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Cosa è in gioco in Emilia-Romagna

La sede della Regione Emilia-Romagna a Bologna

Immaginiamo un libro di storia che sarà scritto tra qualche anno. Il voto per le regionali del 2020 in Emilia-Romagna potrebbe essere interpretato come uno spartiacque. Non per il destino del governo Conte bis ma perché, dovesse vincere la destra salviniana, si tratterebbe della fine di uno dei più importanti motori del riformismo italiano del dopoguerra. Di una fine materiale e soprattutto di una fine simbolica. L’eclissi del modello emiliano.

Quel modello che Nanni Moretti richiama nel suo discorso a Hide Park nel film Aprile, quando tiene un comizio per denunciare il berlusconismo e indicare l’alternativa. L’alternativa è l’Emilia-Romagna:
Per noi italiani di sinistra il modello deve essere l’Emilia-Romagna! La regione in cui ci sono i migliori asili del mondo! I migliori servizi sociali! I migliori ospedali!” arringa Moretti. “Faccia leggere, faccia conoscere, faccia circolare!” dice a degli incuriositi cittadini inglesi cui consegna le sue lettere.

Da lunedì, quel modello potrebbe essere stravolto dal salvinismo.

La posta in gioco è questa, e viene prima delle sorti del governo, rispetto a cui il presidente Conte e il segretario del Pd Zingaretti, nelle ultime ore di campagna elettorale, si sono preoccupati di creare un cordone di sicurezza: “in gioco non c’è il governo” hanno affermato entrambi.

La storia che per la sinistra rappresenta l’Emilia-Romagna ha ancora un significato? Si dice che il voto in Emilia-Romagna si divida tra aree metropolitane, più favorevoli al centrosinistra, e aree rurali che voteranno in maggioranza a destra.

Il fatto che i dimenticati sperino nella destra rimane un nodo politico in tutta Europa. È stato così nei lander tedeschi dell’est dove imperversa la destra estrema della Afd. È stato così nelle ex aree industriali delle Midlands inglesi che dopo essere state per decenni un feudo del Labour Party hanno votato Brexit e Boris Johnson. E ora la storia si ripete in Emilia-Romagna. Una storia che è sempre la stessa. La marginalità. Sull’appennino, nei lander dell’est, nelle midlands, vincere per la sinistra significa tornare a offrire un orizzonte, una proiezione futura a chi vive la marginalità. Quella economica, quella sociale e quella psicologica

  • Autore articolo
    Luigi Ambrosio
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    Diesel Euro 5, il blitz della lega contro il blocco che sarebbe scattato a fine anno: rimandato al 2026, riguarderà solo le grandi città

    La Lega ha ottenuto il rinvio dell’entrata in vigore del blocco alle auto diesel euro 5. Con un emedamento al decreto infrastrutture è stata rimandata di un anno l’entrata in vigore del provvedimento, che era stato approvato dal governo in recepimento di una direttiva europea. Il blocco agi diesel più inquinanti scatterà a questo punto solo alla fine del 2026: e non riguarderà tutte le città oltre i 30mila abitanti ma sarà applicato solo alle grandi città di oltre 100mila. La Lega e Salvini in queste ore rivendicano questo come “un atto di buonsenso”. Una lettura diversa e opposta a quella che danno in queste ore le associazioni ambientaliste e molti osservatori. Ester Marchetti, direttrice del settore trasporto pulito di Transport and environment.

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    Per i lavoratori dei musei civici di Milano prima vittoria: 300 euro in più al mese e maggiori tutele

    I lavoratori e le lavoratrici dei musei civici milanesi hanno vinto la loro battaglia: ora saranno assunti con il contratto nazionale Federculture e non più quello Multiservizi. Significa, ad esempio, 300 euro al mese in più in busta paga e migliori tutele. I primi a beneficiare del cambio di contratto, dopo scioperi e proteste, saranno i lavoratori e le lavoratrici delle biglietterie. “Dopo due anni di lotta serrata all’interno dei Musei Civici di Milano arrivano le certezze sull’applicazione del CCNL Federculture nel primo appalto che va in scadenza, ovvero le biglietterie” spiega il sindacato USB Lavoro Privato che ha seguito la vertenza. “Dopo l’uscita del bando non solo con l’indicazione del Federculture, ma con anche tutte le altre garanzie fondamentali che abbiamo rivendicato con scioperi e in tutti gli incontri avuti con i consiglieri e con gli Assessori alla Cultura e al Bilancio, è stata data comunicazione ai lavoratori che quanto scritto nel bando troverà corrispondenza nel cambio appalto di settembre”. L’obbiettivo di sindacato e lavoratori è ora quello di cambiare il contratto in tutti gli altri bandi in scadenza, a partire da quello degli operatori di sala che scadrà a maggio 2026. Roberto Maggioni ha intervistato Elena Lott di USB Lavoro Privato.

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