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Una settimana per decidere su Kavanaugh

Brett Kavanaugh

Con una votazione preliminare della Commissione Giustizia del Senato USA, la nomina alla Corte Suprema del giudice ultraconservatore Brett Kavanaugh ha fatto ieri un ulteriore passo avanti nonostante le accuse di aggressione sessuale da parte di ben tre donne. A favore gli undici senatori repubblicani, tutti maschi bianchi, molti ottuagenari. Contro hanno votato tutti e 10 i democratici in aula, tra cui 4 donne.

Ora la nomina dovrà essere confermata in seduta plenaria dal Senato. Ma non è detto che lo sarà. Con un colpo di scena che ha sospeso per 20 lunghi minuti il voto in diretta dal Senato, il senatore repubblicano dell’Arizona Jeff Flake, uno dei più moderati tra i repubblicani, ha votato sì subordinando però il suo assenso a un supplemento di indagine “di non più di una settimana” per consentire all’FBI di approfondire la questione. Poco più tardi un’altra senatrice moderata, Lisa Murkowski dell’Alaska, ha detto che non voterà per Kavanaugh alla seduta plenaria che avrebbe dovuto svolgersi martedì (ma è ora slittata di una settimana), senza l’indagine FBI.

La terza senatrice ago della bilancia è Susan Collins del Maine che dovrebbe presto unirsi a Flake e Murkowski. Interpellato in merito alla Casa Bianca, il presidente Donald Trump, che per settimane ha resistito alla richiesta di un’indagine FBI avanzata per settimane dai democratici, è stato costretto a cedere dicendosi “pronto a seguire le indicazioni del Senato”.

Kavanaugh è stato accusato di molestie sessuali da diverse donne, una delle quali, la docente universitaria Christine Blasey Ford, ha testimoniato giovedì davanti alla Commissione Giustizia. È stata un’udienza drammatica che ha letteralmente spaccato in due l’America. Da un lato i conservatori, guidati dal presidente Trump, che difendono a spada tratta Kavanaugh e accusano i democratici di un complotto orchestrato addirittura per vendicare i Clinton; dall’altro la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica, soprattutto femminile, i social media, l’associazione degli avvocati Usa, il giornale dei gesuiti e praticamente tutti gli editorialisti del paese.

I repubblicani hanno 52 voti su 100 nell’aula del Senato: una maggioranza risicata e non è affatto certo che Kavanaugh sarà confermato se l’FBI ascolterà i suoi numerosi ex compagni di liceo e d’università che lo descrivono come uno dedito ad alcool e droghe che, quando strafatto, diventava violento, soprattutto con le ragazze.

La fretta dei repubblicani di chiudere al più presto la partita, anche a costo di spedire un potenziale stupratore alla Corte Suprema, è squisitamente di natura politica. Le elezioni di novembre sono alle porte e i repubblicani temono di perdere la maggioranza al Senato e quindi la chance di spedire uno dei loro ai vertici del massimo tribunale del paese. Il “patto col diavolo” del Gop con l’odiato Trump è stato chiaro fin dall’inizio: varare il più massiccio taglio fiscale pro-ricchi della storia Usa e spedire alla Corte Suprema giudici ultraconservatori cari agli 80 milioni di elettori Evangelical che hanno votato Trump.

La giornata è stata caratterizzata da altri colpi di scena. Stamane molti membri democratici della Commissione, in segno di protesta, hanno abbandonato l’aula quando il presidente Chuck Grassley ha bocciato la mozione democratica per interrogare Mark Judge, l’ex compagno di mascalzonate di Kavanaugh, che secondo Christine Ford era presente quando Kavanaugh tentò di stuprarla. Dopo essersi rifugiato per settimane in una casa irraggiungibile tra le montagne, adesso Judge si dice “pronto a farsi interrogare dall’FBI”.

Va sottolineato che il drammatico dietrofront del Senatore Flake è tutto merito del movimento #METOO che da settimane protesta in massa a Capitol Hill, davanti agli uffici dei 3 senatori repubblicani moderati, per invitarli ad ascoltare le loro esperienze di abusi e a non votare a favore di Kavanaugh.

Dopo aver annunciato, in mattinata, che avrebbe votato per Kavanaugh, Flake è stato fermato vicino a un ascensore da due donne che hanno dichiarato di aver subito abusi sessuali.

Non abbassi lo sguardo. Mi guardi e mi dica che ciò che mi è successo non importa, e che lascerà che altri uomini potenti facciano quello che è stato fatto a me. Questo significa il suo voto“, ha detto una delle due donne singhiozzando, in un drammatico video immortalato da un cellulare che per tutta la mattinata ha imperversato su Twitter. Alcune ore più tardi l’annuncio del dietrofront del senatore che, è probabile, costerà il seggio a Kavanaugh.

Brett Kavanaugh

  • Autore articolo
    Alessandra Farkas
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    “Ho detto R1PUD1A” è un podcast sul riarmo e la propaganda di guerra in Europa di Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia, realizzato negli studi di Radio Popolare per EMERGENCY. Nei 5 episodi vi racconteremo le ragioni della campagna R1PUD1A di EMERGENCY www.ripudia.it attraverso un’analisi dei meccanismi per cui in questi anni siamo arrivati al “non c’è alternativa” al riarmo, dei protagonisti, delle campagne e dei linguaggi, con molti ricorsi storici, qualche sguardo alle alternative e con la partecipazione di alcuni dei protagonisti dell’associazione che da 30 anni cerca di curare e prevenire le ferite provocate dai conflitti armati. Secondo episodio: La guerra non è popolare. L’Europa si riarma con 800 miliardi. In questi anni aveva già raddoppiato la propria quota di spese militarti, soprattutto comprando dagli Stati Uniti. Lo faremo di più, visto che Trump disinvestirà dalla Nato e dall’Europa. E’ la “fine delle illusioni”, come dice Von der Leyen, di essere garantiti dalla pace, perché d’ora in poi bisognerà usare la forza. E intanto si educa la popolazione con manuali che dicono: “In caso di guerra…”. La propaganda è altissima perché non c’è nulla di più antipopolare e antidemocratico della guerra e la militarizzazione d’Europa è tutta sulle spalle dei suoi cittadini. Con Michele Paschetto di EMERGENCY vi racconteremo come in Afghanistan in più di venti anni di guerre le cure abbiamo svolto un ruolo straordinario di mediatore. Partecipa alla campagna R1PUD1A su www.ripudia.it

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    Ho detto R1PUD1A di Claudio Jampaglia e Giuseppe Mazza per EMERGENCY “Ho detto R1PUD1A” è un podcast sul riarmo e la propaganda di guerra in Europa di Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia, realizzato negli studi di Radio Popolare per EMERGENCY. Nei 5 episodi vi racconteremo le ragioni della campagna R1PUD1A di EMERGENCY www.ripudia.it attraverso un’analisi dei meccanismi per cui in questi anni siamo arrivati al “non c’è alternativa” al riarmo, dei protagonisti, delle campagne e dei linguaggi, con molti ricorsi storici, qualche sguardo alle alternative e con la partecipazione di alcuni dei protagonisti dell’associazione che da 30 anni cerca di curare e prevenire le ferite provocate dai conflitti armati. Primo episodio: Le parole sono importanti. In questa prima puntata di “Ho detto R1PUD1A” Giuseppe Mazza e Claudio Jampaglia spiegano cosa significa la parola “ripudia” nella Costituzione italiana e perché è stata scelta per rappresentare il “mai più” alla guerra del popolo italiano dopo la Liberazione. Non siamo i soli ad avere fissato questo principio nelle nostre leggi. La guerra però sta tornando una prospettiva concreta, almeno secondo la maggior parte dei governi, che si riarmano, Italia compresa. Con Rossella Miccio, presidente di EMERGENCY, vi racconteremo poi l’esempio del Sudan, il Paese dove la guerra ha già causato in questi due anni oltre tre milioni di profughi. Partecipa alla campagna R1PUD1A su www.ripudia.it

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    Una trasmissione settimanale  a cura di Anaïs Poirot-Gorse con in regia Nicola Mogno. Una trasmissione nata su Shareradio, webradio metropolitana milanese che cerca di ridare un spazio di parola a tutti i ragazzi dei centri di aggregazione giovanili di Milano con cui svolgiamo regolarmente laboratori radiofonici.

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    Anche in questa puntata parliamo di qualcosa che ha a che fare con la cultura enogastronomica, ma anche, molto, con la musica. Per la prima volta il caro Max Casacci (già colonna dei Subsonica) è stato ospite di un nostro programma non prettamente musicale, per raccontare il terzo episodio del suo progetto "Eartphonia", che lo ha portato in Franciacorta per "Through the grapevine", realizzato con i suoni del vino; suoni e rumori catturati nelle cantine dell'azienda vitivinicola Bersi Serlini Franciacorta. A cura di Niccolò Vecchia

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