostamento dell’ambasciata non avverrà nei prossimi due mesi: ci vorrà qualche anno. Ma questo parlare di qualcosa di incerto che avverrà nel futuro, distrae la nostre attenzione da cose che stanno accadendo adesso. Nessuno parla, ad esempio, della demolizione di case nella Valle del Giordano, e dei continui attacchi dei coloni contro i palestinesi. Succede ogni giorno. Penso che sia anche un errore dei media il lanciare l’allarme su alcune questioni future, dimenticando quello che accade ora”.

Gerusalemme Est sta vivendo una situazione molto difficile, mi sembra.

“Gerusalemme est è un posto davvero triste. Durante 50 anni di dominazione israeliana abbiamo trasformato una città tranquilla, bella e piacevole in un insieme di quartieri degradati e impoveriti. L’80% degli abitanti palestinesi di Gerusalemme vive ormai sotto la soglia di povertà, e sotto pressione continua: in ogni momento la tua casa può essere sequestrata, o puoi essere aggredito dalla polizia, o dai coloni, o puoi essere arrestato, o il tuo bambino può essere arrestato, o puoi perdere il lavoro, o essere ucciso. Gli abitanti palestinesi di Gerusalemme vivono in uno stato di insicurezza permanente, perché sono sempre nel mirino. O meglio: tutti i palestinesi che vivono sotto occupazione israeliana lo sono, ma a Gerusalemme la situazione è ancora più pesante perché non c’è nessun posto dove nascondersi”.

E’ peggio di Gaza, con il muro e l’embargo?

“Ogni tanto scherzo e dico che sono diventata palestinese anch’io, perché – come i palestinesi – passo il tempo a fare confronti e discutere se si vive peggio in quella città o in quell’altra. A lungo ho sostenuto che il posto peggiore per i palestinesi è la Striscia di Gaza, ma negli ultimi anni sono giunta alla conclusione che il posto peggiore è Gerusalemme Est. Perché il contatto con la dominazione israeliana lì è quotidiano. Gli abitanti sono stati annessi a Israele e contemporaneamente sono discriminati. Sentono addosso ogni momento l’amarezza delle manifestazioni razziste della politica israeliana.

Dunque la situazione è peggiorata?

Basta camminare per le strade di Gerusalemme per vedere ogni momento poliziotti o poliziotte, di solito molto giovani, che fermano i passanti palestinesi e gli chiedono i documenti. Sono sotto attacco su tutti i fronti. Le tasse municipali continuano ad aumentare ma i loro salari non bastano a pagarle. In tutti gli aspetti della vita c’è umiliazione, oltre al continuo impoverimento. C’è un così grande contrasto fra la bellezza del posto e la tragedia di chi ci vive. Attenzione però, non voglio dare l’impressione di un posto soltanto tragico, perché i Palestinesi sanno come vivere anche in quella situazione, sanno come riderne e anche divertirsi. Ma io, che non vivo a Gerusalemme Est ma ci vado ogni tanto, venendo da Ramallah, noto sempre quanto è pesante.

Il premier israeliano Netaniahu è sotto inchiesta per corruzione. La polizia israeliana continua a trovare nuove prove. Questo potrebbe essere l’inizio della sua fine politica?

“Penso che per molti israeliani di destra sia meglio tollerare gli scandali che perderlo come leader della destra. Molti pensano che sia normale un certo grado di corruzione nei circoli del potere. Riguardo ai regali ricevuti da Netaniahu, è che chiaro che lui è sua moglie hanno sempre condotto uno stile di vita molto lussuoso, come se questa ricchezza gli spettasse di diritto. Ma anche se la polizia continuerà a indagare, io penso che Netaniahu ne uscirà indenne. Penso che la sua caduta sia più che altro un desiderio del centro-sinistra israeliano che non riesce a liberarsi di lui tramite le elezioni e dunque spera che sbarazzarsene tramite le inchieste. Ma la mia impressione è che la maggioranza degli israeliani non sia troppo impressionata da questi scandali”.

Ha ancora senso parlare della soluzione dei due stati?

“Ha ancora senso parlare dei principi che stanno alla base dell’idea dei due Stati. E’ importante ricordare che ci sono due popoli in questo paese e che entrambi hanno dei diritti, compreso quello all’autodeterminazione. Solo che uno dei due popoli ne gode, mentre l’altro ne è deprivato. Israele ha fatto di tutto per sabotare la soluzione dei due stati. Quello che hanno in mente gli israliani – lo dico da sempre – è la soluzione dei sette stati, ovvero creare delle enclave palestinesi che si possano controllare agevolmente: lo stato si Gaza, lo stato di Ramallah, lo stato di Nablus, e così via. E ci sono riusciti di fatto”.

Ma questo non assicura la pace.

“Gli accordi di Oslo hanno dimostrato che Israele non vuole la pace, se qualcuno aveva ancora qualche dubbio. Non si incoraggiano i coloni, non si sequestra la terra palestinese, non si demoliscono le case palestinesi se si vuole la pace. Se Israele accettasse la soluzione dei due stati, dovrebbe definire i suoi confini e smantellare le colonie. Ma non lo vuole fare, perché significherebbe rinunciare ai propri privilegi. Per questo Israele ha bisogno di essere sempre sull’orlo della guerra, ha bisogno di una continua tensione, per poter continuare a reprimere palestinesi. Israele lo fa perché la comunità internazionale glielo ha consentito. Da subito dopo gli accordi di Oslo”.

Le colonie rendono ormai impossibile la creazione di uno stato palestinese vivibile?

“Io non sono d’accordo con quelli che dicono che la soluzione dei due stati non è possibile perché ci sono troppe colonie. La presenza delle colonie non è un fatto irreversibile. Le colonie sono illegali secondo la legge internazionale e vanno rimosse. Chi dice che è una situazione irreversibile, fa il gioco delle autorità israeliane. Si può smettere di sottrarre terra e acqua e spazio ai palestinesi. E’ possibile”.

Come fare a rimuovere le colonie?

“Se ci fosse la volontà politica, Israele verrebbe messo di fronte a un’alternativa: o smantellate le colonie o evacuarle. Una decisione va presa, perché se la situazione va avanti così, può esplodere. Non ci vuole un profeta per dire che potrebbe esplodere. Ma io non ho idea di come si potrebbe dare il via a questo cambiamento nell’era Trump”.

Com’è la sua vita a Ramallah?

“A volte mi chiedo se ho una vita, perché lavoro, lavoro e lavoro (ride, ndr). Vivo in mezzo ai palestinesi e ciò mi piace, perché mi permette di vivere secondo le mie convinzioni. Vivo la mia vita in entrambe le società, quella israeliana e quella palestinese. O qualche volta penso: in nessuna delle due. Ma comunque è la mia scelta e va bene così”.

La sua voce continua ad essere ascoltata in Israele? Gli israeliani continuano a voler leggere quello che lei scrive?

“Non penso che gli israeliani abbiano mai voluto leggere quello che scrivo! Oppure sì, ci sono alcuni gruppi di israeliani che vogliono leggermi. Sono comunque orgogliosa di tanti giovani giornalisti che stanno crescendo, e di tanti giovani attivisti che mi usano come punto di riferimento. Mi sento un po’ il padre spirituale del sito internet d’informazione 972, fatto da una serie di giovani, scritto in ebraico e in inglese. Penso che che questo ambiente sia il mio habitat naturale. Ma in generale, no: non penso che gli israeliani vogliano leggermi. Non penso che gli israeliani vogliano sapere.

  • Autore articolo
    Michela Sechi
ARTICOLI CORRELATITutti gli articoli
POTREBBE PIACERTI ANCHETutte le trasmissioni

Adesso in diretta

  • Ascolta la diretta

Ultimo giornale Radio

  • PlayStop

    Giornale Radio lunedì 15/09 19:29

    Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi. Tutto questo nelle tre edizioni principali del notiziario di Radio Popolare, al mattino, a metà giornata e alla sera.

    Giornale Radio - 15-09-2025

Ultimo giornale Radio in breve

  • PlayStop

    Gr in breve lunedì 15/09 18:30

    Edizione breve del notiziario di Radio Popolare. Le notizie. I protagonisti. Le opinioni. Le analisi.

    Giornale Radio in breve - 15-09-2025

Ultima Rassegna stampa

  • PlayStop

    Rassegna stampa di lunedì 15/09/2025

    La rassegna stampa di Popolare Network non si limita ad una carrellata sulle prime pagine dei principali quotidiani italiani: entra in profondità, scova notizie curiose, evidenzia punti di vista differenti e scopre strane analogie tra giornali che dovrebbero pensarla diversamente.

    Rassegna stampa - 15-09-2025

Ultimo Metroregione

  • PlayStop

    Metroregione di lunedì 15/09/2025 delle 19:48

    Metroregione è il notiziario regionale di Radio Popolare. Racconta le notizie che arrivano dal territorio della Lombardia, con particolare attenzione ai fatti che riguardano la politica locale, le lotte sindacali e le questioni che riguardano i nuovi cittadini. Da Milano agli altri capoluoghi di provincia lombardi, senza dimenticare i comuni più piccoli, da dove possono arrivare storie esemplificative dei cambiamenti della nostra società.

    Metroregione - 15-09-2025

Ultimi Podcasts

  • PlayStop

    Esteri di lunedì 15/09/2025

    1) Israele prepara l’invasione di Gaza City. Centinaia di carri armati ammassati alle porte della città. Centinaia di migliaia di persone in fuga. In esteri la testimonianza dalla striscia: “questa volta è diverso, sentono che non torneranno più”. (Esperanza Santos, MSF) 2) Washigton conferma il suo sostegno a Tel Aviv, mentre i paesi arabi riuniti in Qatar condannano a parole, ma continuano a mancare azioni concrete. (Emanuele Valenti) 3)Spagna, il premier Sanchez chiede che Israele venga espulsa dalle gare sportive internazionali dopo che i manifestanti pro Palestina sono riusciti a bloccare la Vuelta. (Giulio Maria Piantadosi) 4) Elezioni in Siria rinviate a data da destinarsi. Il paese continua a fare i conti con instabilità regionali e divisioni interne. (Valeria Schroter, Francesco Petronella - ISPI) 5) Dopo 5 anni, Stati Uniti e Cina trovano un accordo su TikTok. La divisione americana della piattaforma sarà statunitense. (Marco Schiaffino) 6) Serie Tv. Agli Emmy Awards Adolescence domina, ma sono Gaza e la Politica a rubare la scena. (Alice Cucchetti)

    Esteri - 15-09-2025

  • PlayStop

    L'Orizzonte di lunedì 15/09 18:34

    L'Orizzonte è l’appuntamento serale con la redazione di Radio Popolare. Dalle 18 alle 19 i fatti dall’Italia e dal mondo, mentre accadono. Una cronaca in movimento, tra studio, corrispondenze e territorio. Senza copioni e in presa diretta. Un orizzonte che cambia, come le notizie e chi le racconta. Conducono Luigi Ambrosio e Mattia Guastafierro.

    L’Orizzonte - 15-09-2025

  • PlayStop

    Poveri ma belli di lunedì 15/09/2025

    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

    Poveri ma belli - 15-09-2025

  • PlayStop

    Non si può vivere senza farsi spezzare il cuore: Jehnny Beth racconta il suo nuovo album

    “Siamo ancora molto primordiali con le nostre emozioni, e l’amore è spesso connesso alla violenza”, racconta Jehnny Beth ai microfoni di Radio Popolare. È questo il tema centrale di You Heartbreaker You, il nuovo disco dell’ex cantante dei Savages: canzoni d’amore tese tra grida e sussurri, parole che si rompono, suoni noise e industrial. “Viviamo tempi bui” ma se vogliamo cambiare le cose, dobbiamo “imparare a respirare con una costola rotta”. L'intervista di Dario Grande.

    Volume - 15-09-2025

  • PlayStop

    Vieni con me di lunedì 15/09/2025

    HeyMan! il primo festival per ripensare il maschile arriva a Milano, per avere un luogo fisico dove ripensare la mascolinità e cosa significa essere uomini oggi. Ce lo racconta Francesco Ferreri (@antropoche) di MicaMacho. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

    Vieni con me - 15-09-2025

  • PlayStop

    Volume di lunedì 15/09/2025

    Dopo uno slalom tra le novità musicali della settimana, approfondiamo il disco della settimana Essex Honey di Blood Orange, con Niccolò Vecchia che ce lo racconta in studio. Proseguiamo con l'intervista di Dario Grande a Jehnny Beth, ex cantante dei Savages, in occasione del nuovo disco appena uscito, You Heratbreaker You. Nella seconda parte l'intervento di Marta Fantin di TicketOne, intervistata da Elisa Graci in merito alle discusse modalità di vendita dei biglietti dei Radiohead. Concludiamo con l'intervento telefonico di Nur Al Habash, una delle organizzatrici di Nessun Dorma, che ci racconta il concerto di raccolta fondi per la Palestina tenutosi ieri a Roma.

    Volume - 15-09-2025

  • PlayStop

    “L'abbiamo vista arrivare”. La tecnica dell’odio secondo chi la studia da anni

    L'uccisione negli Usa di Charlie Kirk rischia di innescare un incendio che travalica i confini americani. Da subito la destra “globale” ha lanciato in quasi in tutto l’occidente una campagna contro la sinistra – a tutte le latitudini e senza distinzioni - accusandola di essere complice se non responsabile di quella morte. È un passo in più, nel paradosso in cui siamo immersi: chi ha alimentato campagne di odio ora accusa gli altri di fomentarlo. Una confusione da cui sarebbe necessario uscire rimettendo in fila i fatti, le cause, gli effetti e il loro intreccio. L'intervista di Massimo Bacchetta a Federico Faloppa, docente di “linguaggio e discriminazione” all’Università di Reading (UK), prova a farlo. Federico Faloppa è anche referente scientifico per la “Rete per il contrasto ai discorsi e fenomeni d’odio”.

    Clip - 15-09-2025

  • PlayStop

    Le dita mozzate: un “very cold case” preistorico che indaga la sottomissione femminile

    Edizioni le Assassine pubblica e continuerà a pubblicare letteratura gialla nei suoi molteplici sottogeneri, proponendo e riscoprendo autrici del presente e del passato. L'obiettivo è quello di mettere in luce la capacità dello sguardo femminile di descrivere, decifrare e interpretare vari contesti sociali, senza mai sacrificare la suspense che è tipica di questo genere. Con gli stessi obiettivi, nasce ora la nuova collana Sisters, che apre a voci inedite in grado di creare storie appassionanti e memorabili, portando il lettore su sentieri narrativi inaspettati. Il primo titolo di Sisters è "Le dita mozzate" di Hannelore Cayre, un noir atipico in cui il nostro passato remoto diventa lo sfondo perfetto per indagare la nascita della sottomissione femminile e le sue origini, ambientato nella preistoria ispirandosi alla scoperta, avvenuta in Francia esattamente quarant'anni fa, della famosa Grotta Chauvet, con le sue pareti ricoperte di misteriose impronte di mani femminili mutilate. Ne ha parlato a Cult la traduttrice Simonetta Badioli.

    Clip - 15-09-2025

  • PlayStop

    Musica leggerissima di lunedì 15/09/2025

    a cura di Davide Facchini. Per le playlist: https://www.facebook.com/groups/406723886036915

    Musica leggerissima - 15-09-2025

  • PlayStop

    Considera l’armadillo di lunedì 15/09/2025

    Prima puntata di Considera l'armadillo, noi e altri animali. In studio @Rosario Balestrieri, ornitologo della @Stazione Zoologica Anton Dohrn. Si è parlato di voci di uccelli estinti, di rondini, storni, bianconi e delle loro migrazioni. In studio Cecilia Di Lieto.

    Considera l’armadillo - 15-09-2025

Adesso in diretta